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Musica

Il nuovo video di Julian Casablancas+The Voidz è un film

"Le cose si fanno in grande o non si fanno affatto", vi facciamo vedere il video di 13 minuti estratto dal debutto di Julian Casablancas+The Voidz.

Il video di “Human Sadness” è un movimentato cortometraggio di 13 minuti che ci fornisce finalmente un degno accompagnamento visivo per Tyranny, il debutto di Julian Casablancas + The Voidz uscito lo scorso settembre. “Le cose si fanno in grande o non si fanno affatto” sembra essere stato il motto di Casablancas per la creazione di questa traccia impressionistica e stratificata, ed evidentemente questo approccio è stato applicato anche al video, co-diretto da Nicholaus Goosen e il collaboratore di lungo corso Warren Fu, il quale aveva già provveduto a diversi video per gli Strokes e a “Instant Crush” dei Daft Punk, che vedeva come ospite proprio Casablancas.

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Qua c’è un sacco di roba in ballo. La vecchia bandiera a stelle e strisce si staglia tanto sulla grancassa della batteria che in cima a un mucchio di rifiuti, mentre l’America flette i muscoli - un arsenale di droni, B-2, Blackhawk, missili e addirittura armi nucleari. A questo doloroso ritratto, ne vengono affiancati altri più personali, uno per ogni componente dei Voidz: un uomo guida nella notte, solo e annoiato; un festino in una stanza di motel a base di ragazze seminude e banconote; una giovane coppia litiga di fronte al proprio figlio piccolo; un soldato muore dicendo a un commilitone di andare avanti e pensare alla propria pelle; un commesso di un minimarket (interpretato dallo stesso Casablancas) arriva alla fine dell’ennesimo turno di un lavoro senza prospettive; infine, il momento più toccante ce lo regala il batterista Alex Carapetis che interpreta un uomo sull’orlo del baratro. Persone disperate in momenti disperati. Detto così sembra di una tristezza infinita, ma l’impatto complessivo è più commovente che deprimente, e il messaggio è quello di andare avanti nonostante tutto.

Casablancas, nelle note che allega al video, spiega che la parte ripresa live dentro una stanza bianca viene dall’idea della “orchestra che continua a suonare” durante l’affondamento del Titanic. “In un futuro non precisato, tutto sta andando a puttane,” dice, “e noi decidiamo di continuare a suonare nella nostra sala prove retrofuturistica mentre il resto del mondo crolla alle nostre spalle”.

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Come in molta della produzione di Casablancas, il video collega finemente il surrealismo con il realismo, l’ironia con la sincerità. Non vorrei rovinare il finale a sorpresa del video, ma tenete d’occhio quegli occhiali bianchi, che Casablancas sostiene siano ispirati alla copertina del classico anni Ottanta Big Science di Laurie Anderson.

Abbiamo aspettato questo video molto a lungo. Fu ha girato le prime scene nel febbraio 2014 e, dopo una serie di tira e molla, sessioni di editing svolte in tour, missaggio audio e numerose piccoli aggiustamenti visivi, abbiamo finalmente davanti agli occhi uno dei migliori video che siano mai stati girati con un budget da piccola label indipendente (Casablancas ha finanziato tutto di tasca sua). “Human Sadness” è stato inaugurato nel corso della settimana passata con una serie di presentazioni in vari cinema del Nord America. In occasione del suo debutto online oggi su Noisey, abbiamo parlato con il co-regista Warren Fu di questo ambizioso lavoro.

Non succede tutti i giorni che un video musicale venga proiettato nei cinema. Del resto, però, questo non è un semplice video musicale. Come stanno andando le proiezioni?
Warren Fu: Alla grande. La seconda che abbiamo fatto a Los Angeles è stata molto meglio della prima. Anche solo perché, sai, essendo una registrazione dal vivo, ha varie sfaccettature. Durante la prima proiezione il basso era così potente che non si riuscivano a sentire le frequenze più alte. Allora abbiamo pompato un po’ la voce e le medie per bilanciare un po’ il suono in vista della seconda proiezione, ed è andata molto meglio. Il pubblico ha fatto casino per tutto il tempo.

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In un’intervista risalente addirittura a novembre, Julian dichiarò che il video di “Human Sadness” era quasi finito. Per quanto tempo è rimasto fermo dopo il completamento?
Be’, è stata una discreta sfida in termini organizzativi. Lui era in tour, e poi c’erano da fare ancora diversi piccoli aggiustamenti audio, e non era il momento migliore per farlo uscire. Visto che sono in partenza per un nuovo tour, ci è sembrato il momento migliore. Siamo andati un po’ a singhiozzo in certi momenti, a noi sembrava che fosse pronto e lui dopo averci passato un po’ di tempo diceva: “Sai cosa? Potremmo fare una modifica qua,” e anche io dopo un po’ ho trovato alcune cose che non mi piacevano e ho deciso di cambiarle. È perché ci sono così tante scene diverse. Sai, faccio molti video musicali con la procedura standard dell’etichetta e del commissario, si gira sempre tutto in un giorno, in fretta e furia. Ma questo è completamente diverso perché si tratta di un’etichetta indipendente, ed è stato Julian a finanziarlo, è completamente indipendente. Non c’è nessun rappresentante dell’etichetta o robe del genere. In questo modo lui è stato libero di prendersi il tempo che gli serviva.

Quando hai iniziato a lavorarci, e com’è che tu e Nicholaus Goosen siete finiti a collaborare sulla regia?
Nick è amico di Beardo, il chitarrista. È per questo che è stato coinvolto. Io sono stato il primo a essere chiamato per il progetto, ma sono stato subito sommerso dal carico di lavoro. Ho fatto un sacco di video con Julian, la maggior parte di quelli del suo ultimo album. E avevo già girato ed editato tre teaser per questo album, quindi ero più o meno a un punto in cui avevo fatto così tante cose che l’idea di un video di 13 minuti con scene multiple tutte diverse mi impauriva, avevo bisogno di qualcuno con cui dividere il lavoro. In questo modo ognuno si poteva concentrare su una parte più piccola. Così ho girato prima le scene in auto con Amir e Beardo. Sarà stato febbraio 2014, più di un anno fa. E poi ci siamo fermati per un po’. Credo che il gruppo dovesse lasciare New York per un periodo e così Julian ha detto: “Oh, facciamo velocemente la scena dell’auto.” Abbiamo speso tipo 200 dollari, siamo stati molto efficienti.

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C’è stata una storyboard fin dall’inizio?
No. Vedi, lavorare con Julian è una cosa molto naturale. Tutto cominciò con uno scambio di email in cui lui è stato un po’ criptico e difficile da capire. Mi inoltrava semplicemente foto di stanze bianche. E diceva: “Questa è un’idea di Jake [Bercovici], il bassista. Stiamo tipo in una stanza futuristica che potrebbe essere un bunker o un programma televisivo turco degli anni Settanta.” E un’altra idea che buttò lì fu: “Jake continua a rompere perché ci sia una scena di guerra, sai tipo una di quelle scene cliché tipo ‘salvati tu e lasciami qui”.

Il batterista, Alex Carapetis, è davvero formidabile nella parte dell’ubriaco che viene cacciato dal bar.
Già. Per quella parte Alex non aveva ancora un’idea. Così io ho menzionato il finale de I ragazzi della 56° strada, in cui il personaggio di Matt Dillon ha una specie di crisi. E ho detto: “Quella parte della canzone ha un non so che di ubriaco secondo me.” Così l’ho mostrato ad Alex, e sono particolarmente contento di come è venuta fuori la sua scena perché ha davvero tirato fuori qualcosa dal profondo.

È molto potente.
E reale. Ho visto le lacrime. Voglio dire, la scena l’ha girata Nick Goosen con la sua squadra, però io ero quasi sempre presente sul set a dare una mano. La recitazione di Alex è stata fenomenale, stava sicuramente facendo emergere una parte dei suoi stessi demoni.

E poi parlare di trama con dei personaggi così, voglio dire, nella maggior parte dei casi si tratta solo di momenti.
Sì, Julian ha preferito tenersi sul vago e prediligere i sentimenti… voleva fare una cosa in cui alcune parti fossero più chiare di altre. Ci siamo comportati più come pittori che altro, creando momenti e sensazioni. La stessa cosa vale per la fine del mondo. Hai presente quando c’è Amir Yaghmai che suona e arriva la tempesta, l’inondazione? A un certo punto Julian mi fa: “Mettici anche un meteorite.” E io: “Sul serio?” E lui: “Certo.” Voleva una fine del mondo generica, mantenersi sul vago senza identificare una cosa in particolare. Solo che sta tutto andando affanculo.

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Mentre gran parte del video dà un’impressione estremamente sincera, l’assolo di Amir sembra alleggerire l’atmosfera, e ci sono altri elementi dal sapore ironico. E questa è una cosa che si può dire anche dei Voidz in generale. È dal momento in cui si sono formati che si discute se il gruppo non sia una rivisitazione ironica da parte di Julian di un certo genere o di una certa epoca.
Penso che l’intero senso estetico di Julian abbia queste caratteristiche. Dice sempre che non gli piace chi si prende troppo sul serio… Quando ho girato “Instant Crush” dei Daft Punk [feat. Julian] abbiamo avuto alcune incomprensioni durante la lavorazione, perché io pensavo che fosse un pezzo molto sentimentale. Quindi ho fatto questa cosa alla “Twilight Zone” su due manichini che si innamorano. E lui insisteva per metterci dentro dell’umorismo, perché non sembrasse così serio. E quindi litigavamo, e lui mi diceva: “È questa la differenza tra te e me: tu prendi sul serio questi manichini e io no”.

Nella sua intervista con Kim Taylor Bennett per Noisey ha detto di sperare che la gente fosse in grado di capire i testi del disco.
È davvero dura alle volte.

Infatti. E a un certo punto del video compare sullo schermo una parte di testo: “Is it not true, the things that we did…” C’è un motivo per cui avete scelto di mettere in evidenza queste parole?
Julian si è sempre riferito a quella scena come “la scena dell’invasione aliena.” Ed è per questo che abbiamo usato un carattere rosso e inquietante, è come se ci fosse un lavaggio del cervello in corso. La sensazione generale in quella parte della canzone secondo lui è sempre stata sinistra, come un lavaggio del cervello collettivo. È stato lui a dire: “Magari facciamo un font rosso, un po’ alieno…” Così io ce l’ho messo e lui era contentissimo: “Che figata, è davvero inquietante quando compare il testo e la voce cambia.” Ma con questo video abbiamo proceduto molto per tentativi ed errori.

Quanto è diverso dagli altri video che hai girato? È stato più difficile?
Sì, sì. È senza dubbio il tempo di lavorazione più lungo che abbia mai usato per un video, ed è stato anche quello più libero dato che non avevamo a che fare con una grande etichetta. Abbiamo semplicemente usato le risorse che avevamo nel corso di un tempo lunghissimo. In alcuni casi ho addirittura preso l’aereo e l’ho raggiunto in tour per fare editing sul tour bus. Appena ci sembrava di averlo quasi finito, ci davamo sempre un’altra occhiata che ci faceva dire: “No, ancora non ci siamo.” È stato un lungo processo, perché non è una canzone facile da interpretare, dal punto di vista sia tematico che visivo. Abbiamo dovuto trovare il modo di non farlo sembrare troppo ovvio e aperto a più interpretazioni.

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