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Musica

I dischi che ti faranno prendere meno male al tuo ritorno dalle ferie

La redazione italiana di Noisey spera di rendervi meno pesante il ritorno dalle vacanze con questi consigli.

A volte concentrarsi è l'impresa più difficile della storia. Buttate un occhio all'orologio l'altro alla vostra timeline di Facebook (sappiamo che lo fate) e così il vostro lavoro va tutto a puttane. La redazione di Noisey è abbastanza ferrata su questo argomento, e il fatto che per scrivere questa intro ci abbiamo messo due ore ne è una schiacciante conferma.

Soprattutto al ritorno dalle ferie estive, sempre che ne abbiate fatte e sempre che siate ritornate e sempre che abbiate un lavoro / studio e sempre che siate esseri umani (premesse fondamentali ma non scontate), avete bisogno di una mano per concentrarvi su quello che state facendo e non pensare a volervi infilare le dita negli occhi per ottenere una proroga delle vostre ferie, ma poi vi rendete conto che è meglio non farlo perché avete finito i soldi e il vostro frigorifero è tristemente vuoto, e tornare a casa vi risulterebbe più duro ancora rispetto a fingere interesse per la vostra occupazione. Almeno qui potete guardare Twitter, Facebook e siti interessanti come questo senza sentirvi di star perdendo tempo che potreste impiegare a leggere cose più intelligenti.

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Insomma, la buona vecchia musica può aiutarvi a star meglio, in situazioni traumatiche come questa. È scientificamente provato. Ok, la musica non è un essere senziente che potrà svolgere le vostre mansioni mentre fate altro, ma almeno può aiutarvi a entrare in uno stato d'animo positivo e produttivo.

Ed è qui che interveniamo noi: visto che siamo abbastanza esperti di traumi, scarsa capacità di concentrazione e musica, abbiamo tirato fuori gli album che, secondo noi, possono indorarvi la pillola alla grande.

NO DOUBT - ROCKSTEADY

Ovviamente il criterio per selezionare gli album in questione non dev'essere per forza quanto sono fighi, piuttosto quanto sono indice di presabene senza soluzione di continuità, e, dato che si tratta di roba ascoltabile mentre si fa qualcos'altro, non devono avere sbalzi termici tipo una traccia strumentale di sola chitarra e una traccia grind dopo. Cosa che succede in quasi tutti gli album dei No Doubt, ma in questo no. Qui Gwen e soci avevano scoperto che il rocksteady era una cosa, tanto da chiamarci tutto un album a tema. E senza fare i coglioni o i grossi per forza, tirano fuori il capolavoro della loro carriera, nonché un sottofondo perfetto per dedicarsi, durante l'ascolto, ad altri esercizi di stile, sorretti dalla dolcissima voce di Mrs. Stefani e dai cambi di ritmo/stile un po' schizoidi ma non fastidiosi, giusto per tenersi svegli di prima mattina. Virginia W. Ricci

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THE BEATLES - YELLOW SUBMARINE

Come diceva la moglie di Schifano, per un artista non c'è vacanza, sempre è vacanza e sempre e lavoro. Questo per dire che qualsiasi cosa tu faccia nel mondo non hai scampo, a meno che tu non sia il "padrone" dovrai per forza confrontarti con "il lavoro che rende liberi". ebbene siccome è un concetto assurdo, l'album che può scacciare il male è ancora più assurdo, per cui è come quando pulisci i piatti sporchi col detersivo: grasso uccide grasso. Trattasi di Yellow Submarine dei Beatles, la colonna sonora del pluriosannato cartone animato del 1968: il disco meno sentito dai fan e usato spesso come posacenere. Infatti, tranne il lato A (in cui ci sono inediti e già editi dei fab four), il lato B è tutta farina del sacco di George Martin che come autore non si è mai inculato nessuno, e invece ascoltate un cretino, buttate via le lagne di quei 4 drogati e attaccate "Pepperland" di Sir Martin. Aperture sognanti, ariosi ibridi fra musica classica romantica, psichedelia e divertissement orchestrale come nei migliori momenti di Tom e Jerry: totale presa a bene. Se calcolate che ha reinciso i pezzi uno svario di volte prima di pubblicarli, capirete che il nostro ha lavorato molto. Be', voi ascoltatelo e fate tutto il contrario. Demented Burrocacao

LA COLONNA SONORA DI THE O.C.

La colonna sonora di

The O.C.

, se avete avuto la fortuna di farne esperienza negli anni della vostra formazione, ha lo stesso sapore di un bel dolcetto al cocco con ripieno alla merda. Il primo settembre è il giorno in cui vi rendete conto che la vostra miserabile routine è tornata ad occupare le vostre miserabili giornate e credo che che gli ultimi minuti della prima stagione di questo meraviglioso spaccato di Orange County siano una metafora perfetta di quel momento in cui respirate l’aria stantia dell’appartamento rimasto chiuso per qualche tempo. Avete presente quanto Seth salpa verso il tramonto a bordo del suo catamarano sospinto soltanto dal sex appeal di Jeff Buckley? Ecco, quella è la vostra vita oggi, ma al contrario, e non potete fare nulla per stare meglio (anche se abbiamo provato a farvi credere l'opposto). Voi state salpando verso il porto, dove il caffè costa un euro e venti e conoscete ogni piazza e incrocio e quali semafori diventano verdi più in fretta. Non provateci nemmeno a migliorare la situazione, abbrutitevi fino in fondo con questi 70 piagnistei.

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Mattia Costioli

GODFLESH - STREETCLEANER

Faccio un qualunque lavoro da ufficio, e il principale problema con il rientro è che sulla scrivania iniziano ad affastellarsi lentamente e inesorabilmente cumuli di scartoffie che richiedono zero creatività e tantissimo tempo. Nelle fasi a ridosso del rientro, pertanto, nel mio lavoro è consigliabile avere a che fare con musica pallosa e ripetitiva, ma che non sia musica da ballare e che non ti faccia sentire figo e soprattutto non ti ricordi posti esotici. Possibilmente è meglio qualcosa di concreto e stupido che ti ricordi che l’estate sta finendo e tu avresti potuto giocarti meglio le tue carte, che l’essere umano non è destinato a rimanere per sempre una specie rilevante in questo pianeta e che c’è una remota possibilità di gestire l’incazzatura per il rientro, strutturarla, svuotare la mente, automatizzare gli skill, annullare la coscienza e fare quel che va fatto senza lamentarsi sui social network; teoria della ribellione a costo zero e senza uscire dalla catena di montaggio. Pertanto i primi giorni dopo il rientro è obbligatorio tenere in cuffia un disco dei primi Godflesh, diciamo Streetcleaner o al limite il primo EP o Slavestate, ma diciamo pure Streetcleaner, che al momento in cui scrivo ce ne sono 3 copie su Amazon Prime: serve da memoria di un tempo perduto in cui gli uomini non sbagliassero apposta i modi verbali per rimanere dentro l’intellighenzia di quelli che scopano. Francesco Farabegoli

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SIOUXSIE AND THE BANSHEES - A KISS IN THE DREAMHOUSE

Tornare a lavoro dopo giorni di malattia feroce come nel mio caso—ancora non ci sono tornata perché ancora sono ferocemente malata—non può che essere un momento di inesorabile e gloriosa riconciliazione con il creato. Bramo quel giorno così tanto che il primo disco che sogno già di ascoltare una volta seduta sulla scrivania a fianco dei miei più stimabili colleghi, è, molto banalmente, uno dei miei preferiti di sempre. La malattia mi ha totalmente risucchiato via ogni brandello di ironia o autoironia, perciò perdonatemi se gli ululati di Siouxsie mi si addicono di più che il best of di Tizianone—benché ci avessi pensato. Specie in questo album, in cui non ci sono proprio veri ululati tipo in The Scream o Juju, ma gorgheggi ben più eleganti e sinuosi, in grado di rassicurarmi interiormente tanto quanto il frigo sempre ricolmo di cibo a casa dei miei.

Sonia Garcia

BETH GIBBONS & RUSTIN MAN - OUT OF SEASON

Esiste una settimana magica e illusoria che fa da cuscinetto tra la fine delle vacanze, il conseguente rientro a lavoro e tutta quell’altra parte dell’anno che ci separa dall’arrivo delle vacanze. È una settimana in cui gli effetti benefici delle ferie sono ancora in circolo nel nostro organismo e quelli del lavoro non hanno ancora fatto in tempo a renderci quegli orribili esseri stressati, incazzati, depressi, ansiosi e con il mal di schiena. Vi sorprenderete ad apprezzare il ripopolamento della città, l’olezzo della metropolitana di nuovo piena, i racconti a sfondo sessuale delle vacanze dei vostri colleghi, i loro volti e la routine che avevate abbandonato con felicità solo poche settimane prima. Per quanto mi riguarda, durante quella settimana magica, riesco a non bestemmiare e a non maledire l’umanità intera standomene imbottigliato nel traffico, al contrario mi godo da dietro il parabrezza le giornate che si accorciano e il tragitto verso casa a passo d’uomo, accompagnato da dischi autunnali. Tra i tanti album appartenenti a questa nobile specie ce n’è uno che si distingue per longevità tra gli ascolti che allietano il mio rientro a lavoro, ed è

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Out of Season

di Beth Gibbons e Rustin Man. Pubbilcato nel 2002, l’unica esperienza da solista della frontman dei Portishead è accompagnata principalmente dalla chitarra acustica dell’ex bassista dei Talk Talk meglio conosciuto con il nome di Paul Webb. Nulla a che vedere con il trip-hop che l’ha resa celebre, bensì undici ballate che variano tra il folk, il soul, con qualche sprazzo di jazz e lo spirito di Billie Holiday che aleggia qua e là. Tutto perfetto per ricordarci che, come da titolo della nona traccia, tutto sommato “It’s a funny time of year”.

Edoardo Vitale

DAMIEN DUBROVNIK - VEGAS FOUNTAIN

Non che io abbia mai considerato l’estate come un periodo particolarmente piacevole (anzi, sole e caldo per me sono principalmente sofferenza): a dire il vero, anche le ferie sono poco più di una pausa fisiologica per non morire di lavoro. Diciamo che tendo a non idealizzarle, per evitare di esserne mortalmente deluso. Quest’anno, però, ho passato delle ferie decisamente piacevoli sapendo che il ritorno sarebbe stato, per vari motivi, abbastanza traumatico. Lo è stato, per cui entrambi i dischi sono roba malinconica e autunnale, sebbene l’autunno qua non abbia ancora deciso di manifestarsi.

Il primo è lo splendido album dei Damien Dubrovnik uscito qualche mese fa per Alter. È esattamente il genere di cose depresse che mi piace ascoltare quando c’è ancora il sole ma inizia a tirare vento freddo: quelle in cui la violenza sonica si auto-consuma in una specie di spleen irritato. Di base i DD farebbero power electronics, ma ci arrivano portando alle estreme conseguenze un darkettonismo da pomeriggi che non finiscono mai. Tipo la prima settimana di lavoro, appunto, e questo non è un disco con cui renderla più piacevole, assolutamente, semmai per esorcizzarla. Sempre che riusciate a sopravvivere al primo pezzo. Francesco Birsa Alessandri

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M.E.S.H. - PITEOUS GATE

Se ce la fate, poi potete continuare a farvi male al cervello empatizzando con qualcuno che è confuso quanto voi, Piteous Gate resta uno dei dischi dell’anno e sarà bellissimo ascoltarlo in attesa di capirci di nuovo qualcosa della propria giornata. Se volete una recensione più dettagliata vuol dire che non avete letto

quella che ho scritto un mese e mezzo fa

, quindi fatelo.

Francesco Birsa Alessandri

SONIC YOUTH - GOO

Io veramente sono ancora al mare e l'unico disco che mi ritrovo appresso è per non so che motivo Goo dei Sonic Youth (CD dimenticato in macchina?). Comunque ve lo consiglio, è un disco ok. Valerio Mattioli

LEVEN SIGNS - HEMP IS HERE

Di questo album—uscito nel 1985—ho appreso l’esistenza solo lo scorso maggio, e lo ripesco solo ora perché ai tempi ho avuto un botto di distrazioni che mi hanno fatto dimenticare quanto deliranti fossero le undici tracce di questo duo inglese a me tutt'ora sconosciutissimo. In pratica a tratti sembra di avere davanti i Velvet Underground, Muslimgauze e i Tuxedomoon che ti prendono per mano e ti portano nelle loro caverne di suoni sgangherati. Impossibile non rimanere vigili con questa roba nelle orecchie, mentre si lavora. Il caos è talmente vasto che non si può che rigare dritto. Sonia Garcia

LITFIBA - DESAPARECIDO

Crescendo, mi rendo conto che Piero Pelù è il mio modello di uomo, l'uomo che vorrei essere. Non tutto il Piero Pelù, quello degli anni Ottanta, più precisamente quello del 1985, anno glorioso che diede i natali a tante persone che stimo, soprattutto Virginia, il mio secondo modello di uomo dopo Piero Pelù. Desaparecido è L'ALBUM dei primi Litfiba e più lo ascolto più credo sia storico non tanto per l'appartenenza al periodone new wave italiano, che poi gli stessi contribuirono a far dimenticare, quanto per la presenza di Gianni Maroccolo al basso, che forse in fondo in fondo è, più di tutti, l'uomo che vorrei essere. Insomma sono confuso e viaggio nel freddo faccia a faccia con la mia ombra che si gettava nel bianco velo del tempo, proprio come quella di Piero e soci nel loro primo bellissimo album. Mattia Costioli

PETER BJORN AND JOHN - WRITER'S BLOCK

Cosa c'è di più accurato per il mese di Settembre di un album nordico (leggi: svedese) che tenta a tutti i costi di fare il sorridente, ma nasconde a malapena un cuore in via di sgretolamento come un ghiacciaio della Groenlandia sottoposto ai cambiamenti climatici violenti degli ultimi tempi? Vi ricordate tutti della grossa hit di quest'album, "Young Folks" perché l'avranno messa in qualche pubblicità. Devo dire che, a distanza di anni, tolta la pubblicità e l'insistente fastidio che ai tempi mi dava quel fischiettìo, ora la trovo piacevole e ancor più struggente delle tracce con evidente cadenza da saudade nordica (che non so se ha un nome in nord europa) di quest'album, tipo "Amsterdam" o "Paris 2004". Diciamo che quest'album è la versione proto-sfigata di The Suburbs degli Arcade Fire, con pretese meno grande romanzo di formazione e più triste racconto di un impiegato. A me comunque ricorda un mio trasloco, avvenuto a settembre, in cui io e le mie coinquiline del tempo, per insediarci nell'appartamento nuovo fummo costrette a grattar via letteralmente la muffa dalle pareti. Non so se fu quest'album o il cieco entusiasmo giovanile a farci credere che la casa che stavamo scrostando non fosse poi così male. Virginia W. Ricci

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