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Musica

Chi va a un concerto dei Punkreas nel 2015 (oltre a noi)

Sono andato a uno dei concerti per il ventennale di "Paranoia e Potere", e ovviamente c'era la stessa gente che li ascoltava quando facevo il liceo.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

Il mio esame per la licenza media è stato il primo momento di evidente autosabotaggio della mia vita. Mi sono presentato assolutamente impreparato e con una gran faccia di culo ho informato i professori che non ero interessato alla scuola. Avevo appena scoperto i Punkreas e ieri sera, mentre li rivedevo suonare dal vivo dopo circa quindici anni dall’ultima volta, ho capito che è stata anche colpa loro. Durante il loro “Paranoia Domestica Tour”, risuonano nella sua interezza lo storico album Paranoia e Potere, che è un po’ come se io tentassi di rimorchiare le ragazze nei locali spiegando quanto ero forte a giocare alla tedesca alle elementari. Mi trovo di fianco al Teatro Comunale di Pegognaga, profonda provincia di Mantova, a pochi chilometri dal paese in cui si è formato il mio disgusto totale per questa società.

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Mi guardo attorno: a un’estremità di questo prato si erge glorioso un autoscontro anacronisticamente affollato, con la macchina del fumo e la musica zarra; dalla parte opposta lo staff della manifestazione annuale Pegorock ha montato un palco enorme con le transenne per tenere il pubblico a dieci metri, manco fossimo ad Altamont. È Pegognaga che sopravvaluta la portata dei Punkreas nel 2015 o sono io che non ho capito un cazzo della vita?

Mentre io e i miei amici e amiche diamo fondo alla prima bottiglia di Lambrusco con l’ovvio sottofondo di Caparezza e ruock generico, notiamo la massa delle persone spostarsi dal bar alla zona concerto, il che significa che il gruppo di apertura Figli del Papa ha attaccato. All’ingresso veniamo investiti da un riffaggio rubato pari pari ai Rage Against The Machine e siamo immediatamente catapultati indietro nel tempo. Tutto dei Figli del Papa ha il sapore della tristissima alba della nostra adolescenza: il cantante sfoggia un look alla Fred Durst, i chitarristi sparano riff crossover, i testi sembrano copiati dagli appunti del giovane J-Ax. Hanno preso evidentemente sul serio il loro ruolo di gruppo spalla, infatti tra una canzone e l’altra si sprecano gli “Un urlo per i Punkreas!”, “Non vi sento” e il resto del campionario da villaggio vacanze. Tutti tranne me e la mia amica con la macchina fotografica sembrano divertirsi molto e il cantante dedica tre canzoni “ai cornuti”, “alle puttane” e a “un amico ce non c’è più”, in quest’ordine piuttosto sospetto. Verso la fine arriva il momento di scattare una foto al pubblico con il cellulare, mentre il chitarrista trasforma il ritornello della canzone in modo che includa la parola “selfie”. Provo a obiettare che una selfie si può chiamare tale solo se l’autore compare nella foto, altrimenti è una semplice foto. Nessuno mi caga. Sono depresso e allo stesso tempo mi sento a casa.

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Concluso il set dei Figli decidiamo di importunare un gruppo di ventenni per sapere qual è il loro rapporto con quello che mi dicono essere il classico punk italiano anni Novanta.

Mirko, Matteo, Gianmarco

Noisey: Perché siete qua stasera? Punkreas, Figli del Papa o semplicemente non c’era altro da fare?
Mirko: Per entrambi. Non li ho mai sentiti ed ero curioso, visto che abito a cinque chilometri e il festival è gratuito…

Che cosa vi aspettate da questo concerto?
Be’, da quel che ne so sono uno storico gruppo punk italiano quindi dovrebbe esserci un bel macello.

Li seguite da tanto tempo?
Gianmarco: Sì, io li ho beccati almeno due o tre volte al Temporock di Gualtieri…
Matteo: Ti confondi coi Peter Punk!
Gianmarco: No, ai Peter Punk non ci sono andato! Comunque li ho visti diverse volte, ma non li ascolto spesso a parte quelle classiche canzoni che ti senti in appartamento, tipo “Canapa”…

Le mie aspettative sono subito soddisfatte, conosco i miei polli: per chi non lo sapesse, il Temporock di Gualtieri è una specie di nave scuola del rock in cui tutte, TUTTE le persone che ascoltano musica con le chitarre nel raggio di 100 chilometri da qua sono andate a provare le prime esperienze con i concerti, i limoni, la droga e quant’altro. Saranno passati almeno dieci anni dall’ultima volta che ci sono stato, e sono sicuro che la scaletta del DJ set non è ancora cambiata di una virgola dal 1999.

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Evidentemente l’operazione nostalgia non è un problema per la gran parte dei presenti, dato che quando senza preavviso partono in sequenza “Falsi preoccupati” e “Chiromanti” la gente va completamente fuori di testa, e devo ammettere che anch’io ho un tuffo al cuore. Con “Sfratto” emerge un leitmotiv importante: la presunta attualità che queste canzoni vecchie di vent’anni avrebbero conservato. Lo dicono i Punkreas e lo diranno poi i loro fan riferendosi a canzoni come, appunto, “Sfratto” sul problema del diritto alla casa, “Antisocialism” sui politici corrotti, “Disgusto totale” sulla meritocrazia… in alcuni momenti sembra di vedere uno spettacolo di un Beppe Grillo pre-Movimento, tutto riferimenti alla Prima Repubblica e sarcasmo (“Pensate che una volta, quando abbiamo scritto questo pezzo, era impossibile trovare lavoro senza una raccomandazione!”). Prima di “Acà Toro”, Paletta proclama “Fascisti di merda” ottenendo un’ovazione da un pubblico che evidentemente non ama i fascisti. Verso la fine del concerto, passata la fase Paranoia e Potere e in piena fase ’90-’93 (“Isterico”, “Fegato centenario”, “Il vicino”…), al bassista scappa un ironico “Ed ecco a voi: Orchestra Spettacolo!” che mi fa intuire che la band abbia un po’ di amaro in bocca rispetto a questa serata revival. Ciliegina sulla torta: una cover di “Alla nostra età” dei Derozer, che è ancora più significativa se si pensa che è del 1998 e che anche i Derozer suonano ancora. Forse alla nostra età non ci possiamo permettere di suonare pezzi nuovi perché altrimenti nessuno ci ascolta più.

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Quando il palco si svuota, mi avvento sui sopravvissuti al pogo per conoscerli meglio. I primi sono questi ventiseienni di Verona.

George, Veronica, Thomas, Johnny

Noisey: Questa sera per voi è andata bene così con i pezzi vecchi o avreste preferito sentire roba nuova?
Tutti: È andata benissimo!
Johnny: Punkreas forever con questa scaletta! Però oh, le canzoni nuove sono molto belle, un misto sarebbe andato bene comunque. Però scalettona stasera!

È vero che il messaggio politico è ancora valido? Ha senso parlare di questa roba nelle canzoni ancora oggi?
George: Secondo me sì, perché i giovani non leggono i giornali, e con la musica si può comunicare in modo più efficace. Le notizie che trapelano da Facebook non sono mai attendibili, quindi secondo me la musica è il modo migliore per comunicare un messaggio politico.

Però questi pezzi hanno vent’anni!
Thomas: E sono ancora attuali!
Veronica: Anzi, siamo peggiorati rispetto a vent’anni fa!
Johnny: Io penso che “Disgusto totale” valga per trenta canzoni.

In effetti hanno ragione: vuoi mettere l’attendibilità di Internet con quella di Cippa da San Lorenzo di Parabiago?

Matteo, Lorenzo e i loro amici.

Noisey: Visto che avete la stessa età di Paranoia e Potere, per voi com’è stato questo concerto?
Lorenzo: Ma sì, è andata bene, anche se io sono affezionato al vecchio chitarrista.
Matteo: Secondo me è stato figo perché comunque i pezzi vecchi sono molto meglio. Siamo un po’ dei nostalgici diciamo.

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Quanto è importante il messaggio politico?
Lorenzo: Tutto, noi li seguiamo per quello, per una questione di battaglie politiche. Ci rispecchiamo nei loro testi.

Ai vostri genitori piacciono i Punkreas?
Matteo: No, Pink Floyd e basta.

Fabio e Luca.

Fabio e Luca sono stati in prima fila tutto il tempo, insieme a una loro amica che non ha voluto essere intervistata, ma che a quanto pare è una conoscente intima del gruppo, ed è stata a più concerti di tutti. Luca li ha visti ventinove volte, che dovrebbero essere sufficienti ad accreditarlo come massimo esperto mondiale.

Noisey: Ventinove volte? Davvero? Fammi una classifica dei tre migliori concerti.
Luca: La prima volta che li ho sentiti, in corteo a Modena per il centro sociale Libera. L’unica cosa che mi dispiace è che abbiano cambiato il chitarrista di recente perché hanno avuto degli scazzi, però loro sono sempre validi, cioè, dopo sono diventati un po’ più commerciali, ma a me piacciono un casino lo stesso.

Ma quindi secondo te questi pezzi sono ancora validi dopo vent’anni?
Ma certo, i testi sono ancora attualissimi, anche perché l’Italia non è cambiata. Loro lo dicono sempre, “meno male che l’Italia non è cambiata, così noi possiamo continuare a suonare, altrimenti i nostri testi non se li ascolterebbe più nessuno.” Poi stasera l’età media è piuttosto alta, noi siamo invecchiati… ultimamente frequentando la scena punk/oi! ho notato che questi concerti fanno davvero fatica a richiamare gente, a parte loro che sono davvero famosi.

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Ho la sensazione che i Punkreas siano rimasti un po’ tagliati fuori dalla scena dei centri sociali.
Luca: No, ti smentisco subito. È vero, li trovi anche a suonare nei locali o in queste feste qua, ma nei tour ci mettono sempre dentro i centri sociali.
Fabio: Però anche nei centri sociali non ci sono più ragazzi, l’età media si è alzata di brutto.

Serena, Vittoria e Bruno.

Secondo voi il pubblico che segue questo genere è invecchiato?
Vittoria: No, perché se ti dicessimo di sì vorrebbe dire che anche noi siamo vecchie!
Bruno: Con noi prima c’era un ragazzo di trentacinque o trentasette anni con due figli, per cui… Mi sa che il più piccolo sono io che sono dell’88.
Serena: Io faccio l’educatrice e lavoro con gli adolescenti dai dodici ai diciott’anni e quando nomino i Punkreas o la scena punk non sanno neanche di cosa stia parlando. Ascoltano la moda del momento, tipo rap…
Bruno: Ma che “rap”, il rap è morto da quando non si usa più lo scratch.
Vittoria: Ma è che seguono la musica tramite canali che noi non conosciamo…

Secondo voi chi sono i Punkreas di oggi? Chi ricopre il loro ruolo di svezzare i ragazzini?
Bruno: Proprio non saprei, non ascolto niente di italiano.
Vittoria: Secondo me il fatto è che la musica passa per canali diversi e i giovanissimi ora guardano i talent, non importa più tanto che musica fai quanto se sei carino, se fai spettacolo, tipo i Five Seconds of Summer. L’approccio dei giovanissimi è molto più superficiale, infatti non spendono un soldo per la musica, la scaricano gratis.

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Continua sotto.

Ma il punk rock dei Punkreas, ai nostri tempi, non era musica da ragazzini?
Bruno: No, sinceramente a me non l’ha mai detto nessuno.
Vittoria: Secondo me una volta l’impegno in musica era visto meglio, adesso è più vista come un divertimento I sedicenni di oggi non ascolterebbero mai Capossela, o anche solo Mannarino, perché sono troppo impegnati.

Ahem, ok, terremo d’occhio le chiavi di ricerca per scoprire se qualcuno approda a questo articolo googlando Mannarino.

Che cosa ho imparato da questa serata, in cui mi sono ricongiunto con i miei fratelli perduti che avevo abbandonato sulla strada del punk fatto da gruppi con la parola punk nel nome? Tanto per cominciare che lo ska è definitivamente morto. Nessuno ascolta più ska. È talmente da sfigati che presto avrà una trasmissione dedicata su Canale Italia. Poi che non solo a un concerto gratuito dei Punkreas nella provincia profonda si ritrovano le stesse figure che guidavano il corteo degli studenti con i 99 Posse dal furgone, ma che alcuni di loro ancora lo fanno. E che senza le hashtag #fascisti, #marijuana e #corruzione c’è una grossa fetta d’Italia che non saprebbe riconoscere la musica politicamente impegnata neanche se li colpisse in faccia con un matterello. È praticamente come andare a una cena di classe.

E poi ho imparato che i Punkreas sembrano felicissimi di suonare i pezzi vecchi per i loro vecchi fan, salutandoli per nome da palchi tanto grandi che sono grotteschi e fermandosi a bere le birre dopo il concerto. Probabilmente il loro unico rimpianto è stato il flirt con certo mainstream, che ha fatto loro più male che bene. Mentre bevo l’ultima birra per mandare giù il Lambrusco, uno dei ragazzi con cui sto chiacchierando indica Paletta che ride al bancone: “Hey, ma quello è il bassista dei Punkreas! Una volta non si facevano vedere in mezzo al pubblico, se la tiravano di più.” E il suo amico prontamente risponde: “È perché adesso non se li caga più nessuno.”

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