FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Colonne sonore bellissime: Natural Born Killers

Un film delirante come la sua colonna sonora, curata da Trent Reznor, che passa per Leonard Cohen, L7, Patti Smith, Dr Dre...

Che Natural Born Killers avrebbe fatto parlare di sé, creando qualche grattacapo per via del taglio controverso con cui affronta il tema della violenza, lo si poteva ben capire già da alcuni episodi accaduti prima ancora che la pellicola fosse ultimata.

La leggenda vuole che, discutendo in un bar dei profondi stravolgimenti fatti da Oliver Stone alla sceneggiatura iniziale scritta da Quentin Tarantino, tra i due sia finita in rissa—pare che anche durante le riprese delle scene più concitate del film, parecchi attori e comparse abbiano rimediato qualche naso rotto e costole incrinate. Inoltre, vagando per la Route 66 (in uno stato non propriamente lucido) durante i sopralluoghi per le ambientazioni, lo stesso Stone si è reso protagonista di un inseguimento con la polizia e alcune riprese dell’inconveniente sono finite nel film. Piccoli presagi, ma niente in confronto a quello che sarebbe accaduto dopo la proiezione del film nelle sale cinematografiche.

Pubblicità

Oltre a una pioggia unanime di critiche negative, sul povero regista ricaddero anche un paio di denunce da parte di chi lo riteneva responsabile di alcuni fatti di cronaca nera che si verificarono negli Stati Uniti in quegli anni. L’episodio più clamoroso è quello del massacro della Columbine High School del 1999: i due ragazzi colpevoli della strage utilizzarono l’acronimo NBK per firmare i loro messaggi. Molti altri omicidi furono ricollegati al film, più o meno assennatamente—a volte per generare illazioni bastò semplicemente ritrovare in casa degli assassini il VHS del film, altre volte si trattò di tributi espliciti, ispirati da alcune scene: è il caso dell’assassinio di un caro amico dello scrittore John Grisham, il quale intentò causa contro il regista e un paio d’anni dopo rifiutò che fosse affidato a Woody Harrelson (qui nei panni di Mickey Knox) il ruolo di protagonista nel film tratto dal suo libro, Il momento di uccidere (il ruolo fu poi affidato al futuro compare di Harrelson in True Detective, Matthew McConaughey).

Insomma, se non fosse chiaro, si tratta di un film scabroso, ma soprattutto un film con una colonna sonora memorabile. E non poteva essere altrimenti, dato che è stata curata e assemblata interamente da Trent Reznor che, oltre ad aver contribuito in prima persona con un paio di pezzi dei Nine Inch Nails, ha svolto un lavoro parallelo e quasi indipendente dal regista, ottenendo risultati straordinari che – a differenza della trama – hanno messo positivamente d’accordo tutti (solo negli Stati Uniti l'OST è diventata disco d’oro).

Pubblicità

Se dovessi scegliere la mia Bibbia, probabilmente sarebbe L’Immagine-Tempo di Deleuze (no ok, sarebbe qualsiasi cosa scritta da Deleuze), in cui si legge: “è il tempo, in relazione all’idea di movimento, che determina il forte legame che esiste tra la musica ed il cinema, che per molti versi è più forte e profondo di quello che lega il cinema ad altre forme d’arte come la letteratura ed il teatro.”

Ecco, in pochi film questa concezione viene presa alla lettera. Natural Born Killers è sicuramente tra questi. Il legame in questione viene espresso in senso assolutistico da Reznor, dato che la musica è costante e pressante per tutta la durata del film, si intreccia minuziosamente con le immagini, praticamente senza neppure una pausa.

C’è una scena onirica, tra le tante che ricorrono nella vista periferica attorno ai protagonisti, di un cavallo selvatico che galoppa furiosamente tra i campi: con lo stesso spirito la musica galoppa accanto alla perversa storia dei coniugi Mickey e Mallory Knox (quest’ultima interpretata da Juliette Lewis), fondendosi con i dialoghi e in alcuni tratti occupando tutti gli spazi, al punto da poter essere considerata una protagonista latente di questo film.

Si aprono le danze con “Waiting for the Miracle” di Leonard Cohen, e solo questo vale già il prezzo del biglietto, perché qualunque cosa scorra sotto le note di Cohen diventa immediatamente calda, erotica, affascinante e intrigante. La prima volta che ho visto questo film mi sono bastati i titoli iniziali per capire che stavo per assistere a un grande spettacolo e il merito è tutto di Cohen.

Pubblicità

Ma non c’è tempo per crogiolarsi sugli allori che arriva una schizofrenica serie di pezzi uno dietro l’altro: “The way I walk” di Robert Gordon, “Shitlist” delle L7, “Moon over Greene County” di Dan Zanes, la celebre “La vie en rose”, “No no man” di Steven Jesse Bernstein e infine “Rock n Roll Nigger” di Patti Smith. Occhio: tutto questo solo nei primi cinque minuti, roba da pazzi. Giusto il tempo per far sterminare ai Knox una manciata di bifolchi in uno di quei tipici bar sulla statale, da sempre teatro di alcune delle scene cult del cinema americano.

A prima vista Natural Born Killers si presenta con la scocca di un b-movie splatter. In realtà si tratta di una cervellotica matrioska che contiene un numero inimmaginabile di riferimenti e citazioni, lo spettatore sale ben presto su una giostra di generi assemblati volutamente in maniera caotica e subliminale. Innanzitutto Stone crea un vero e proprio collage di pellicole (circa 18 formati differenti), cucendo immagini in 8, 16 e 35 mm, spezzoni girati in super 8 e in videocassetta o fotogrammi glitchati, oltreché virare spesso nel bianco e nero e in differenti gradi di saturazione del colore (per esempio il verde, è il colore che ricorre quando Mickey vive una qualche forma di alterazione mentale, che sia la malattia o l’istinto omicida). Assieme a questo, anche il registro è frammentato, a intervallare il filone principale della storia ci sono immagini animate, servizi di cronaca presi dai telegiornali statunitensi, flash back ambientati in grottesche sit-com anni Cinquanta con scenografie e colori apertamente ispirati ad Arancia Meccanica, e si ha anche il tempo per assistere a scene da trip allucinogeno o elogi al cinema noir.

Pubblicità

Chiaramente la colonna sonora va dietro a tutte queste piroette, e anzi pare accentuarle, sfidarle, provocarle, in quella che sembra una corsa folle verso il limite o un passo a due tra tori scatenati. E così, se si molla anche solo per un istante l’attenzione (difficile che accada), sembra inspiegabile che nel giro di qualche fotogramma si passa dal canticchiare “Sweet Jane” rifatta dai Cowboy Junkies mentre un attimo dopo esplode “Sex is violent”, che è il risultato di un mash-up senza soluzione di continuità tra “Ted just admit it…” dei Jane’s Addiction e la versione di Diamanda Galás di “I put a spell on you”, un mix da far perdere la testa quandoi gorgheggi demoniaci della Galás si scornano con la voce punk di Perry Farrell.

Le derive avant-pop e lo humor nero di cui è venata la storia, sono legate a picchi di pura sperimentazione e voli pindarici che sembrano avere la sola delirante storia d’amore dei Knox come filo conduttore. L'accoppiata Knox è affiatata come Bonnie&Clyde e perversa come quella partorita da Lynch in Cuore Selvaggio, da cui Stone ha attinto a piene mani con ottimo gusto.

Ma la vera colonna portante della trama è la spettacolarizzazione della violenza da parte dei media, tanto che per certi versi, e con le dovute forzature, Natural Born Killers sembra mostrare alcune conseguenze di quello che Videodrome di Cronenberg minacciava un decennio prima. La maggior parte delle critiche ricevute dal film, infatti, si riferisce ai due pesi e due misure di Stone, il quale condanna pesantemente il modo in cui i programmi televisivi si nutrono della brutalità umana, mentre lascia a quest’ultima una piccola via di fuga, se non addirittura l’assoluzione. Gli assassini diventano celebri in tutto il mondo, in televisione non si parla d’altro, il pubblico passivo ha perso qualunque etica e arriva ad acclamare due pluriomicidi, che ora hanno un seguito enorme di fan a celebrarli come fossero due rock star—d'altronde è così che vengono mostrati attraverso lo schermo.

Pubblicità

La violenza fa parte della nostra natura: nella scena madre, quella dell’intervista in diretta nazionale dal carcere, Mickey Knox sembra considerarla persino mistica. Per quanto suggestivo, questo rischia di sembrare un passaggio un po’ naïf e una banale interpretazione di Nietzsche, anche se alcuni elementi della conversazione sembrano quasi mutuati da La violenza e il Sacro di René Girard, dalla teoria della violenza generalizzata che ha il suo nucleo nei concetti di Capro Espiatorio e meccanismo mimetico che causano la violenza stessa. E in questo il ruolo dei coniugi Knox per la società che li sta a guardare attraverso uno schermo è decisamente mitologico, anche secondo le stesse parole di Mickey: “Un sacco di gente là fuori è già morta e non lo sa e ha bisogno di essere liberata. E a questo punto arrivo io, il messaggero del Destino. Se un giorno un chicco di grano cade nel terreno e muore non è poi cosi grave, ma forse morendo lui porterà con sé molti frutti”.

Rimanendo ancora su questa scena cruciale devo dire che sono affezionato a una citazione che (forse involontariamente) fa riferimento a tematiche animaliste: “Chi è innocente? Tutte le creature di Dio uccidono in un modo o nell’altro. Guarda le grandi foreste, lì hai specie che uccidono altre specie, la nostra invece le uccide tutte allegramente, foreste comprese. Solo che noi la chiamiamo industria”. Nasciamo dunque cattivi e colpevoli, per questo nella tracklist non poteva mancare “Born bad” interpretata direttamente da Mallory Knox, la Eva del nostro Adamo.

Pubblicità

A questo punto il film assume decisamente toni di denuncia e protesta. Quasi tutta la seconda parte della storia si svolge nel penitenziario di Batonga, dove i Knox sono incarcerati e posti sotto una dura sorveglianza. Nel frattempo è bene sapere che la colonna sonora ha dispensato pezzi come "The Day the Niggaz Took Over" di Dr. Dre, “Taboo” di Peter Gabriel e Nusrat Fateh Ali Khan (da brividi) e “Something I Can Never Have,” ancora dei NIN.

Siamo negli spazi del potere, del bio-potere, di Sorvegliare e Punire di Foucault. Per stessa ammissione del direttore del carcere Dwight McClusky (interpretato magistralmente da Tommy Lee Jones): “Mickey e Mallory Knox sono sicuramente la coppia più schifosamente depravata e perversa di merdosi delinquenti che ho avuto il dispiacere di avere davanti agli occhi. Per dirla tutta quei due rottinculo sono la prova vivente di come hanno smerdato questo sistema”. E infatti ben presto si scatena una rivolta nel carcere, il sistema crolla e il Panopticon implode (in queste scene, tutti gli attori erano realmente carcerati all’epoca, con buona pace dei fratelli Taviani). I coniugi Knox non sono solo due pericolosi squilibrati, sono anche sovversivi, mandano a puttane il “Supplizio”, la “Disciplina”, la “Sanzione normalizzatrice”, tanto per rimanere in compagnia di Foucault. I loro corpi non hanno mai assunto le sembianze del condannato, c’è solo il loro amore malsano che li guida, che sfugge al “controllo delle attività” e che consente loro di evadere.

E non c’è cosa più bella che farlo ancora con Leonard Cohen, con cui si chiude il cerchio: Give me back my broken night / my mirrored room / my secret life / it's lonely here / there's no one left to torture / give me absolute control / over every living soul / and lie beside me, baby, / that's an order. / I've seen the future, brother: it is murder."

Edoardo Vitale legge troppo. Seguilo su Twitter: @edoardovitale_