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Musica

Colonne sonore bellissime: Brazil

Quel film distopico di Terry Gilliam in cui succedono cose matte e la chirurgia estetica è seriamente problematica.

Buongiorno cari amici amanti del buon cinema e della buona musica, ben trovati gentili estimatori della deliziosa combinazione delle due cose. Bentornati alla rubrica in cui i vostri redattori di Noisey preferiti vi raccontano di quanto è bella una colonna sonora bella.

Nella puntata di oggi la sottoscritta vi parlerà di un film che racconta una realtà distopica, ambientato in un futuro remoto ma paradossalmente prossimo in cui succedono cose inquietanti tipo: ipercontrollo sulla popolazione, burocrazia a maglie serrate e relazioni umane infrante dallo scontro violento con una realtà governativa la cui pressione onnipresente e onnisciente devasta anche gli aspetti più elementari dell'esistenza.

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Ok, detta così potrebbe trattarsi di qualsiasi trasposizione cinematografica dei romanzi di science fiction spuntati dalla prima metà del Novecento in poi, penso in particolare ovviamente a Facebook o a 1984 di Orwell. Sai, quei libri fantasiosi la cui prospettiva distorta calzava come un guanto su quello che stava realmente accadendo alla società, estremizzando e caricando di grottesco ogni dettaglio inquietante della vita postmoderna.

Invece si tratta di un caso particolare che si distingue dagli altri per un dettaglio semplicissimo: Brazil, il termine che dà titolo al film in questione, è anche il motivo sonoro che accompagna tutte le due e passa ore di visione tragicomica, angosciante e alienante di questa megachicca di Terry Gilliam.

Che ha pure fatto altri film carucci ma come questo veramente nessuno mai.

Non c'è assolutamente nessun motivo per cui Michael Kamen (precedentemente autore della colonna sonora de La Zona Morta di Cronenberg e successivamente di un casino di altri film perlopiù di azione contenenti Bruce Willis o Christopher Lambert) dovesse utilizzare proprio il motivo di "Aquarela Do Brasil" per determinare la scansione sonora di questo film. Scusate il calembour ma non è la cosa peggiore che ho scritto in vita mia quindi passiamo oltre. Della ragione per cui Kamen abbia scelto questo leitmotiv sonoro se mi va parlerò più tardi, per ora la cosa interessante è farvi notare come Gilliam sia una persona lineare e per niente indecisa (ci mette tipo novant'anni per chiudere un film di solito) e in questo caso abbia cambiato idea sul nome da dare a questo filmetto circa settecento volte. Segue copia-incolla da Wikipedia in inglese, perché la pagina in italiano non ha queste informazioni succose:

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"Brazil was developed under the titles The Ministry and 1984 ½, the latter a nod not only to Orwell's original 1984 but also toby Federico Fellini, a director whom Gilliam often cites as one of the defining influences on his visual style when directing. During the film's production, other working titles floated about, including The Ministry of Torture, How I Learned to Live with the System – So Far, and So That's Why the Bourgeoisie Sucks, before settling with Brazil relating to the name of its escapist signature tune."

Certo, i titoli precedentemente passati in rassegna dal deciso Terry Gilliam prima di arrivare al succo erano estremamente buffi e alcuni un po' goffamente marxisti, ma non starei qui a scrivere con dedizione di questo film per un sito musicale se non avesse, anche in questo caso, trionfato la musica.

Come forse avrete letto poche righe fa, il signor Wikipedia definisce "escapista" il tema che fa da legàme a tutta la colonna sonora di questo film, tanto che il motivo del sogno, della fuga dalla realtà materica e burocratica e bassa, attraverso le ali del sogno (e della donna sognata) è sempre accompagnato da questo motivetto. Escapista è ogni mezzo di distrazione di massa, ma è anche la canzoncina d'attesa di quando chiami il tuo gestore telefonico, la banca o l'assicurazione, la musica nell'ascensore di un hotel o nella sala d'aspetto del medico. In questo modo abbiamo una serie di scene kafkiane e distopiche accompagnate da una musica che di base non dovrebbe essere altro che un jingle, un motivetto insensato.

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Le ragioni principali per cui Kamen è un genio e questa colonna sonora è un capolavoro sono tre. La prima è il completo svuotamento di senso operato nei confronti di un pezzo tradizionale brasiliano, parallelo allo svuotamento del termine stesso Brazil: non più un Paese // non più un canto, svuotata anche la componente emotiva della saudade, ovvero di solitudine e nostalgia di un passato che non tornerà mai.
La seconda è la declinazione di tale motivetto lungo le diverse scene e situazioni che si susseguono nel film, e soprattutto il modo in cui, subdolamente, si mimetizza nelle maglie della realtà. Come se la cosa più innocua e insospettabile, quella che quasi nemmeno si nota, fosse la rappresentazione reale della piega malata che la situazione ha preso.

Questo si percepisce benissimo a inizio film, appena dopo il prologo, quando per la prima volta sentiamo il motivetto sollevarsi dai rumori delle macchine da ufficio, roba vagamente da "Money" o da altre operazioni di interazione tra suono d'ambiente e sonorizzazione tipo quella di Lars Von Trier in Dancer in the Dark, quella di Robin Hood della Disney o quella dei Pink Floyd.

La terza ragione per cui Kamen è un genio è che, senza che ce ne accorgiamo, il tema di Brazil—da musica di sottofondo di situazioni più o meno nella norma come un ristorante o un giorno qualsiasi in ufficio—diventa anche il refrain di una storia d'amore un po' sognata, un po' reale. Ora, non guardatevi tutto il film a partire da metà perché è da babbi, ma vi metto qui il link per esemplificare come viene sottolineato il momento in cui il protagonista si innamora della donna che di solito popola i suoi sogni. Ed ecco il climax sempre sulle stesse note, ecco la magia dell'amore per cui ciò che normalmente appariva come una triste melodia di sottofondo, ora diventa una sinfonia ipersentimentale.

Ok adesso non è che vi devo raccontare tutto il film, vi auguro di riguardarvelo e che anche i vostri sogni d'amore abbiano la voce di Kate Bush.

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