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Musica

Dietro alla colonna sonora di Stranger Things, la nuova serie preferita di tutti

Abbiamo parlato con i responsabili del magnifico tema iniziale dello show e di tutto quello che lo rende magico e nostalgico anche per le orecchie.

Come ogni culto che si rispetti, la nuova perla di Netflix, Stranger Things, è arrivata in sordina, circondata da molto meno hype rispetto ad altre serie come House of Cards o Marvel’s Daredevil. Questa mancata rincorsa, però, sembra aver fatto bene allo show, che da solo si è guadagnato i plausi del pubblico da un lato all'altro della rete e si è creato un'ottima fama grazie alla pratica, anch'essa retrò, del passaparola—anche se siamo nel 2016 e il tam tam avviene tramite social.

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Ambientato nel 1983, Stranger Things parla di fatti avvenuti in una piccola cittadina dell'Indiana, in cui, appunto, iniziano a succedere cose strane. Molto strane. Un ragazzino di dodici anni scompare misteriosamente. Una ragazzina, anch'essa strana, compare dal nulla e una tetra agenzia governativa interviene in maniera non convenzionale. In tutto questo, pare ci sia un mostro che si aggira nei boschi.

La serie è stata creata dai fratelli Duffer (gli stessi di Wayward Pines) e vede tra i suoi protagonisti una splendida Winona Ryder. Non vi racconteremo altro della trama, vi basti sapere che Stranger Things è un viaggio assurdo e nostalgico nell'immaginario che ha formato la generazione degli oggi trenta-trentacinquenni, un salto nel tempo nell'epoca in cui i ragazzini andavano sulle saltafossi, giocavano a Dungeons & Dragons e comunicavano con gli walkie talkie. In ogni inquadratura ci sono tracce di Steven Spielberg, Stephen King, John Carpenter, David Lynch e un'infinità di riferimenti ai film-culto di quegli anni, tutti impacchettati in otto episodi meravigliosamente confezionati.

Ovviamente, per ogni prodotto di culto, la colonna sonora gioca un ruolo importantissimo, e nel caso di Stranger Things si ricollega anch'essa alla tradizione sci-fi fatta di synth giganteschi e inquietanti. I lavori di John Carpenter, Alan Howarth, Tangerine Dream e Goblin hanno influenzato una nuova generazione di compositori. Kyle Dixon e Michael Stein fanno parte della band di Austin S U R V I V E ed è a loro che i fratelli Duffer hanno affidato il compito di curare la sonorizzazione dello show, dopo che avevano sentito un paio di tracce che avevano scritto per il film del 2014 The Guest. Mentre stiamo con il fiato sospeso per ogni nuovo episodio di Stranger Things, è innegabile che il tema iniziale, quella progressione pulsante di inquietudine, a rubare la scena.

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Abbiamo parlato con Dixon e Stein per complimentarci di persona per l'ottimo lavoro, riconosciuto da tutti, che hanno fatto per la serie, mentre loro un po' si godono il meritato successo, un po' si preparano all'uscita del prossimo album dei S U R V I V E.

Noisey: Come siete arrivati a Stranger Things?
Michael Stein: Abbiamo ricevuto una mail dai registi, che ci chiedevano se fossimo interessati a scrivere una colonna sonora per loro. Non ci abbiamo pensato due volte e abbiamo immediatamente accettato. Poi ci hanno mandato la sinossi e qualche immagine preliminare e abbiamo capito che ci saremmo incastrati alla perfezione.

Kyle Dixon: I registi sono fan dei S U R V I V E. Avevano usato una traccia del nostro primo disco in un finto trailer che avevano fatto per proporre il concetto della serie a Netflix, prima ancora di chiederci di saltare a bordo. Poi abbiamo lavorato un mesetto sulla demo e su diversi temi che poi i Duffer hanno utilizzato sui loro provini. Solo dopo un po' abbiamo scoperto che i producer avevano dato l'ok per il progetto.

Fino a che la serie ha debuttato nessuno sapeva che la musica era vostra. Perché il vostro lavoro è stato tenuto nascosto come gli esperimenti che hanno luogo nei laboratori Hawkins?
Kyle: Non ci abbiamo pensato. Netflix non aveva un motivo per parlare di noi, dato che non siamo famosissimi, quindi è passato tutto in sordina. Forse nemmeno noi volevamo pubblicizzarlo.

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Michael: Non è mai stata utilizzata la nostra musica, nelle pubblicità, quindi non c'era ragione per tirarla fuori—oltretutto noi siamo stati presi completamente da questo progetto, fino all'ultimo. Preferivamo non farne un caso, anche perché non si sa mai che ti cambino le cose all'ultimo, come successe per Legend.

Ho sentito che avete dovuto lasciare il lavoro per prendere questo incarico. Eravate preoccupati dell'esito? Che lavoro facevate?
Kyle: Sì, onestamente un pochino eravamo preoccupati, ma fortunatamente il tempismo è stato perfetto. Avevo appena venduto un'app che io e un mio amico avevamo creato per Discogs, quindi avevo un po' di soldi da parte e sono stato in grado di sostentarmi anche senza un lavoro. Prima lavoravo come software designer. Questo incarico ci ha dato un po' di soldi e ora abbiamo aperto uno studio. E poi, dai, la scelta tra un lavoro d'ufficio e un lavoro per la musica non è poi così difficile. Nulla mi avrebbe fermato dall'accettare un progetto di questo genere.

Michael: Io lavoravo a Switched On, un negozion di musica elettronica di Austin, principalmente mi occupavo di riparazioni, oltre a registrare/produrre album di musicisti della zona, quando potevo. Quello era già un lavoro che amavo, ma che mi occupava praticamente ogni giorno, quindi non riuscivo quasi mai a dedicarmi alla mia musica. Quando mi è stata offerta l'opportunità di dedicarmici a tempo pieno, non ci ho dovuto pensare su.

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So che alcune vostre tracce fanno parte della colonna sonora di The Guest, ma in realtà questa è stata la prima score che avete composto per intero. Qual è stata la prima cosa che avete discusso quando avete iniziato a lavorarci?
Kyle: Sì, quello era uno dei primi lavori che abbiamo fatto con le immagini, e hanno funzionato un po' da library per i Duffer, che hanno scelto da lì alcuni temi per iniziare. Anche a noi quel progetto ha fornito una piattaforma da cui partire per selezionare i mood per le varie scene.

Michael: Ci è voluto un po' prima di capire come dare alla musica quell'accento classico, senza renderla un omaggio un po' cheesy agli anni Ottanta. Ci siamo impegnati a bilanciare gli elementi contemporanei e le sfumature vintage—che è una delle motivazioni, credo, che hanno portato i Duffer a scegliere noi. Conosciamo bene i lavori dei maestri del synth, ma abbiamo anche un approccio moderno molto marcato.

È molto diverso, per voi, comporre musica per i S U R V I V E e per questa colonna sonora?
Dixon: Be', avendo una narrazione completa da cui prendere ispirazione il risultato è molto più vario, da un punto di vista emozionale, rispetto a quello che sentiresti su un disco dei S U R V I V E. Cerchiamo di far musica che fugga le categorizzazioni, ma non buttiamo fuori molte delle cose che componiamo perché non c’entrano molto con la nostra estetica. Ci è stata data l’opportunità di fare qualcosa di più leggero e giocoso, e pensavamo stesse bene con la storia.

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Michael: In fondo non è stato poi così diverso. Abbiamo solo dovuto essere più veloci nell’esecuzione, e produrre più materiale. Essendo in due, ci siamo come sempre confrontati man mano, approvando le idee l’uno dell’altro. Ogni tanto facevamo una jam, o scrivevamo assieme, ma per la maggior parte si è trattato di completarci reciprocamente, mettere qualche tocco qua e là. Insomma, lo stesso identico processo con cui lavoriamo ai S U R V I V E.

I fratelli Duffer hanno detto che avete registrato più di 13 ore di musica per la serie. Come avete fatto a scegliere quale eliminare?
Kyle: A volte, per alcune scene particolari, abbiamo provato diversi concept, quindi alla fine avevamo un sacco di roba in più. Inoltre, avevano accesso a una library piuttosto ricca, in cui c'era tutto quello che avevamo registrato dall’inizio della nostra collaborazione. Ci sono un sacco di pezzi fighi che non sono stati usati per la serie.

Michael: Poi mettici il fatto che inizialmente le scene non erano ancora state editate benissimo, e molti dettagli non erano stati definiti… Quindi c’erano giorni in cui ragionavamo sui motivi ricorrenti da inserire nelle puntate e, al contempo, dovevamo concentrarci su questioni di estetica. A volte creavamo qualche texture, un po' di pezzi d’atmosfera, di sottofondo, che potevano essere usati per rinforzare una scena e stabilire un mood su cui avremmo potuto lavorare. Pezzi da dieci, venti minuti. Ce ne sono un sacco che non abbiamo usato, e magari useremo in futuro.

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Che è successo alla musica che avete scelto di non usare?
Dixon: Nulla. È lì, ferma.

Michael: La stiamo usando per scrivere dei beat trap.

Pubblicherete un album con la colonna sonora, come succede sempre per le colonne sonore?
Dixon: Non ne siamo sicuri. La scelta definitiva sta a Netflix, pare ci sia abbastanza interesse attorno alla cosa da giustificarne la pubblicazione.

Michael: Aspettiamo e vedremo.

Il fatto che avete composto musica per la serie influisce sul modo in cui la percepite quando la guardate?
Dixon: Certo, anche se non ho ancora guardato la versione definitiva.

Michael: Sì, ed è una cosa a cui ho sempre pensato quando ascoltavo il lavoro di altri compositori. Insomma, se se stai scrivendo la musica per gli ultimi 15 minuti del finale di una stagione, in un certo senso, ti stai quasi beccando uno spoiler. Poi ti vengono in mente delle piccole parti tagliate, delle scene andate perse che avevi visto prima che sistemassero il prodotto finale, il che può essere un po’ deludente. A volte mi concentro sulla colonna sonora, mi chiedo se il mix finale sarebbe potuto venire meglio e mi perdo dei dialoghi.

A quali colonne sonore vi siete ispirati per creare quella di Stranger Things?
Kyle: È difficile da dire. Siamo molto fan della musica per il cinema, ma non credo che ci siano delle reference in particolare che abbiamo seguito. Chiaramente c'è molta roba che suona alla Tangerine Dream, ma quella è una delle nostre ispirazioni di sempre. La colonna sonora di The Keep è fantastica, anche se non sono sicurissimo che abbia influito nella composizione di quella per Stranger Things.

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Se tutti impazziscono per Stranger Things è anche perché la nostalgia è uno dei sentimenti predominanti di chi è cresciuto negli anni in cui è ambientata. C'è stato qualcosa in particolare che vi ha preso quel nervo nostalgico?
Kyle: Ma certo, la serie ha un sacco di rimandi ai film che hanno influenzato ragazzi della nostra generazione da giovanissimi. Quindi è inevitabile che il gioco emotivo si impernii sulla nostalgia.

Michael: Siamo stati catapultati negli anni in cui andavamo davvero in giro con i walkie talkie e la gang dei nostri amici su quelle biciclette e ogni viaggio verso casa era un'avventura.

Mi è capitato di vedere qualche foto che avete scattato mentre registravate il nuovo album. Praticamente provate in uno spazio identico al garage in cui Will è rapito. Coincidenza?
Kyle: Ha ha, sì, direi che non l'abbiamo fatto apposta.

Michael: No, in realtà la nostra sala prove è il terribile garage di Kyle. La somiglianza è puramente casuale, ma posso dirti che quell'ambiente ci aiuta a entrare in un bel mood ed è un posto bellissimo per bere birra e suonare un po'.

Avete firmato con Relapse qualche mese fa. Cosa mi potete dire del vostro secondo album?
Michael: Per ora la data d'uscita è il 30 settembre. Le tracce sono più dirette e più diverse fra loro. Penso che ascoltare l'album sia come ascoltare una bella storia. C'è una bella dinamica che dura dall'inizio alla fine.

Ultima cosa: è così importante lo spazio tra le lettere nel nome di una band?
Kyle: No, non è per niente importante..

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