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Musica

Scende la notte

Oggi Classyca parla di pianoforti da salotto e notturni. Poco poco, piano piano, come piace a noi.

Buonanotte signore e signori, questa volta affrontiamo il tema marzulliano dei Notturni. Poco poco, piano piano, come piace a noi.

Il Notturno è solo un aspetto dell'ossessione ottocentesca per la tenebra e la notte. La generazione Romantica aveva una marcata tendenza all’introspezione, allo struggimento e ai tormenti individuali, attività che si accordano perfettamente allo scenario notturno: l’immaginario artistico dell’epoca descrive infatti ogni tipo di notte, quella poetica e intimista dei vari Leopardi, Pascoli, quella alcolica e annoiata dei decadenti francesi (Toulouse Lautrec, Baudelaire e la loro cumpa), quella delirante e allucinatoria dei racconti di Poe, Coleridge, De Quincey. Insomma mi sembra di avervi dato abbastanza spunti per una tesina di maturità che colleghi per benino tutte le materie e magari valga anche la lode.

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In musica il genere del Notturno esisteva già dal 1700 come brano pensato per l’esecuzione notturna, tipo una serenata, ma divenne popolare soprattutto nel secolo successivo come composizione per pianoforte solista ispirata all’atmosfera della notte. Il responsabile di questa languida trovata è tale John Field e sia il Notturno che il suo creatore ebbero immediatamente un enorme successo. La musica era orecchiabile, melodica, e prevedeva l’utilizzo del pianoforte, strumento che non poteva mancare nei salotti bene dell’epoca; inoltre i Notturni presentavano il non trascurabile vantaggio di poter essere suonati con grazia anche dalle fanciulle e fanciulli borghesi o aristocratici con più passione che talento per il piano. Ma come sempre, se sei un compositore e raggiungi la popolarità ancora in vita, dovresti preoccuparti seriamente: Field, l’irlandese per cui impazzivano i salotti di Mosca e San Pietroburgo cadde nell’oblio come le veline di 7 anni fa. Bisogna dire che gli capitò la singolare sfortuna di avere come successore un personaggio piuttosto ingombrante: Fryderyk Chopin.

I 21 Notturni di Chopin sono ispirati a quelli di Fields ma, senza offesa, un pochino più vari e interessanti, e decisamente meno sereni. Pare che Chopin fosse ossessionato dalla voce femminile, e che la melodicità dei Notturni sia dovuta allo sforzo di tradurre in musica strumentale il belcanto insieme, ovviamente, a qualche nota di folklore polacco. Se vi va di abbattervi con Chopin fatemi il piacere di essere così originali da scegliere come vostro preferito qualcosa di diverso dall’"Op.9 n.2", l’insopportabilmente nota colonna sonora del film Il Pianista. Devo dire che, personalmente, la grazia salottiera e il livello di tristezza più accettabile dei Notturni di Fields non mi dispiacciono affatto, seppure con tutto il rispetto per il tragico Chopin.

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Da Chopin in poi praticamente ogni compositore se l’è sentita di misurarsi col genere del Notturno, a volte con risultati graziosissimi, come Debussy. I Notturni di Debussy non sono una composizione per pianoforte ma un trittico orchestrale: i tre brani che lo costituiscono (Nuvole, Feste, Sirene) evocano prima l’atmosfera vaga e ondeggiante di una processione di nuvole, poi un vivace corteo notturno con una nota di malinconia e infine l’incantesimo di un coro di sirene. Per vostra informazione Debussy ebbe l’originalità di comporre anche in riferimento a una fascia oraria diversa da quella notturna, e per questo dovrebbe essere rispettato: il Prélude à l’Après Midi d’un Faune per esempio narra le fantasie diurne di un adorabile fauno che, in un paesaggio bucolico, si diletta a suonare il flauto.

Il tema della notte ha continuato a incoraggiare compositori e musicisti ad aprire i loro cuoricini e creare Notturni di ogni tipo: dolci (anche troppo) e sognanti come questo di Liszt, vere e proprie hit nell’800, adesso cadute nell’anonimato, come questa di Ignace Lybach, esperimenti un po’ minimalisti un po’ cacofonici di Satie e terzetti angoscianti di Schubert e un miliardo di altri.

La tendenza romantica all’insonnia e al ripiegamento su se stessi ha continuato a portare varia gente che ha da passà a’ nuttata a insistere su racconti delle proprie esperienze notturne depresse o serene, a volte soltanto imbarazzanti. Ad oggi il Notturno ha già preso tutte le nuances possibili e immaginabili: da quella dell’italianità più roca che ci sia (il "Notturno Delle Tre" di Mina e Ivano Fossati) all’infinità di interpretazioni controculturali come questa particolarmente truce dei DSA Commando e tutto ciò che sta nel mezzo. Dato che, mi pare, tutto quello che si poteva dire sulla notte sia già stato detto e pure ripetuto, consiglio di dormire o tenersi occupati in qualche altro modo nelle ore tra mezzanotte e le cinque. Potete sempre guardare Sottovoce.

Chiudiamo quindi con la formula rituale di Marzullo:

Grazie a voi, cari amici della notte. Io vi aspetto come di consueto sempre di notte, sempre sottovoce, noi diciamo un modo per capire, per capirsi e forse anche per capirci, quando un giorno—vista l'ora —è appena finito e un nuovo giorno è appena cominciato; un giorno in più per amare… Per sognare… Per vivere. Buonanotte.