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Musica

La leggenda del pianista con le Converse

Perché Giovanni Allevi fa così tanto cadere la concezione classica della musica classica e perché questa cosa si rivolterà solo contro di noi.

Visto che siamo qui a parlare di musica classica tra ggiovani è arrivato il momento di affrontare il pischello della classica: il Cavalier Giovanni Allevi. Se siete già lì che vi sfregate le mani pensando alle cattiverie che mi accingo a regalarvi voglio sorprendervi con una prima considerazione di carattere POSITIVO. Giustamente ho scritto l'articolo con musica di Allevi in sottofondo, che si è rivelata un accompagnamento blando e gradevole, perfetto quando si è impegnati a fare altro. Mi ha tranquillizzato come solo le innocue melodie delle sigle delle soap opera o delle pubblicità di auto sanno fare, per questo mi sorprende molto il fatto che Allevi, che sostanzialmente compone musica rilassante da SPA, sia al centro di una così accesa controversia musicale. Il suo pubblico è diviso tra tredicenni con il foulard arancione, che lo adorano e lo seguono nei concerti, dall’altra parte praticamente tutto il mondo della musica classica e no, che probabilmente gli sparerebbe se lo incontrasse per strada. Effettivamente è difficile capacitarsi del successo raggiunto da questa specie di impacciato Telespalla Bob, nel 2011 addirittura insignito della nomina di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana conferita dal Presidente Giorgio Napolitano, senza incazzarsi almeno un po’. Allevi come personaggio pubblico non è il massimo e, dopo aver guardato un discreto numero di sue interviste, posso dire che una delle mie preferite è proprio questa, che per personaggi improbabili, atmosfere e dialoghi surreali e inquietanti mi ricorda tanto i video di Diprè, come se ci fosse bisogno di infierire.

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Questo ragazzino autistico di quaranta anni con le sue frasi da piccolo principe, le sue ansie e maniere da indifeso non mi incanta: difficile credere che una creatura così sensibile possa sopravvivere alla dura realtà di queste interviste vomitevoli, e il fatto che la sua immagine di fanciullo sognatore e ribelle in Converse non abbia subito benché minime alterazioni negli ultimi 20 anni lo fa sembrare un'operazione teleguidata bella e buona. In fondo stiamo parlando di uno i cui pezzi più famosi sembrano adatti a fare da sottofondo musicale nei centri benessere con le insegne al neon sulla circonvalla esterna a Milano, di quelli gestiti da estetiste cinesi molto sorridenti, con una nutrita e ambigua clientela maschile. Niente di male peraltro, sono posti adorabili. Un sottofondo piacevole, anche se la complessità delle strategie alla base della sua creazione sono davvero minime…

Uno dei più comuni equivoci su Allevi è ritenere che la sua musica sia valida perché “avvicina i giovani alla musica classica”, che è un po’ come dire che il Bignami su Manzoni è un'ottima lettura perchè avvicina i giovani ai Promessi Sposi. La musica classica, così come I Promessi Sposi, fa parte di quella cultura “alta” percepita come sacra, su cui è ritenuto peccato essere ignoranti, e se lo si è ci si metta almeno l'anima in pace con musica e letteratura commerciali! Inoltre dopo che la musica classica contemporanea “colta” (Berio, Ligeti, Nono) è riuscita a allontanare anche i più bendisposti ascoltatori, subito sono arrivati alla carica un folto numero di personaggi che reagivano a tutto ciò con un linguaggio più semplice e immediato: è il caso del minimalismo americano di Terry Riley, Steve Reich, Philip Glass, importato poi in Italia in salsa neoromantica da Ludovico Einaudi e da Allevi. Allevi serve a colmare il vuoto che l’inavvicinabile musica classica contemporanea ha lasciato nel cuore degli europei (in America questo era già stato fatto da mo’ con il minimalismo) con una genere di classica più godibile, melodico e alla portata di tutti. Ecco il motivo del successo, sostenuto dal buon marketing di uno dei meno originali modelli dell'immaginario collettivo: il sempre verde eroe romantico un po' bambino che vive di meraviglia in meraviglia, perfetto per diventare un cartone animato, cosa realmente accaduta.

Il vero problema di Allevi non è nemmeno la musica, personalmente ciò che trovo insopportabile è come presenta la sua musica, cioè come rivoluzionaria e innovativa. Questo fatto di non appartenere a nessun genere che lo fa sentire tanto speciale non sarebbe accaduto se, invece di fare quell'impasto ruffiano di melodie per cui è conosciuto, si fosse dedicato ad eseguire un buon jazz o classica come si deve o colonne sonore a modo. La verità è che nei negozi di dischi non esiste lo scomparto giusto per i CD di Allevi solo perché il posto più adatto è accanto alla cassa, insieme ai best seller del momento.

Insomma, ora smetto di accanirmi perché mi stanno venendo le rughe. Spero che come ogni articolo su Allevi esistente al mondo i commenti si riempiano di insulti velenosi tra Alleviani e Controalleviani, mi raccomando cattivi.