FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Com'è vivere con una malattia rarissima

"Iniziamo!" In piedi di fronte a me, un dermatologo mi sta spingendo un ago saturo di anestetico contro il labbro inferiore. Il dolore è lancinante. Venti minuti più tardi, ho le labbra così gonfie che a malapena riesco a descriverle.

Immagine via Wiki Commons.

"Iniziamo!" In piedi di fronte a me, un dermatologo mi sta spingendo un ago saturo di anestetico contro il labbro inferiore. Il dolore è lancinante. Venti minuti più tardi, ho le labbra così gonfie che a malapena riesco a descriverle—sembro una vecchia col botox che è appena stata torturata durante un interrogatorio, e sto entrando nel panico. Se non migliora in fretta, a breve raggiungerò livelli di ansia mai sperimentati prima. E questo sta accadendo perché per la prima volta nella mia vita ho cercato di sbarazzarmi delle strane escrescenze che da anni mi ritrovo sulle labbra, la diretta conseguenza della rara malattia di cui sono vittima.

Pubblicità

Ho 25 anni e conduco una vita abbastanza ordinaria, per essere un ragazzo della mia età. Studio e lavoro come supervisor in un centro per ragazzi di strada. Esco con lo stesso gruppo di amici dal liceo. Mi piacciono le domeniche in famiglia, il calcio e bere in compagnia. A prima vista, sembra un'esistenza semplice.

Ma ecco la fregatura. All'età di 16 anni mi hanno messo sotto osservazione a causa di alcuni problemi cardiaci. Dall'alto di un intervento chirurgico a cuore aperto in corso, mi hanno detto che avevo una rarissima malattia genetica: la sindrome di Bannayan-Riley-Ruvalcaba.

Questa sindrome agisce sul cromosoma 10 e muta il gene oncosoppressore PTEN. Quando mi è stata diagnosticata, il dottore mi ha detto che esistevano solo tre casi in tutta la Francia. Eravamo io, mio padre e un tizio di Tolosa. Nonostante una ricerca senza fine, non sono mai riuscito a trovare il numero esatto di persone che convivono con questa malattia sul pianeta terra. Secondo il sito orpha.net, specializzato in malattie genetiche rare, si tratterebbe di una "malattia congenita caratterizzata da polipi amartomatosi intestinali, lipomi, macrocefalia e lentigginosi genitale." Questo significa che ho frequenti mal di stomaco, che queste macchie pigmentate attorno ai miei genitali ricordano in qualche modo la Carica dei 101, e che il mio cranio è molto più grande della media. Ma, soprattutto, che ho delle specie di cisti sulle labbra molto simili a verruche. Questa è la cosa più difficile da affrontare, soprattutto perché faccio tutto quello che posso per cercare di vivere una vita normale.

Pubblicità

Quando mi sono presentato in ospedale per la prima volta, gli specialisti sono rimasti subito spiazzati dalle mie labbra. Dal momento che la sindrome è degenerativa, i segni erano ancora molto tenui a quello stadio. È stato solo dopo diversi appuntamenti con altri dottori che mi è stata diagnostica la sindrome di cui parlavo prima.

Nel 15esimo episodio della sesta stagione di The Walking Dead, Eugene spiega ad Abraham: "I capelli non fanno l'uomo, è l'uomo a fare l'uomo." Nel mio caso, sono le labbra che fanno l'uomo. Avere un difetto cardiaco non è un grosso problema in sé e per sé. Il cuore è un organo che i medici conoscono bene, i suoi malfunzionamenti non sono un segreto, ed esistono un sacco di cure. I problemi cardiaci sono comuni, e tutti sanno che ciò che è comune non fa troppa paura. Può uccidere, certo, ma fa meno paura di qualcosa che non si conosce. Proprio qui sta il problema. Più la malattia si evolve, più diventa visibile. Ed è così che è iniziato il problema con le mie labbra.

Secondo il sociologo Erving Goffman, le relazioni sociali si creano in quella che lui definisce "una scena". Per lo studioso, interpretiamo le identità impiegando diversi elementi della nostra facciata personale: lo status, i vestiti e i capricci personali. Si scopre così che la ricrescita delle escrescenze sulle mie labbra ridefinisce in continuazione le mie relazioni interpersonali. Da quando si sono manifestate quelle cisti, le persone che incontro mi guardano molto raramente negli occhi; preferiscono guardare circa quattro pollici sotto. Spesso ho come l'impressione che la mia personalità sia ridotta alle labbra. Erving Goffman scrive che possiamo parlare di stigma quando qualcuno ha una caratteristica molto particolare che entra in gioco in continuazione nel rapporto col prossimo. In altre parole, "questa caratteristica costituisce un divario tra le normali aspettative altrui per quanto riguarda la propria identità."

Pubblicità

Un bambino affetto dalla sindrome di Bannayan-Riley-Ruvalcaba. Foto via.

La maggior parte delle volte devo fare uno sforzo enorme per pronunciare frasi che riescano a mantenere l'attenzione dei miei interlocutori. Il danno al mio sistema nervoso, la depigmentazione della pelle nella zona genitale e i problemi digestivi occasionali non sono un grosso problema. Il problema sono le labbra: perché la mia sindrome è di tipo progressivo, e se le sta piano piano divorando.

All'epoca stavo con una ragazza da quasi quattro anni. Mi diceva che non gliene fregava niente della mia malattia. Quando ci siamo conosciuti avevo 17 anni, e la mia bocca non era messa così male, ma già era strana. Mi faceva pensare alla storia della rana di Pierce Brosnan in La furia della montagna. Se metti una rana nell'acqua che bolle, la rana salta fuori dalla pentola. Mettici dell'acqua fredda e scaldala gradualmente, così la rana non sentirà niente e morirà ustionata. Quando io e la mia ragazza ci siamo lasciati, mi ha detto: "Non ti preoccupare, troverai qualcuno che ti ama per quello che sei." Che tradotto significava: la tua ipertrofia è chiara, tutti la vedono, la vedo anch'io. Ma sei un bravo ragazzo.

Da allora ovviamente sono diventato parecchio complessato. Chiunque accenni a questo mio aspetto mi mette incredibilmente a disagio. Quando succede, improvvisamente non riesco a mettere insieme una frase. Adesso sono single. Le persone mi suggeriscono di farmi avanti con le ragazze, ma so che ne sono assolutamente incapace, e per giustificare la mia passività mi nascondo dietro il dolore di una relazione che è finita male. Poi un giorno mi sono stufato.

Pubblicità

A 24 anni ho deciso che il mio periodo di celibato era durato abbastanza. Ho accettato che se mi fossi sottoposto a un'operazione chirurgica forse avrei potuto smettere di ascoltare passivamente i racconti delle avventure sessuali dei miei amici. Se non lo avessi fatto, il rischio sarebbe stato quello di sentirmi per sempre in testa le voci che mi impedivano di avvicinarmi a qualsiasi persona, sul lavoro, in amicizia, o in amore. Nel 2007 alcuni specialisti mi hanno consigliato una cura sperimentale. Allora però non si sapeva ancora abbastanza, e rinunciai. Ma non stavolta.

Dopo una visita sono stato trasferito nello stesso reparto in cui ero stato nel 2007. La dermatologa era un'altra, quindi ho dovuto ripetere per l'ennesima volta la storia delle mie labbra. Ci sono abituato: ho dato "lezioni" a ogni dottore e dermatologo che ho incontrato finora. È sempre strano ritrovarti a spiegare al tuo dottore il perché e il come della tua malattia, e rendersi conto che anche i dottori più esperti non sanno nulla delle origini della tua condizione non è mai un buon segno. La risposta della dermatologa era stata: "Cercheremo di bruciare quelle protuberanze, passo dopo passo." Non eravamo certi che avrebbe funzionato, mentre era certo che l'operazione sarebbe stata piuttosto dolorosa.

Tre mesi dopo, a inizio agosto, sono tornato per la visita successiva. Trattandosi di un campo poco battuto, i dottori non potevano essere specifici sui tempi di guarigione. Era il 6 agosto e il 9 avevo programmato una vacanza con la mia famiglia. Grave errore. Credevo che l'operazione fosse più che altro un trattamento di bellezza: leva la protuberanza, copri la zona con un bendaggio, e tempo una settimana sei a posto. Che assurdità. Ho rivisto i cieli del sud-ovest francese quando era ormai il 25 agosto.

Pubblicità

L'operazione è cominciata con una scena classica, con medico e tre infermieri in piedi intorno a me. Gli infermieri si comportavano un po' come se fossero allo zoo. Mi osservavano la bocca e riuscivano a malapena a controllare le loro espressioni. L'ok del dottore, poi il dolore che la dottoressa aveva anticipato. "Vuoi un cerotto?" Ho annuito.

Immagini di crani di pazienti affetti dalla sindrome di Bannayan-Riley-Ruvalcaba. Foto via.

Quando sono uscito dalla sala operatoria non riuscivo a spiccicare parola, così ho preparato un post-it—non ce la faccio proprio a dimenticarmi le buone maniere inculcatemi dai miei genitori—con su scritto "Mi sono appena sottoposto a un'operazione alla bocca."

Mi sono accordato con un'infermiera perché venisse tutte le mattine a casa mia per curarmi la ferita. Dopo due giorni in cui sono stato svegliato da qualcuno che non aveva idea di cosa fare perché non era abituato ad avere a che fare con una malattia tanto rara sono stato costretto a dirle di non venire più. Quindi ho dovuto affrontare il processo di guarigione da solo, per un periodo di tempo che non sapevo quanto sarebbe durato.

A inizio settembre la prima fase si è conclusa in modo positivo. Dopo tre settimane di cerotti e creme, le parti interessate erano lisce. Due mesi dopo, mi sono sottoposto a un'altra operazione con la quale ho ottenuto un labbro inferiore normale per la prima volta da quando avevo 14 anni.

Oggi i miei rapporti col prossimo sono incredibilmente semplici. La cosa ancora più bella è che quei dolori orribili sono spariti. È incredibile sentirsi, come posso dire… di nuovo normale? Porter stringere nuove amicizie, essere guardato senza che sull'altro volto appaiano delle smorfie, e provare sulla mia pelle il brivido dimenticato del flirtare. Ricordarmi di quanto possono essere complicate le relazioni con le ragazze.

Non credo che a breve manderò all'aria tutto quell'intenso periodo di crescita personale, a meno che ce ne sia una ragione; questa è una fase che pensavo non averi mai potuto vivere. Porre troppa attenzione su dettagli inutili è un errore per chi come me mira a una relazione a lungo termine. Questo è forse il maggior insegnamento che ho avuto dalla sindrome: oltre ad abituarmi alla mia apparenza fisica, devo anche imparare a comportarmi come una persona normale.

Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: