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Attualità

Dreamland è ancora il capolavoro trash più incompreso del cinema italiano

La maggior parte degli italiani si è dimenticata (o più probabilmente ignora del tutto l’esistenza) di questa opera. Io no.
Foto di Bea De Giacomo.

Un nuovo anno è appena iniziato all’insegna dell’apocalisse: capi di Stato che si misurano la grandezza dei pulsanti nucleari, una nuova stagione di Black Mirror che ci ricorda che siamo a un passo dal vivere sotto il controllo di macchine spaventose e, per il nostro Paese, nuove elezioni che non preannunciano nulla di buono.

Ok, ma un lato positivo c’è. Qualcuno ha appena caricato su YouTube uno dei film che più mi hanno segnato, una delle pellicole più controverse e sottovalutate della storia del cinema italiano: Dreamland, la Terra dei Sogni, uscito nel 2011 e interamente girato e prodotto da Sebastiano Sandro Ravagnani.

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Il regista, che a questo punto suppongo sia lo stesso zampino sotto l’upload di cui sopra, sette anni fa si era occupato della promozione del film acquistando imponenti spazi pubblicitari nelle maggiori città d’Italia e, sempre mia supposizione, permettendone la presenza nelle sale cinematografiche per ben due giorni, con un successo di pubblico che vi invito a indovinare. Sono abbastanza fiera di ammettere che, ai tempi, fui uno dei pochi fortunati spettatori dell’opera ravagnanesca—esperienza che mi spinse a scrivere il mio primissimo articolo—e a seguire, con assoluta professionalità giornalistica devo ammettere, l’evoluzione della storia di questo exploit cinematografico incontrando personalmente Ravagnani e il suo attore-feticcio Ivano De Cristofaro.

Passano gli anni e di questo film, ma soprattutto di chi vi prese parte, si perdono le tracce. O meglio, la maggior parte degli italiani si dimentica (o più probabilmente ignora del tutto l’esistenza) di questa opera, lasciandosi alle spalle forse uno dei più significativi capolavori trash dopo Alex L’Ariete o il film di Costantino Vitagliano e Daniele Interrante. La maggior parte sì, ma io no.

Ai tempi già li seguivo su Twitter, e ogni tanto ho continuato a spulciare tra i link di Ravagnani nella speranza che prima o poi tirasse fuori dal cilindro qualche altro film. E così arriviamo a oggi, quando Dreamland, la Terra dei Sogni, è stato reso per la prima volta disponibile in streaming.

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Come il mio amico James Franco si è sentito in dovere di riprendere la storia di The Room, film diventato culto assoluto negli Stati Uniti e il cui regista e protagonista Tommy Wiseau rappresenta iconicamente l’amore cieco per il cinema, che ti fa investire tutti i tuoi soldi il tuo tempo e le tue energie su progetti che probabilmente si riveleranno buchi nell’acqua, io non me la sono sentita di tirarmi indietro, e credo di essere deontologicamente obbligata a tornare a scrivere del mio Disaster Artist Sebastiano Sandro e del suo sogno.

Sono portata a credere che l’intera idea di Dreamland sia nata da una clip: il co-protagonista del film Franco Columbu negli anni Ottanta si allenava con Arnold Schwarzenegger e ne ha conservato una testimonianza video, che infatti vediamo inserita nel film con puro situazionismo. Una volta ottenuta da Columbu l’autorizzazione a costruire una trama attorno a quel clip, il gioco era fatto. Bastava riprendere il topos stalloniano dell’italoamericano che viene da una situazione difficile e cerca la redenzione nel pugilato e avremmo avuto anche noi il nostro Rocky, qui James (fu Giacomo), interpretato dallo statuario Ivano De Cristofaro.

La trama, all’apparenza semplice, è in realtà estremamente complicata, forse per lo stile scelto dagli sceneggiatori. Da quello che si evince, Giacomo è un meccanico che sogna di diventare una star e si presenta con un meraviglioso monologo iniziale—“la rabbia che c’è in me mi sta distruggendo, so che la mia strada prima o poi mi porterà ad incontrare il mio vero essere, ma per ora lotto e cerco di sopravvivere. Spero solo di non perdermi tra una birra e una scazzottata.”

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Come avevo già notato anni fa, probabilmente il budget del film è stato speso tutto per le riprese della prima parte, esterne molto sceniche di un’Italia del dopoguerra e delle prime migrazioni negli Stati Uniti. L’epoca tuttavia non è chiara, così come non sarà mai totalmente afferrabile, in seguito, il luogo in cui ci troviamo. Anche i personaggi—Miguel, James, Frank, Frenks, Giusy, Don Nicola—hanno nomi che è difficile far risalire a un preciso ceppo, come se fosse tutto parte di un pastiche spazio-temporale che è forse uno degli elementi più visionari di Dreamland. Ovvero, un film in cui la Terra dei Sogni è una specie di Terra Promessa dell’Antico Testamento, più un’idea che un luogo reale.

La seconda parte del film è un continuo sovrapporsi di piani temporali in cui, nell'ordine, Giacomo/James/De Cristofaro è una specie di boss locale che riscuote il pizzo e plana in Harley-Davidson nel negozio di Frank, ex pugile attualmente impiegato nella costruzione di giocattoli in legno anni Venti. Grazie a un flashback intuiamo che Giacomo è partito per gli Stati Uniti insieme a Don Nicola, a cui lo affidano i genitori e che a un certo punto (io l’ho capito alla terza visione, per la verità) muore.

Alla ricerca di una nuova figura paterna, Giacomo la troverà in Frank, che lo raccoglie mezzo morto per strada dopo l’ennesima birra —> scazzottata e gli perdona addirittura di avergli fatto brutto per il pizzo. “Nella mia falegnameria," dice Frank alla moglie (e cito), "James ha detto delle parole che c’era rabbia, e lui aveva ragione.” Accolto in questa nuova vita, Giacomo chiede alla figliastra di Frank (che a quanto sappiamo ha frequentato solamente durante la convalescenza) di sposarlo e affronta l’unica gang di spagnoli con l’accento bresciano del mondo per vendicare il suo neo-suocero, picchiandoli prima e moralizzandoli poi.

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Da qui in poi, il grado di visionarietà del film subisce un’impennata: da falegname, Giacomo si trasforma nell’allievo di Frank e successivamente in un pugile provetto e proprietario della leggendaria Gleason’s Gym, il cui contratto per il passaggio di proprietà si stipula nella maniera più rinascimentale della storia, con tanto di assolo di violino a suggellare il patto.

In preparazione all'RVM dell’allenamento di Columbu con Schwarzenegger vengono inserite anche alcune scene dell'allenamento di Giacomo, che assumono in fretta le tinte dei film porno amatoriali, dalla musica di sottofondo alle interazioni all’indugiare forse un po’ troppo sui muscoli gonfi e sui pesi extra che si infilano nel bilanciere. Le sequenze di training di Giacomo sono talmente sexy che quella dopo addirittura culmina in un amplesso (ma più che l’amplesso in sé consiglio vivamente di prestare attenzione alla tensione erotica tra Giacomo e la sua fiancé nel dialogo che li porterà all’accoppiamento).

Non è assolutamente mia intenzione spoilerarvi la fine del film, anche perché non l’ho capita, comunque sia ci sono balli anni Sessanta, un nuovo nemico, tanti nuovi amici e altrettanti pettorali di De Cristofaro.

Nel post-credits del film assistiamo a una scena in cui Columbu cerca di comprare con un anello e una proprietà immobiliare l’amore della moglie. Questa forse me l’ero persa, oppure si tratta di un’esclusiva della versione director’s cut, ma devo dire che forse è l’unico momento in cui è palese che ci troviamo negli anni Cinquanta.

Incuriosita dalla nuova vita online di Ravagnani, prima di chiudere questo capitolo della mia storia con Dreamland vado a fare un giro nel suo canale WBE TELEVISION GROUP ITALIA USA e scopro che ha addirittura ha deciso di rispondere alla recensione dello YouTuber MightyPirate con un confronto Italia-Usa su Skype.

Forse anche grazie all’internet, come nelle migliori leggende, un’opera che nei circuiti tradizionali non è riuscita a sfondare trova una nuova vita in una Terra dei Sogni, YouTube, in cui potrei mettere la mano sul fuoco che il numero di spettatori sarà di gran lunga superiore a quelli in sala.