La fase punk di Eleven in ‘Stranger Things 2’ è tutta sbagliata ed è giusto così
Foto per gentile concessione di Netflix

FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

La fase punk di Eleven in ‘Stranger Things 2’ è tutta sbagliata ed è giusto così

L'episodio ribelle della seconda stagione mostra un cliché dopo l'altro, ma racconta la storia vera di una bambina che vuole essere "cool".
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

Ormai chi desiderava ardentemente guardare Stranger Things 2 l'avrà sicuramente visto. Il settimo episodio, The Lost Sister, non è stato accolto esattamente grande entusiasmo, però. Rappresenta una deviazione dalla trama della serie e segue la telecinetica ed epistattica Eleven che scappa di casa per raggiungere Chicago e ricongiungersi con sua "sorella" dall'Hawkins Lab: la vediamo diventare amica di un gruppo di punk, farsi un cambio di stile super figo e prendersi la propria rivincita sui suoi ex-carcerieri. È stato etichettato come "controverso" , per quanto sia probabilmente più appropriato dire che fan e critici lo hanno considerato il peggior episodio di sempre. Ma anche mentre ti fa provare un certo imbarazzo, The Lost Sister pone interessanti domande su temi come identità, ribellione adolescenziale e come affrontare un'infanzia estremamente traumatica.

Pubblicità

A essere sinceri, l'episodio non inizia col piede giusto. Dopo circa otto minuti, Eleven si avventura dentro un capannone abbandonato dove trova quattro persone raggruppate attorno a un falò acceso dentro un barile di latta pieno di buchi. Sono punk. O, più precisamente, sono la versione da immagine stock di Getty di "punk". Sono quello che un generale anni Settanta s'inventerebbe se gli si chiedesse di disegnare quattro punk: vestiti con magliette strappate e giacche piene di toppe, con eyeliner che cola sulle guance e capigliature che sfidano la forza di gravità. Uno ha una cresta da mezzo metro, rigida come il suo personaggio. Quando Eleven gli si avvicina, lui dice testualmente: "Bene, bene, bene, che cosa abbiamo qui?" come una Strega Cattiva che ha fatto shopping al Sex nel 1975. "Cos'è quella, una salopette?", chiede un altro. "Non ci sono vacche da mungere qui, ragazzina", sbiascica una sosia emaciata di Harley Quinn. "Torna alla tua fattoria". Sullo sfondo, i graffiti recitano semplicemente: "PUNK".

È una scena che mette molto a disagio, costruita su stereotipi cartonati invece che su una sincera esplorazione di una sottocultura. Ma, che sia intenzionale o no, comunica efficacemente l'idea che una bambina potrebbe avere di "punk spaventosi". Eleven è sola in una città che conosce, con un senso della propria identità ancora meno sviluppato di una tredicenne media. Soffocata da un'infanzia passata in prigionia, è tanto attratta quanto terrorizzata da una vita più ribelle. È come se questi personaggi bizzarri da fumetto fossero usciti dai suoi sogni, o dai suoi incubi. Questa sensazione non fa che aumentare quando ci rendiamo conto che la capa della gang, Kali, "sorella" di Eleven, ha messo insieme questa banda di disadattati per inseguire una violenta vendetta sugli uomini che hanno condotto esperimenti su di lei. È la caricatura opposta alla sua reazione agli abusi subiti da lei: ritirarsi nell'infanzia, nascondersi e stare al sicuro. Quindi è ovvio che voglia provare questa novità.

Pubblicità

E così, come in tutte le storie di ribellione adolescenziale, parte la scena della trasformazione. Non c'è alcun motivo pratico per cui Eleven dovrebbe adottare lo stile della sua nuova gang, dato che gli autori di Stranger Things 2 non si sono nemmeno preoccupati di inventarne uno, tuffandosi direttamente in un montaggio di trucco e parrucco senza perdere un solo secondo di introduzione. La nuova Eleven alternativa—con i riccioli domati all'indietro e gli occhi scuri cerchiati di nero—si presenta, a essere sinceri, un po' goffa. I nuovi abiti non le stanno molto bene, troppo larghi nel modo sbagliato, e continua a sembrare una bambina in mezzo a un gruppo di adulti criminali. Non si tratta di una trasformazione tipo Sandy in Grease: proprio come le centinaia di persone che l'hanno imitata la settimana scorsa, non sembra molto di più di una ragazzina con addosso un costume di Halloween.

Ma forse questa goffaggine è il vero centro della questione. Come il giaccone militare della taglia sbagliata che porta Lindsay in Freaks and Geeks, o Lane che si colora i capelli di viola (e poi ci ripensa) in Una Mamma per Amica, la TV ha spesso compreso che c'è una certa ansia e sgraziataggine nella ricerca adolescenziale di un'identità più "cool", che è diversa dalle trasformazioni da brutto anatroccolo a cigno che si vedono nei film hollywoodiani. Nel 2002, mia madre si disperava a ragione davanti ai miei tentativi di sembrare Avril Lavigne, ricordandomi che Avril non indossava esclusivamente le vecchie magliette di suo fratello accompagnate da bandane paisley. Come molti ragazzini che tentano un nuovo look per la prima volta, a Eleven non viene molto bene.

Pubblicità

Sembra improbabile fin dall'inizio che Eleven sia in grado di trovare una nuova identità grazie a generose porzioni di brillantina, o una nuova casa con cinque cliché ambulanti invece degli esseri umani completi che conosce a Hawkins. Ma il vero ostacolo si manifesta nei due diversi approcci al loro trauma comune. Quando Eleven si rende conto che Kali e i suoi amici stanno dando la caccia e uccidendo agenti del laboratorio Hawkins, è spaventata ma anche ansiosa di dimostrare il proprio valore. "Sono una guerriera", insiste. "Ho ucciso".

Quando arriva il momento, Eleven si trova in difficoltà a portare avanti gli atti di violenza che Kali considera punizioni appropriate per i suoi aguzzini, e impedisce a Kali di ammazzare uno scienziato della Hawkins mentre i suoi figli si nascondono nella camera a fianco. Ciò fa riferimento a un messaggio più ampio e, si può dire, più conservatore dietro a Stranger Things 2: c'è una bella dose di "gli agenti del governo che commettono sistematicamente abusi contro bambini vulnerabili sono persone come noi!" che è senza dubbio Non Punk. Ma il fatto che Eleven si renda conto che l'approccio da vigilante alla giustizia di Kali e dei suoi amici sia troppo estrema per lei è significativo—si rende conto dei suoi limiti attraverso un atto di ribellione. È una storia che abbiamo visto mille volte: pensiamo alla stessa Wynona Ryder che si ritira dalla scia di violenza di JD in Heathers.

Pubblicità

Come succede a molti ragazzini quando scoprono una scena alternativa, il flirt di Eleven con questa versione superficiale dell'anarchia rock'n'roll è per lei una palestra morale. La sua esperienza con Kali le permette di scoprire che può sviluppare un suo proprio codice della vita, tra il decalogo autoritario e il caos ribelle. Passa dall'esaltazione infantile alla prospettiva di infrangere le regole per il gusto di farlo al fantasticare di diventare una "guerriera" che cala la propria vendetta su chi l'ha ferita, per poi arrivare a una consapevolezza più sfaccettata della propria posizione di guerriera che può aiutare gli altri ma anche di bambina che necessita di amore e protezione da parte di amici e famiglia.

Come ci si può aspettare da un episodio sulla ribellione rock, la colonna sonora di The Lost Sister accompagna i vari stadi della crescita di Eleven. La prima canzone è palesemente didascalica: "Runaway" di Bon Jovi romba mentre Eleven scende dal bus a Chicago con aria soddisfatta. Capito? Perché la "runaway" è lei! Eleven si libera dalle catene del patriarcato, è la "daddy's girl" che impara velocemente. Probabilmente non è voluto, ma l'ovvietà della scelta ci ricorda quanto sia superficiale la figura della fuggitiva disobbediente, e quanto poco si addica a un personaggio di sostanza come Eleven. Quelle chitarre pacchiane ci colpiscono così direttamente che sappiamo fin da subito che Eleven abbandonerà inevitabilmente questa fase e ritornerà a Hawkins. Solo non sappiamo quando.

Pubblicità

La seconda è una scelta più interessante: "Dead End Justice" delle Runaways. Una canzone che immagina una rivincita violenta contro il patriarcato è l'unico vero collegamento dell'episodio con il punk rock. Il testo se la prende con il sistema corrotto, gli abusi di polizia e il ciclo della violenza, prima ringhiando "Non crederai a cosa sono capace di farti" e poi ululando "Tutto il dolore che sento mi fa sentire cattiva / È così triste e assurdo qui che penso piangerò". Nonostante gli autori la usino come colonna sonora genericamente "edgy" per la scena divertente e frivola del makeover, questa traccia è uno specchio più appropriato per il gioco di equilibrio che Eleven mette in scena più avanti, tra la sete di vendetta e i momenti di empatia e vulnerabilità.

Ma forse l'opzione più strana e inusuale è la canzone del gran finale: "Birds Fly (Whisper to a Scream)" della meteora inglese The Icicle Works. Si tratta di un tonante inno new romantic, dall'incedere epico e trionfale, perfetta per la chiusura—ma il testo parla di confusione giovanile e della lotta per trovare la propria voce. "Noi siamo, noi siamo, noi siamo" inizia sicuro il ritornello, prima di deragliare: "bambini / Alla ricerca della nostra strada nell'indecisione". In quel senso, è il pezzo perfetto per quello strano momento in cui capisci che sapevi ancora meno di quel che credevi di sapere, ma ti sembra comunque un passo avanti. Ed è proprio dove Eleven finisce alla fine di The Lost Sister: dove era partita, più bambina che mai, e in qualche modo, per questo motivo, più saggia.

È facile ridurre questo capitolo della storia di Eleven a una imbarazzante e melodrammatica deviazione dalla storia vera. Ma non è proprio quello che sembrano tutte le fasi adolescenziali viste da fuori, anche se poi ci influenzano per la vita? Certo, maldestramente, ma The Lost Sister in fondo mostra una ragazza che impara a usare la propria bussola morale insieme al suo potere psicocinetico, che sceglie quali meccanismi di reazione impiegare in relazione a un'infanzia traumatica e che decide che tipo di persona vuole essere.

Segui Noisey su Instagram e Facebook.