FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Le donne hanno iniziato a usare i social network per denunciare gli stupri in discoteca

Dalla frustrazione verso il sistema giudiziario è emerso un movimento di denuncia sui social, ma le conseguenze non sono soltanto positive.

Illustrazione di Jenny Yuen

A fine luglio, due donne hanno iniziato a utilizzare Facebook per parlare delle aggressioni subite in locali notturni di New York. Pepper Ellett e Mary,* rispettivamente di 25 e 30 anni, non si sono mai incontrate, ma confrontare le loro storie è stato d'aiuto per entrambe, le loro voci si sono fatte eco e si sono date forza in tante maniere inaspettate e significative. Entrambi i post sono diventati virali, anche se gli interventi di queste donne sottolineano i limiti del potere dei social media come mezzo di giustizia sociale.

Pubblicità

Nel suo post, Mary descrive l'aggressione subita dal suo ex ragazzo al Bossa Nova Civic Club, un locale abbastanza noto per la scena underground di Brooklyn. Dall'altro lato dell'East River, Pepper dice di essere stata violentata nel bagno da un allora impiegato dell'Happy Ending, un club e ristorante del Lower East Side.

Rifiutandosi di lasciare che le loro accuse venissero perse nel delirio di strobo e macchine del fumo, Pepper e Mary hanno acceso gli stessi dibattiti sulla rape culture che vengono trattati dall'alto, dalle testate giornalistiche. Questi "incidenti", che hanno avuto luogo nei templi della musica e dell'arte newyorchese, hanno sollevato domande riguardanti la vita notturna—ad esempio: come dovrebbe reagire la comunità alle accuse di violenza, e di cosa dovrebbero essere responsabili gli stessi club.

Mary* ha pubblicato il suo post su Facebook lunedì scorso, il 27 luglio. Il New York magazine ha pubblicato la sua cover story sulle aggressioni sessuali attuate da Bill Cosby la sera prima, cosa che Mary cita nel suo stesso post. La rabbia della ragazza è palpabile dalla prima frase: "Fanculo a voi che continuate a supportarlo o a dargli un porto sicuro nella vostra indifferenza. Mi sono stancata di nascondermi da lui e dai suoi merdosi sostenitori."

In un Google Doc pubblico linkato nel suo post di Facebook, Mary racconta che durante la loro relazione di un anno è stata violata anche da un musicista di Brooklyn che si fa chiamare Frank Midnite (per chiarezza: sono stata a qualche evento in compagnia di Frank e lo considero un tranquillone). Una sera, nel settembre 2014, Mary dice che Frank l'ha aggredita al Bossa Nova, poi le ha messo le mani al collo su un albero vicino al bar mentre la graffiava e le tirava ripetuti pugni. "Per settimane ho dovuto trovare scuse per quello che mi era successo," scrive. "In un'occasione ha comprato una crema per escoriazioni e me l'ha applicata, tentando di cancellare quello che lui stesso aveva fatto." Qui ci sono le immagini delle sue ferite, anche se non è chiaro il momento in cui sono state fatte. (Frank, per la cronaca, si è rifiutato di parlare con noi.)

Pubblicità

Foto delle ferite di Mary, incluse nel suo Google Doc

Dopo meno di otto ore, il Bossa Nova ha pubblicato una dichiarazione sulla sua pagina Facebook: Frank è stato bandito a causa di "prove schiaccianti e gravissime" a sostegno delle accuse. Le donne più in vista della scena electro, come Frankie Hutchinson, co-fondatrice del collettivo techno femminista Discwoman, hanno appoggiato la decisione. "Siamo molto sollevate dal fatto che il nostro locale preferito prenda sul serio la sicurezza delle donne, tanto per cambiare. Pensiamo che sia molto più importante garantire la sicurezza che aspettare di vedere se qualcuno è colpevole o no", ha scritto Hutchinson in un commento.

Altre hanno criticato la presunzione di colpevolezza del club, alcune donne si sono anche chieste se il divieto d'ingresso sarebbe stato applicato anche ad altri uomini accusati di violenza. Secondo il proprietario John Barclay, la risposta è semplicemente "sì". "Non siamo un'agenzia investigativa, ma se qualcuna porta alla nostra attenzione un reclamo di questo tipo con delle basi fattuali, l'accusato sarà bandito", ci ha detto. "Meglio prevenire che curare."

Il giorno dopo, Frank si è sottratto alle accuse tramite un post sulla sua pagina Facebook, chiamandole "esagerazioni… al punto di raccontare bugie". Ma il danno alla sua reputazione era orami fatto. I commentatori lo hanno chiamato stupratore e violento sotto un articolo su di lui su New York, sotto le sue canzoni su YouTube e sulla pagina Facebook di Bright Future Sounds, un altro dei suoi progetti. Un'intervista con lui è stata tolta da YouTube. Sono stati creati profili sui social media a suo nome – la bio dell'account Twitter @frankmidnite recita semplicemente: "Picchio le donne". La foto profilo della sua pagina pubblica è stata cambiata utilizzando un diffuso meme: "Keep calm perché sono innocente".

Pubblicità

Nelle settimane che sono seguite al post di Mary, molti membri della comunità musicale hanno condiviso le loro opinioni sui social media. @LILINTERNET, DJ, producer e direttore creativo di base a New York che ha lavorato con Skrillex, Diplo, Beyoncé e altri, ha commentato su Facebook: "RIGUARDO ALLO SCANDALO DI CUI TUTTI PARLANO SU FACEBOOK: IO NON CONOSCO [FRANK]. MI SEMBRA SOCIOPATICO, DAL MIO PUNTO DI VISTA DA LETTORE DI DSM-V DELLA DOMENICA". Mettendo in dubbio la veridicità della negazione di Frank, @LILINTERNET ha aggiunto: "SE CI PENSI RAZIONALMENTE, C'È TIPO LO 0,1% DI POSSIBILITÀ CHE QUESTO TIPO DICA LA VERITÀ [sic]".

Su Starwave, un famoso gruppo su Facebook per musiciste e artiste donne, il Google Doc è stato postato due volte da due persone diverse. Una sostiene di conoscere Frank da quando aveva diciassette anni, e che "tutti dovrebbero tenere presente questa cosa e fare in modo che le proprie amiche siano al sicuro". Due altre donne hanno scritto che Frank le aveva contattate. Una ha dichiarato che Frank le aveva chiesto di vedersi mentre era a New York. "SONO DAVVERO CONTENTA DI NON AVERLO FATTO", scrive.

In seguito a queste accuse, Frank è stato bandito da altri spazi a Bushwick. L'organizzatrice di eventi Darcey Leonard ha confermato a THUMP che House of Screwball, una compagnia di produzione che co-gestisce, l'ha bandito dai loro eventi Circus of Dreams al bar Bizarre, alla Tarot Society Gallery e alla Reading Room. "Il divieto è permanente", ha detto Leonard.

Pubblicità

Inviando messaggi privati su Facebook, un DJ locale di nome Lolo Haha ha spinto altri dieci importanti promoter e musicisti a evitare di ingaggiare o far entrare Frank, a meno che lui non entri in un "processo di presa di responsabilità" per riguadagnare la loro fiducia. Lolo Haha ha dichiarato a THUMP che spera che questa presa di responsabilità aiuterà la comunità a guarire dagli effetti divisori che questi avvenimenti hanno avuto. "La realtà è che questa persona non è l'unica a comportarsi così. Succede in tutto il paese," sostiene. Quando gli chiediamo perché impedire a Frank di frequentare i locali sia un passo obbligatorio verso la responsabilità, Lolo Haha fa una pausa. "Penso di essermi mosso in fretta per essere reattivo.

Prima di pubblicare il suo post su Facebook, Mary ha fatto girare il Google Doc per i sette mesi precedenti, mandandolo a donne legate a Frank e postandolo su thread di Tumblr e Facebook. È così che è venuta a sapere di Susan* e Kat, due altre donne con accuse simili da rivolgere a Frank. Gli scambi di SMS tra le tre donne sono incluse nel Google Doc come amaro finale.

Abbiamo contattato Susan e Kat, che ci hanno spiegato i loro SMS. Susan dichiara di essersi svegliata in casa di un'amico comune a Santa Cruz nel 2010 mentre Frank la stava toccando e si stava strusciando su di lei. Lei ha protestato, ma lui non ha smesso, così lei ha deciso di tornare a casa in macchina pur non essendo in condizioni di guidare.

Pubblicità

Kat sostiene di essere stata a casa di Frank a Brooklyn in gennaio 2015, fatta di acido, cocaina e "abbastanza alcol da mettere al tappeto un cavallo". "Lui mi ha proposto di andare a casa sua per scaldarmi e riprendermi un po' prima di tornare a piedi dove avrei dormito", racconta Kat. "Una volta in casa, mi ha dato da fumare per 'rilassarmi'. Prima che potessi accorgermene, mi aveva alzato la gonna, fatto un buco nei collant, e cominciato un rapporto sessuale. Ho protestato, ma a quel punto ero immobilizzata. Non avrei mai fatto sesso con lui se fossi stata sobria."

Alla domanda se si sia rivolta alla polizia, Kat ha risposto: "Col cazzo. Ci sono già stata per aggressioni subite altre volte e, anche se avevo fatto tutto 'pulito', la polizia non ha fatto niente a parte farmi rivivere il trauma. Perché dovrei riprovarci in circostanze più 'scandalose'?"

La riluttanza di Kat non è certo una sorpresa. Secondo la RAINN (Rete Nazionale dello Stupro, Abuso e Incesto), solo il trentadue percento degli stupri sono denunciati alla polizia, il che li mette in cima alla classifica dei crimini meno denunciati. Tuttavia, un articolo del New York Times di giugno dal titolo "Le statistiche degli stupri in crescita evidenziano un po' di progresso" suggeriva che sempre più vittime si stanno facendo avanti grazie alla diminuzione dello stigma sociale. Quest'anno a New York, gli stupri denunciati sono cresciuti dell'otto percento e le molestie sessuali del 18 percento. Tuttavia Liz Roberts, vice presidentessa di Safe Horizon, la più grande agenzia della città al servizio delle vittime, ha dichiarato al Times che non avesse "alcuna ragione per credere che ci fossero più molestie sessuali di quelle che c'erano l'anno scorso a questo punto" a causa di altri fattori, come la costanza del numero di chiamate al numero verde dell'organizzazione. Inoltre, in quartieri ad alto tasso criminale come Brownsville, le denunce di stupro sono quasi raddoppiate anche se i numeri degli assassinî e delle sparatorie sono scesi. Questo suggerisce, scrive il Times, che gli sforzi dei gruppi di sostegno, dei centri di aiuto e delle università stanno cambiando una cultura di omertà.

Pubblicità

È proprio per aiutare più donne a farsi avanti che la venticinquenne Pepper Ellet ha pubblicato questo post su Facebook venerdì trentun luglio, cinque giorni dopo quello di Mary. "Tacendo farei un torto alle altre donne", scrive Pepper. "Stare in silenzio su questi argomenti è… ciò che mantiene la maggior parte delle persone nella credenza che questi siano incidenti isolati e astratti, non un'epidemia che ci coinvolge tutti e da cui siamo colpiti ogni giorno delle nostre vite".

Mentre Mary ha messo in evidenza il nome del suo sospetto violentatore, i suoi molteplici alias musicali e anche un amico-collaboratore, Pepper non è stata in grado di chiamare per nome l'uomo che accusa di averla violentata nel bagno dell'Happy Ending. Pepper ci ha detto che crede di essere stata drogata, e che tutto ciò che ricorda è che "avevo i pantaloni abbassati e stavo facendo pipì, e poi mi sono resa conto che c'era qualcuno in bagno con me. Mi ha detto di succhiargli il cazzo, e io gli ho detto di no. Ricordo la sensazione di essere presa contro la mia volontà, e poi non ricordo più nulla." Ha saputo il nome del dipendente solo più avanti quando suo padre ha chiamato il locale, e il co-proprietario Oliver Stumm (che fa parte di un duo di DJ e gestisce un'etichetta chiamata A Touch of Class) gli ha detto che era stato licenziato immediatamente dopo che la direzione aveva esaminato le registrazioni delle telecamere di sicurezza. (Stumm non ha voluto rilasciare commenti.)

Pubblicità

Pepper ha usato il post per diffondere informazioni sulle risorse meno usate dalle vittime di violenza sessuale nello stato di New York, incluse le spese mediche coperte dallo stato. Ha anche descritto il processo di denuncia per uno stupro. Secondo lo stesso articolo del New York Times, il Dipartimento di Polizia di New York ha recentemente tentato di velocizzare la procedura, ma l'esperienza di Pepper suggerisce il protocollo attuale ha ancora svariate mancanze. Dopo essere stata interrogata "come una criminale" nel corso di dieci ore da tre diversi turni di agenti, e aver assistito "al maneggio maldestro del kit per la raccolta delle prove di stupro, che veniva buttato in giro da un poliziotto", Pepper ha detto che un agente ha insinuato che lei fosse una "party girl", dicendole: "Lo sai che pentirsi di aver fatto sesso con qualcuno non è la stessa cosa che essere stuprate". Alla fine dei procedimenti, dieci ore dopo, Pepper non aveva idea di come sarebbe proseguito il lavoro sul suo caso. Quando ci siamo sentiti, una settimana dopo il suo post, non era ancora riuscita a mettersi in contatto con l'investigatore incaricato. Il NYPD ci ha confermato in separata sede che il caso è aperto e le indagini da parte della Squadra Vittime Speciali di Manhattan sono in corso.

Pepper era agitata perché le avevano appena comunicato che l'Happy Ending aveva dei filmati a circuito chiuso che la ritraevano mentre baciava e abbracciava l'accusato prima del presunto stupro; questo materiale, ha dichiarato un portavoce del locale al New York Post, indicava "consenso al novanta percento". In seguito a questa dichiarazione, il portavoce è stato licenziato. "È stato un vero shock", ha detto Pepper. "Non sono sicura di poter riconoscere il tizio. È davvero strano perché c'è un filmato di lui che mi tiene per mano e quindi non si tratta più di stupro da parte di uno sconosciuto."

Pubblicità

"Mi rendo conto che si possa avere un atteggiamento sensuale verso qualcuno, e questi possa oltrepassare il limite del consenso", ci ha detto Maurice Sercarz, avvocato dello studio Sercarz e Riopelle e professore di legge alla Fordham University School of Law. "Se c'è costrizione con la forza, si tratta di stupro, indipendentemente da quanto possa essere successo pochi minuti prima."

Eppure, Sercarz ammette che portare in tribunale un caso di stupro sia complicato, perché i procuratori distrettuali tendono ad agire soltanto quando sono abbastanza sicuri di ottenere una condanna. "La decisione di non presentare un caso o di non imputare nessuno da parte di un gran giurì non è necessariamente un verdetto sulla condotta della donna", ha aggiunto Sercarz, tracciando un collegamento con casi recenti in cui i gran giurì hanno deciso di non procedere contro degli agenti di polizia per crudeltà verso le minoranze. "Può anche semplicemente esserci un problema procedurale, una mancanza di prove. Non significa dare la colpa alla vittima."

"Il nostro sistema giudiziario prevede che le vittime presentino le prove del fatto che sono vittime", ha detto Leslie Dinkins, un'assistente sociale di Atlanta che lavora su casi di violenza domestica da più di un decennio. Questo sistema ha portato alla condanna di appena il due percento degli stupratori imputati, secondo la RAINN.

Forse il motivo per cui ci aspettiamo così tanto dalle vittime è la paura, ha ipotizzato Dinkins. L'ha chiamata "l'illusione della sicurezza", un'espressione mutuata da Gavin de Becker, autore di The Gift of Fear ed esperto di comportamenti violenti. Spiega Dinkins: "se non diamo la colpa alle vittime, siamo costretti a riconoscere che ci sono più violenti di quanti preferiamo credere. Non vogliamo credere alle vittime perché non vogliamo scoprire di essere stati fregati, o che non siamo al sicuro."

Pubblicità

La voce di Pepper tremava al telefono mentre mi diceva: "Riesco a malapena a tenermi a galla al momento. La gente mi chiede prove. La mia vagina è lacerata, la cervice infiammata, sono state fatte fotografie dei lividi che avevo su tutto il corpo. Non è un episodio di Law and Order Unità Vittime Speciali, questa è la mia vita". Poi ha fatto un respiro profondo. "Non mi pento di quello che ho postato su Facebook perché ha permesso ad altre persone di raccontare le proprie storie e sentirsi più forti. Ma forse avrei dovuto aspettare."

Poco dopo la nostra conversazione, l'Happy Ending ha rilasciato una versione tagliata del video di sorveglianza, chiamandolo "Le telecamere non mentono – la risposta dell'Happy Ending a Pepper Ellett la notte del presunto stupro". È accompagnato da un testo che confronta la versione di Pepper con quello che vediamo nel video: lei che parla con l'imputato, lo abbraccia e lo bacia prima e dopo essere stati nel bagno.

Un fotogramma del video di sorveglianza reso pubblico dall'Happy Ending in risposta alle accuse di Pepper Ellett

Il video è stato eliminato il giorno stesso, e il comproprietario dell'Happy Ending Max Levai ci ha mandato un'email di scuse per i "problemi di comunicazione". "I commenti rilasciati sia dal mio comproprietario e dal mio ex-responsabile della comunicazione negli ultimi giorni sono stati fuori luogo. Non riflettono la serietà con cui sto affrontando la situazione."

Pubblicità

La risposta difensiva dell'Happy Ending contrasta con la decisione del Bossa Nova di prendere le parti della presunta vittima. Eppure le loro reazioni così diverse fotografano perfettamente l'ambiguità delle responsabilità dei locali rispetto a questo tipo di avvenimenti. I bar e i locali non sono obbligati per legge a riportare episodi di violenza, e un portavoce del NYPD ha dichiarato a Gothamist che l'Happy Ending non avrebbe avuto l'obbligo di denunciare il proprio dipendente.

Eppure molti bar e locali prendono iniziative volte a creare spazi sicuri per i propri avventori. "Il pericolo è che se non denunciassero questi reati, il giorno o la settimana o l'anno dopo, se il dipendente aggredisse qualcun altro, ci sarebbero gli estremi per una responsabilità civile da parte dell'attività", ci ha spiegato Sercarz. Inoltre, questi episodi non fanno bene agli affari. Secondo un reporter di Jezebel, l'Happy Ending, che fu già vandalizzato in maggio con una scritta che diceva "Bruto" dopo che il comproprietario Teddy Perweiler fu arrestato per aver aggredito la sua fidanzata di allora Julia Fox nel locale, fosse vuoto nei giorni immediatamente successivi al post di Pepper su Facebook.

Graffiti davanti all'Happy Ending (Foto via Jezebel)

In luglio, molti dei locali e dei bar più in vista di Brooklyn insieme al NYPD hanno lanciato una campagna per la sicurezza chiamata #OutSmartBK. Secondo una portavoce, il progetto è stato lanciato per contenere la crescita dei reati nell'area nord di Brooklyn "in modo non allarmante" ed è iniziato quando il comandante del 90° distretto, il vice ispettore Mark DiPaolo, ha contattato il co-presidente di BBAR e operatore di The Woods David Rosen per entrare in contatto con il target giovanile della nightlife. La campagna è sostenuta da eventi e concorsi settimanali, ma il mezzo di diffusione principale è stato la rete, Instagram in particolare.

"I social media sono diventati un mezzo molto potente per il sostegno e il racconto delle vittime di abusi sessuali", ha dichiarato Chauntel Gerdes, un'assistente sociale affiliata a #OutSmartBK che è anche in prima linea con Project Envision, un'associazione che si è messa insieme all'organizzazione di assistenza sociale New York City Alliance Against Sexual Assault (Alleanza contro la violenza sessuale) per aiutare i locali a contrastare la violenza sessuale nella nightlife. Gerdes al momento sta sviluppando un programma di addestramento alla prevenzione della violenza per i baristi, che utilizza nozioni prese da professionisti del settore come promoter, proprietari di locali e DJ.

Gerdes indica anche siti come l'Anti-Violence Project, il Collective Action for Safe Spaces di Washington, Hollaback! e Callisto, che hanno creato nuovi modi per le vittime di documentare e denunciare le proprie esperienze con più trasparenza e sicurezza. Ma mette anche in guardia contro il vedere questi forum, o i social media, come una panacea per tutti i problemi profondamente radicati che stanno a monte della violenza sessuale nella vita notturna.

La proliferazione dei social media sta già cambiando il modo che hanno le vittime di parlare di stupro, e come la società risponde alle accuse. La tecnologia ha già fatto da megafono per Pepper e Mary, permettendo a entrambe le donne di attirare l'attenzione su problemi che cercano con grande impegno di risolvere, e simultaneamente mettendo in guardia altre donne dai presunti colpevoli. Scrive Pepper nel suo post: "Vorrei parlare del problema in termini generali, di sistema, perché il mio non è un caso isolato. Quali sono le condizioni che producono una situazione così diffusa? Cosa bisogna fare perché queste condizioni cambino?" Mary ha condiviso questo post sulla propria bacheca commentando: "YES. FACCIAMOCI SENTIRE. Bisogna finirla."

Nello stesso tempo, persistono dei problemi paralleli alla violenza sessuale nella vita nottura che l'immediatezza di Internet non può risolvere, anzi, nel caso di Pepper, con il tentativo dell'Happy Ending di ribaltare la sua versione degli eventi, rischia di rendere tutto più complicato. Senza un riferimento preciso per la responsabilità penale, bar e locali sono stretti tra interessi di affari, legali e morali, a volte vanno in contrasto tra di loro. La presenza ubiqua di droghe e alcol in questi ambienti finisce spesso per confondere i confini del consenso, rendendo ancora più difficile portare a processo questi casi. Quando donne come Mary e Pepper sono costrette a rivolgersi ai social media per reclamare il proprio status di vittime, è anche per via della sensazione che farsi sentire sia l'atto più efficace in una cultura dove ci sono poche altre strade da percorrere. Forse, come suggerisce Dinkins, "è importante togliere questa responsabilità dalle loro spalle e piazzarla con decisione su quelle della collettività".

*Nomi cambiati.