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Musica

L'EP di Omino è la cosa più strana che poteva venir fuori dall'underground garage punk

Garage? Industrial? Techno? Rockabilly? Solamente un veronese trapiantato a Berlino poteva osare tanto.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

A Noisey siamo degli zozzoni, non ci fa schifo niente, a parte le cose che fanno veramente schifo, ma quello che voglio dire è che come non abbiamo paura delle antisettiche e fredde superfici del pop più commerciale, non abbiamo nemmeno paura di sporcarci le mani e raggiungere le profondità dell'underground più fangoso e nascosto.

Non tutti sanno, anzi, sono abbastanza sicuro che, a meno che alcuni miei vecchi amici non stiano leggendo questo articolo, nessuno sa chi fossero i Virus, duo veronese attivo tra il 2008 e, boh, il 2014? Qualcosa del genere. Ma per i pochi che li hanno conosciuti e soprattutto visti dal vivo, sempre senza palco, sempre in stanzette anguste, in qualche posto sperduto immerso nella nebbia o in cima a una strada impervia, sono stati uno dei gruppi italiani più divertenti e stimolanti dell'ultimo decennio. Sono state scritte fior di elegie per i Virus e per la piccola scena che contribuivano ad animare, quindi non mi dilungherò in contestualizzazioni storiche, non siamo mica qui per fare una lezione di underground padano. Il fatto è che i Virus non esistono più: uno è andato a finire nei nostri amati Hallelujah!, mentre l'altro è diventato Omino.

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Omino è Francesco, uno che ha passato la vita a fare l'artista dal suo eremo di Concamarise (VR), un luogo che solo a pronunciarne il nome mi viene voglia di comprare una pistola e usarla per cacciare i capelloni e i 'stracomunitari dal bar del paese. Ha dipinto, scolpito e suonato prima nei Kill Kalasnicov, altra formazione ingiustamente dimenticata, poi nei Virus e infine si è trasformato in Omino. Omino fa tutto da solo con una batteria sfondata e una chitarra modificata per farla suonare più metallica e abrasiva possibile—suonando entrambe le cose contemporaneamente, una per mano. I testi? Sono piuttosto sicuro che, come quelli dei Virus e degli Hallelujah!, non esistano: un tributo all'incomunicabilità della bassa veronese, dove se parli parli in dialetto, ma comunque è meglio se stai zitto e bevi.

Dopo una prima cassetta uscita per l'etichetta di casa Depression House Omino si trasferisce a Berlino e lì, tra un lavoro di merda e l'altro, registra il secondo capitolo, che potete ascoltare per la prima volta qua sotto. È un EP di sei tracce interamente autoprodotte, dal suono scarno ma devastante, una specie di ibrido tra garage punk trash di scuola Crypt e aspre sonorità industrial. La chitarra suona come una lastra di alluminio percossa da una molla, la batteria è al limite tra minimalismo e incompetenza, i riff sembrano figli bastardi di rockabilly e techno hardcore. Insomma, avete capito di che cosa stiamo parlando: musica totalmente originale, totalmente autoprodotta, distribuita in cassetta brevi manu a una ristretta cerchia di fanatici e disturbati. Non voglio dire che sia una garanzia di qualità, quella ve la dò io con quello che ho scritto finora, ma è un bel bonus fascino e una bella storia da raccontare quando qualcuno, curiosando per casa vostra e trovando questa cassetta, vi chiederà: "E questa che cazzo è?"

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Potete acquistare la cassetta contattando Depression House records su Facebook o tramite l'email depression.house@gmail.com, oppure di persona al concerto post-natalizio di Dots e Bee Bee Sea al Colorificio Kroen di Verona, lunedì 26 dicembre.

Ascolta l'EP di Omino qua sotto e ama il tuo stramboide locale, potrebbe essere un genio.

Giacomo è su Twitter: @generic_giacomo.

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