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Música

Un tempo il Brasile protestava col rock psichedelico

E in prima fila c'erano Gilberto Gil e Caetano Veloso.

Os Mutantes e Gilberto Gil, 1967 circa. (Foto per gentile concessione dell’archivio Iconographia)

Il 28 marzo 1968 gli student di Rio de Janeiro hanno iniziato a protestare contro il caroprezzi della mensa studentesca Calabouço. Il regime militare, instauratosi da un precedente colpo di stato, era al quarto anno di potere e la linea dura dei presidenti Costa e Silva aveva iniziato a prendere piede. Durante le proteste, uno studente adolescente di nome Edson Luis fu ucciso da un colpo di pistola al petto esploso dalla polizia, che era intervenuta per disperdere i manifestanti. Nella veglia per la sua morte ci furono diverse manifestazioni anti militari in tutto il Brasile, di cui la più grande si dice sia stata la Marcia dei Centomila, tenutasi a Rio il 26 giugno dello stesso anno.

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A guidare la marcia vi erano artisti dell’intellighenzia brasiliana, inclusi due giovani musicisti di Bahia, Gilberto Gil e Caetano Veloso, parte dell’avanguardia della Tropicália—un movimento di controcultura artistico e musicale emerso nel 1967 come reazione all’elitarismo dogmatico della sinistra, l’autoritarismo dei militari e il liricismo disinteressato della bossa nova. Influenzati dai Beatles e dai Rolling Stones—ma creando un amalgama tra il rock’n’roll e la musica folk del nord-est del Brasile—Gil e Veloso, insieme a Tom ZéGal Costa e Os Mutantes, hanno creato uno stile d’avanguardia, fortemente ispirato dalla antropofagia culturale—“nutrirsi” delle idee altrui.

Il movimento è durato solo un paio d’anni prima di essere represso dai militari. Con l’introduzione del decreto estremo chiamato Atto Istituzionale Numero Cinque, Caetano e Gil finirono in galera, in mezzo a una piena di condanne e torture ai danni di migliaia di persone, tra cui uomini di sinistra, attivisti e studenti. Quest’era di persecuzione ha riguardato anche la ribelle marxista e attuale presidente del Brasile, Dilma Rousseff, che—45 anni dopo—si trova al centro di un dissenso nazionale alimentato da servizi pubblici inadeguati, corruzione governativa e quel che molti definiscono un eccessivo dispendio di denaro pubblico per i prossimi Mondiali e Olimpiadi.

Tropicalia, inteso come movimento, è considerato ormai estinto, ma l'idea resta viva. Marcelo Machado, regista brasiliano adolescente nel momento di apice di Tropicalia, ne offre un tributo con il suo nuovo documentario, Tropicalia. L’ho chiamato per capire qualcosa di più di questo movimento.

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La band Divino Maravilhoso. (Foto per gentile concessione di Paulo Salomao)

VICE: Ciao Marcelo. Come si sta a San Paolo ora? Cosa ne pensi delle nuove proteste?
Marcelo Machado: Il nuovo governo non ha cambiato il modo di gestire la politica, e gran parte dei politici non rappresentano veramente gli interessi di chi li ha eletti. A loro importa solo dei propri interessi e di quelli delle aziende. Alcuni programmi sociali hanno creato migliori condizioni di vita per i più poveri, ma non posso essere d’accordo con la spesa di milioni per eventi che non cambieranno veramente la vita dei brasiliani, invece di combattere la corruzione. Non possiamo diventare un Paese davvero sviluppato, se andiamo avanti a panem et circenses.

Chiaro. Tornando indietro di qualche anno, possiamo parlare del clima politico in cui è nato Tropicàlia?
Negli anni Cinquanta avevamo un sogno di modernizzazione: lottavamo duramente per costruire la nostra democrazia—e stiamo lottando tuttora, in nome di una democrazia stabile. Il presidente Juscelino Kibitschek [che ha guidato il Brasile dal 1956 al 1961] era un uomo molto moderno. È a lui che si deve la costruzione dell’attuale capitale, Brasilia. Il suo successore Joao Goulart, che aveva idee di sinistra, ha subito un colpo militare nel 1964. I militari avevano paura del comunismo.

Ciò nonostante, nel periodo tra il 1964 e il 1968, hanno lasciato un po’ di spazio all’opposizione, perché scendesse nelle strade. Ma alla fine del 1968, hanno tolto ogni diritto civile, represso ogni protesta e avviato la censura della stampa. Mettevano gente in galera e torturavano i “nemici”. Il sogno di un Brasile moderno è improvvisamente morto. Il mio film documenta esattamente quel periodo, quando la giunta militare ha eliminato ogni forma di opposizione libera.

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Edson Luis è stato ucciso in quel periodo. Qual è stato l’impatto dell’incidente?
Era il 1968, sì. Edson stava protestando contro la condizione della mensa degli studenti [Calabouço] a Rio, quando un poliziotto gli ha sparato e l’ha ucciso. La sua morte e i suoi funerali hanno portato migliaia di studenti nelle piazze, in una serie di cortei che culminati nellla Marcia Dei Centomila a Rio, che è considerata una delle ragioni principali per l’introduzione del AL-5 [Atto Istituzionale Numero Cinque, un decreto militare che annullava la Costituzione nazionale].

Os Mutantes a un concerto alla Fundação Padre Anchieta, un’organizzazione brasiliana per programmi educativi alla radio e in televisione, 1969.

Credi ci siano punti di contatto tra la Marcia dei Centomila e le attuali proteste iniziate dal Movimento Biglietto Gratis?
Ci sono alcune somiglianze. La protesta a cui aveva preso parte Edson era sul prezzo del cibo, e ora gli studenti contestano i trasporti: in entrambi i casi si chiedono migliori condizioni di vita. E quanto avviato dagli studenti è rapidamente passato a diversi segmenti della nostra società. Ma è importante ricordare che sono passati 45 anni e il Brasile ora è una democrazia. Quindi le manifestazioni di adesso hanno un contesto politico completamente diverso.

È interessante notare che la sinistra di allora era contro i tropicalisti. Come mai?
Quelli che potremmo chiamare “di sinistra” erano impegnati in un movimento politico contro la dittatura militare; facevano musica carica di ideali politici, con testi esplicitamente di sinistra. I tropicalisti non erano d’accordo con la sinistra tradizionale, non volevano fare con i loro testi quello che facevano i nazionalisti e i comunisti—parlare solo di povertà e di rivoluzione. Il punto di vista dei tropicalisti era più complesso, forse erano più vicini alla sinistra, ma dicevano “Bisogna capire che il mondo non è solo destra e sinistra.”

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Era una posizione veramente all’avanguardia, se consideri che stiamo parlando degli anni Sessanta. Era l’epoca della Guerra Fredda e c’era una forte dicotomia nel modo di vedere il mondo, in termini di destra e di sinistra. Quello di cui parlavano i tropicalisti era davvero difficile da capire per i brasiliani. Quando Caetano e Gil sono stati messi in prigione, anche i nazionalisti e i comunisti erano sorpresi, perché credevano che sarebbe toccato a loro. Oggigiorno, la nostra interpretazione è che forse i militari non fossero contro il comunismo in sé, ma contro la “controcultura” e le persone con atteggiamenti diversi, che potevano essere visti come una minaccia.

Gilberto Gil e Caetono Veloso (prima fila al centro) alla Marcia dei Centomila. 

Possiamo approfondire il concetto di antropofagia culturale? Ha influenzato Tropicalia, vero?
È l’idea di mangiare l’altro—le idee di un altro—per diventare più forte. Gli indiani [Tupi] mangiavano i coloni portoghesi, per diventare—secondo le loro credenze—più forti. L’analogia dell’antropofagia culturale era che potevi mettere tutte le virtù degli stranieri dentro di te.

Mettere tutte le virtù degli altri dentro di te?
Sì. È un’idea interessante. Per esempio, io sono sposato con una donna cinese,  quindi sto mischiando la mia influenza brasiliana con l’influenza di questo forte popolo straniero, i cinesi. Quindi, a volte, credo di star facendo la stessa cosa nella mia vita. A volte le persone tendono a credere che dato che i cinesi vengono in Brasile, con i loro prodotti a basso prezzo, la nostra industria crollerà. Ma io dico di no; loro sono le nuove influenze, la nuova gente con cui dobbiamo mischiarci per diventare più forti e provare a trovare la nostra identità in questo mondo nuovo. Questa è l’idea.

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Forse è proprio di questo che avevano paura i militari, no?
Ah, sì. È certamente una delle cose di cui avevano più paura.

Il trailer di

Tropicália

.

Puoi spiegare le differenze culturali ed economiche tra Bahia, luogo di nascita di Tropicalia, e Rio, quello della bossa nova?
Gilberto Gil, Caetano Veloso, Gal Costa e Tom Zé vengono tutti dallo stato di Bahia, nel nordest del Brasile, e si sono incontrati a Salvador quando erano studenti. Salvador è il centro della cultura afro-brasiliana; è una città nera con l’eredità degli schiavi dall’Africa. Nella campagna di Bahia c’è anche la cultura folk del sertão delle regioni aride dove i contadini lavorano in condizioni davvero difficili. Rio de Janeiro, invece, è una realtà completamente diversa: è il paradiso—questa spiaggia urbana, la vecchia capitale del Brasile coloniale. Vorrei anche aggiungere una terza città all’equazione, San Paolo.

Negli anni Cinquanta, il Brasile ha iniziato a modernizzarsi e l’industria d’auto stava rendendo San Paolo la capitale economica. In Tropicalia, ci sono questi giovani da Salvador che si sono trasferiti a sud di Rio e hanno iniziato a vedere un nuovo Brasile. Poi, durante il periodo tra il ’67 e il ’69, sono scesi a San Paolo, dove stava nascendo la televisione e dove l’industria d’auto stava diventando veramente importante. A quel punto hai la storia di quelli che sono arrivati da Bahia a Rio—il posto della vita serena, facile: la terra della bossa nova. Poi se ne vanno a San Paolo, nevrotica e intensa.

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Per questo dico che Tropicalia si carica di tutti questi diversi aspetti di Brasile, esprimendo tutte le contraddizioni. Quando sono andati a San Paolo, hanno incontrato Os Mutantes, pionieri del rock’n’roll in Brasile, e sono stati abbastanza sensibili da mescolarsi con questi giovani rocker, per poi dirci, “Ok, la musica brasiliana adesso deve avere tutte le influenze e le eredità del nord-est, insieme alle influenze dall’estero.”

Puoi parlarmi un po’ di un’altra parte dell’eredità del nordest—la cultura folk di Pernambuco?
Dopo il periodo della canna da zucchero, durante l’epoca coloniale, lo stato di Pernambuco si è concentrato su se stesso per molti anni. Combinava le tradizioni cattoliche e afro-brasiliane con molte espressioni della cultura contadina. La ciranda [danze in cerchio e canti] e i maracatù [musica forte di percussioni e balli] sono solo due di questi generi. Quindi il Pernambuco era la risorsa segreta di molte delle tradizioni adottate più tardi a Bahia, come il frevo, un altro genere musicale che influenzato i trio elétricos, i carri musicali che portano migliaia di persone a ballare prima nelle strada del carnevale di Salvador, poi in tutto il Brasile.

Caetano Veloso al programma tv Divino Maravilhoso. (Foto per gentile concessione di Paulo Salomao) In merito ai testi, in cosa si differenziava Tropicalia dalla bossa nova?
C’è questo pezzo molto famoso di bossa nova che si chiama, “Amore, un sorriso e un fiore”. Tutto nella bossa nova è romantico e carino—la gente canta del mare, della spiaggia e della giovane e bella ragazza di Ipanema, hai presente? Nelle canzoni di Tropicalia, senti cantare del Brasile povero. Sì, magari ci trovi anche una bella spiaggia, ma ci sarebbero bambini poveri e affamati. Era, ed è, un ritratto molto più accurato del Brasile.

Sì, Caetano Veloso ha fatto una parodia di “Strawberry Field Forever” come “Sugar Cane Fields Forever”, no?
Parlava di colonialismo, perché la canna da zucchero rappresenta il vecchio Brasile. Prima eravamo la terra del legno, poi dell’oro, poi la canna da zucchero, poi il caffè. Al tempo di quella canzone, stavamo iniziando a fare macchine e costruire Brasilia, una città che esprimeva la nostra idea di come dovrebbe essere la vita moderna. Quindi quando parlava di campi di canna da zucchero, parlava degli aspetti della nostra cultura che resistevano [ai cambiamenti]. Il Brasile si è sempre basato su beni primari, ancora oggi, con la carne e la soia. Il Brasile sta ancora lottando per diventare una nazione moderna, per avere un’industria di servizi. La ricchezza è ancora basata sulle materie prime, come lo era la canna da zucchero ai tempi. Quando questo vecchio Brasile finirà, saremo moderni.

Per chiudere, dove credi che porteranno queste proteste?
Questa è la domanda che si pongono molti brasiliani in questi giorni. La mia opinione è che i cambiamenti di cui abbiamo veramente bisogno non arriveranno presto. Anche se siamo un Paese democratico, molte delle nostre cattive abitudini che risalgono alla colonizzazione sono tuttora presenti nella società. È un’eredità che arriva dalla colonizzazione portoghese, che basava l’economia sulla schiavitù—con regole che tutelavano i privilegi di pochi—e su una forte mentalità cattolica. Non cambieremo mentalità e atteggiamenti che ci trasciniamo da cinque secoli in cinque anni. Stiamo solo iniziando a fare i primi passi, e sono contento che i giovani vogliano andare più in là.

Le attuali proteste in Brasile sono molto meno melodiose:

Anche San Paolo brucia