Individuale, perché quale sia stata la propria posizione in rapporto ai Club Dogo, questa dice molto sul tipo di persona che eravamo e che volevamo essere. C’erano motivi precisi per cui chi ascoltava i Club Dogo li ascoltava, e motivi altrettanto precisi se chi non li ascoltava se ne teneva a distanza e magari li dileggiava. Inoltre, tutti questi motivi avevano solo parzialmente a che fare con la musica.Collettivo, perché prima dei Club Dogo il rap in Italia si faceva in un modo e da Mi Fist in poi si è iniziato a fare in un altro. Dopo l’uscita di questo disco, che ridà vigore ad una scena mai del tutto ripresasi dall’addio alle scene di Neffa con Chico Pisco, la prima generazione di rapper italiani—brutalizzando un po', quella legata alle posse, che vedeva il rap come epifenomeno della sinistra extraparlamentare—ha ceduto, o meglio è stata costretta a cedere il testimone a questi tre giovani rampanti di nome Guè Pequeno, Jake La Furia e Don Joe (nel 2003 Guè detto il Guercio ha 23 anni, Jake detto Fame ne ha 24, Joe detto Joevanni ne ha 28).L’importanza che i Club Dogo hanno avuto nella storia della musica italiana si articola su due livelli allo stesso tempo: un piano individuale e un punto di vista collettivo.
I Club Dogo hanno spaccato a metà il rap italiano, creando una frattura così profonda all'interno della scena che l'eco si sarebbe riverberata negli anni a venire. I puristi legati alle posse li odiavano perché erano troppo giovani e individualisti, i giornalisti perché materialisti e sessisti e persino i vecchi fan, disco dopo disco, avrebbero iniziato a odiarli rinfacciandogli di essersi "venduti" e di aver adeguato il loro stile "al mercato". L'accusa degli ex fan è diventata prima un meme, poi il titolo di un loro disco, Non siete più quelli di Mi Fist (2014), a oggi l’ultima fatica discografica dei tre.Tutti questi conflitti con la vecchia scuola, con la stampa e con i delusi sono riassunti dalle parole dello stesso Guè Pequeno in una preziosa intervista di dieci anni fa, che fornisce un quadro molto fedele del clima rovente che si respirava allora. All'epoca, il Guercio aveva dissato pesantemente Militant A di Assalti Frontali all'interno della canzone "Middle Finger" e la giornalista Marta “Blumi” Tripodi gliene chiede conto.“Nel 2003 ho fatto il mio primo CD rap
È per questo che probabilmente ora esisti te
Rime nuove, flow nuovo, basi grasse
Lo stai ancora copiando e nemmeno dici grazie"(Guè Pequeno, Dogofiero, 2009)
Possiamo tranquillamente affermare che quell'incessante gatekeeping portato avanti in modo compatto era il figlio sano di un contesto musicale chiuso e sclerotizzato, lo stesso in mezzo al quale i Dogo sono riusciti ad aprirsi un varco a colpi d'ariete, modificandone per sempre il DNA.Parlare di Mi Fist in ogni modo è difficile, perché se n’è parlato fino allo sfinimento e perché è poi diventato l’irraggiungibile e idealizzata pietra di paragone di ogni singolo disco che i Dogo avrebbero pubblicato dal 2003 in avanti; lo spartiacque tra vecchia e nuova scuola in Italia. Gli undici anni che separano un pezzo come "Sfida il buio" (1992) di Speaker DeeMo da "Kyobo ni Tsuki" (2003) pesano come macigni, mentre tra "Kyobo ni Tsuki" e un banger contemporaneo a caso come "Ti levo le collane" (2020) dello stesso Guè sembrano passati pochi mesi, non diciassette anni.“Io sono Jake e non sono mai stato un b-boy
Non sono più quello di MI Fist, quindi? Cazzo vuoi?”(Club Dogo, Voi non siete come noi, 2010)
Gli ingredienti sono gli stessi almeno per i due dischi successivi del trio. La ricetta di Mi Fist sarà replicata, in forma appena più diluita, tanto in Penna Capitale (2006) quanto in Vile Denaro (2007), due dischi più politici di quanto i detrattori siano mai stati disposti ad ammettere già allora.In Penna Capitale si trova una canzone che da sola avrebbe fatto cadere le accuse rivolte ai Dogo di non “rappresentare il vero hip hop”, o almeno le avrebbe fatte cadere se quelle accuse fossero state meritevoli di analisi ragionate: “Cani Sciolti 2006” è una rivisitazione contemporanea della storica traccia dei Sangue Misto, che ottenne addirittura il beneplacito di Deda che non a caso figura come co-produttore del pezzo assieme a Don Joe. Ovviamente, la canzone non ottiene però il lasciapassare di Gruff, che ne farà un punto d’onore e negli anni non perderà occasione di dire peste e corna dei Dogo in ogni momento, beccandosi anche un dissing nel 2009.“Vivo a Milano da quando Dio m'ha sputato quaggiù
Finché il cuore non batte più dalla strada nella tv
Déjà vu se vi sento rimare solo di bamba,
Zio, ho fatto il coca-rap prima dei rapper ad Atlanta”(Club Dogo, Puro Bogotà, 2007)
Due le novità di rilievo. La prima è che Dogocrazia contiene un’altra hit dei Dogo che spopola fuori dall’underground, “Sgrilla”, che si imprime nelle orecchie grazie ad un ritornello particolarmente kitsch.La seconda novità è che la politica è completamente scomparsa dall’orizzonte lirico, Dogocrazia è un disco di banger, materialismo e amore sofferto, e che disco! Dentro ci sono featuring leggendari (Kool G Rap, Infamous Mobb) e cose altrettanto leggendarie che sono rimaste per motivi diversi, come ad esempio il singolo "Ragazzi fuori", che è ricordato soprattutto per la delirante strofa di Karkadan (KARRRRKADAN!) e per il video con i quod.Due le novità di rilievo su Dogocrazia: “Sgrilla”, la hit che spopola fuori dall’underground, e la scomparsa dall’orizzonte lirico della politica.
Una critica insistente che i Club Dogo hanno ricevuto lungo tutto l'arco della loro parabola artistica è quella di essere borghesi, e di non poter quindi "parlare di strada". A questa critica Guè ha risposto in maniera molto lucida nella sua autobiografia, "Guérriero" (2018): “Non promuovo un'adolescenza difficile, una finta criminalità eccetera, ma sono più vero di te! Le mie esperienze di vita sono uniche e le mie liriche sono sempre una cronaca, non sentirai mai che ti vendo un kilo, ma piuttosto che nella stanza ci lacrimano gli occhi dalla quantità di merce che c'è sul tavolo, non dirò mai che ti sparo in faccia, ma che mio fratello ha la glock sotto il sedile.”Che bello essere noi è sicuramente il disco più eretico del trio.
Il video è molto crudo e mostra Guè, Jake e Noyz Narcos pallidi e zombificat e Ricorda da vicino “Pane e merda” dei Truceboys, altro video particolarmente truculento di qualche anno prima. Il disco successivo, “Noi siamo il club” (2012) è quello della definitiva svolta commerciale: “Sto lontano dallo stress, fumo un po' e dopo gioco a PES”: il contagioso ritornello di Giuliano Palma fa schizzare la canzone “PES” in cima alle classifiche. Per parlare di “PES”, di quello che rappresentò e significò per i Club Dogo, può essere utile citare una strofa di Guè da “Weekend”, uno dei singoli del disco successivo dei Dogo, Non siamo più quelli di Mi FIST (2014): “Dopo più di 70 mila singoli di PES tu dimmi chi è che sbanca / e passa dalla panca agli zeri in banca”. Programmatico già dal titolo, Non siamo più quelli di Mi Fist è un album cupo, intimo e introspettivo in cui Il Guercio, Fame e Don Joe fanno i conti con il successo, che finalmente, dopo averlo inseguito per tanti anni, è arrivato per davvero.“Per la gente” è il manifesto dei Club Dogo, tanto che con questa canzone i tre realizzano una vera e propria autoinvestitura: sono stati eletti portavoce dalla "gente" e sono pronti a reggerne il testimone.
Ad oggi, Non siamo più quelli di Mi Fist è il disco che mette il punto e virgola al progetto di Guè Pequeno, Jake la Furia e Don Joe—e, tuttavia, la loro ultima canzone, almeno per ora, è “Status Symbol”, un pezzo del 2015 sul disco Ora o mai più di Don Joe, con un video allegorico e introspettivo che sa di interruzione di un cerchio. In mezzo a tutto questo c’è stato tanto altro: oltre ai dischi solisti di tutti e tre, tanti featuring sparsi nel corso degli anni che rischiano di essere dimenticati. Vale però la pena citarne almeno quattro, per quanto rimanga una lista personale e parziale: la mega posse track Roccia Anthem con la Dogo Gang al gran completo, la connection tra i Dogo e i leggendari Primo (RIP) e Squarta, questo banger letale in un disco di Bassi Maestro e un grande e cupo classico con Kaos One.Ad oggi, Non siamo più quelli di Mi Fist è il disco che mette il punto e virgola al progetto di Guè Pequeno, Jake la Furia e Don Joe.
È stato allora che ha iniziato a formarsi in me il germe di un pensiero che avrei compiutamente compreso solo più avanti: non c’è soltanto “un” vero Fabri Fibra, ce ne sono tanti quanti i dischi da lui pubblicati. Per la stragrande maggioranza del pubblico, forse per chiunque, non c’è molta differenza tra l’artista e l’artista percepito. Ciascuno di noi vive la sua personale golden age, e ha davvero poco a che fare con quante canzoni belle ci fossero nei dischi che ci piacevano: è più una cosa che riguarda le risate a denti stretti tra i banchi del liceo, durante le lezioni.Tendiamo spesso a far coincidere la nostra età dell’oro individuale con il periodo di massimo splendore degli artisti.
Forse perché il probabile arrivo di Fastlife Mixtape vol. 4 di Guè Pequeno ha riacceso i fuochi della nostalgia e, insieme, del desiderio di un nuovo featuring tra lui e Jake, che non collaborano dal 2014: La Furia non figura tra le numerose collaborazioni del recente Mr. Fini così come Il Guercio è assente dal disco 17.Incalzati da Antonio Dikele di Esse Magazine, Guè e Jake sono recentemente tornati a parlare dei Club Dogo, benché in due interviste separate. Dopo aver girato un po' intorno all’inevitabile domanda su una eventuale reunion, i due alla fine hanno risposto con l'imbarazzo circospetto e vagamente formale con cui si parla di una storia d'amore finita (finita?) in modo teso: “Per ora non ci sono piani, ce l’hanno chiesto per dischi di altri ma abbiamo sempre detto no, in futuro chi può dirlo.”—Don Joe, nel frattempo, ha continuato a collaborare separatamente con entrambi.In ogni caso, la vera ragione per cui sto scrivendo questo pezzo è il desiderio che, una volta pubblicato, Guè, Jake e Joe possano leggerlo e commuoversi dopo aver ripercorso le tappe di quel che sono stati, decidendo poi di rivedersi tutti insieme in memoria dei vecchi tempi. Poi, si sa che da cosa nasce cosa...Detto questo, scrivere LA storia dei Club Dogo è un’impresa impossibile per una persona sola: mio malgrado, me ne sono accorto proprio nel tentativo di fissarla sullo schermo, aggrappandomi a quell’articolo determinativo, “la”. Mano a mano che andavo avanti nella scrittura, mi rendevo sempre più conto che tutto il materiale a mia disposizione continuava a lievitarmi tra le mani ingigantendosi a dismisura, e anche adesso, a monografia finita e da consegnare, continuano a venirmi in mente tutte le cose che avrei potuto aggiungere a questo pezzo per renderlo più completo, “definitivo”: era la mia ambizione, quando ho iniziato a comporlo.Tuttavia, le cose hanno iniziato ad andare meglio, e io a digitare in modo più rilassato, solo quando ho capito che avrei dovuto ridimensionare decisamente le mie ambizioni: con la redazione abbiamo deciso di chiamare questo pezzo “una” storia dei Club Dogo, perché ognuno di noi potrebbe—dovrebbe—scrivere la sua ed è solo sommandole tutte quante che potremmo forse ottenere il punto fermo, la fine. La Storia.Segui Noisey su Instagram, Twitter e Facebook."La città è MI
Siamo cresciuti con in tasca la scaglia
E se ti chiedono chi ho dietro alla spalla tu di' Guè P.
Chi ci sta contro è solo gente che sbaglia,
E se ti chiedono chi è il capo in Italia tu di' Club D."(Dogo Gang, Roccia Anthem Freestyle, 2005)