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Se odii il tuo lavoro, la storia della Nonna-Manager di Lecco ti farà cambiare idea

Quando vi capita di odiare il vostro lavoro, pensate che potrebbe andarvi peggio. Potreste lavorare per Maria Cristina Gilardoni, la Nonna-Manager di Lecco che maltrattava, umiliava e tirava oggetti ai dipendenti.

Tutti, prima o poi, arrivano a dire—anche solo una volta, sottovoce, o magari tutte le mattine appena suona la sveglia—di odiare il proprio lavoro. Le giornate storte capitano e in generale a nessuno piace fare per ore cose che normalmente non farebbe se non gli venissero retribuite. Ecco, quando vi capita di fare pensieri di questo tipo e credete di fare il lavoro peggiore del mondo, ammesso che siate così fortunati da averne uno, vi consiglio di dedicare un minuto a pensare che potrebbe andarvi molto peggio. Alla Gilardoni Scientific Industry credo che fino a poco tempo fa questo pensiero fosse comune.

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Non so perché l'ho fatto, probabilmente per una combinazione di noia e radicalismo, fatto sta che nelle ultime settimane mi sono appassionato alle vicende di quest'azienda di Lecco e ne ho seguito le tappe come se stessi guardando una serie su Netflix. Fondata nel 1947 da Arturo Gilardoni, la Gilardoni Scientific Industry produce apparecchiature a raggi X per impianti di sicurezza e ospedali ed è leader nel settore. Ma potrebbe avere anche altri primati un po' meno rosei.

Negli ultimi due anni, circa la metà dei dipendenti della Gilardoni ha lasciato l'azienda. Nel 2015 si sono dimessi in 59, mentre quest'anno già più di 30 dipendenti hanno lasciato il lavoro: 18 si sono dimessi, quattro sono stati licenziati, altri quattro si sono messi in malattia a tempo indeterminato e tre non hanno superato il periodo di prova. E non è che l'azienda stia tagliando il personale, anzi, il settore è in espansione. Il motivo di tutte queste dimissioni, a leggere i giornali, sarebbe uno solo: la proprietaria. L'83enne Cavaliere del lavoro Maria Cristina Gilardoni, figlia del fondatore.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera—che negli articoli che ha dedicato alla questione l'ha già soprannominata la "Nonna manager"—da qualche anno a questa parte il comportamento di Maria Cristina Gilardoni avrebbe finito per creare un ambiente di lavoro non propriamente idilliaco. Nel corso del tempo, infatti, i dipendenti avrebbero subito "insulti, vessazioni, lancio di oggetti e anche mani addosso" tanto che alla questura di Lecco sarebbe arrivato materiale sufficiente da giustificare un'indagine al riguardo.

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"Sarebbe lungo l'elenco degli episodi, le dico solo che un giorno, quando già non facevo quasi più caso agli insulti, mi sono sentita pizzicare violentemente un braccio. E un'altra volta ho schivato un oggetto che la signora mi aveva lanciato addosso," ha raccontato una ex dipendente dell'azienda al Corriere. Alla fine la dipendente, dice, è stata ben felice di andarsene.

Altri dipendenti hanno confermato esperienze simili. Persone che vengono assunte e si dimettono dopo un quarto d'ora nel loro primo giorno lavorativo. Dipendenti che chiedono di poter andare al funerale di un collega e si sentono rispondere che ci può andare una sola persona per reparto. La titolare che si rapporta ai dipendenti "minacciandoli, insultandoli e denigrandoli" e "attivando nei confronti di alcuni di loro procedimenti disciplinari con irrogazione di gravi sanzioni e conseguente licenziamento, in alcuni casi inducendo il lavoratore stesso a dare le dimissioni."

"Ormai sappiamo che tutto quello che si racconta è vero e ci ritroviamo con decine di nuovi disoccupati, persone che decidono di dimettersi senza avere alcuna alternativa per chiudere con quella vita," ha detto sempre al Corriere Riccardo Fasoli—sindaco di Mandello, il paese di circa 10mila anime in provincia di Lecco dove ha sede l'azienda. "Molti sono in carico ai servizi sanitari per le conseguenze dello stress psicologico."

Ovviamente tutto questo ha impattato anche sui risultati dell'azienda, che negli ultimi tempi si è ritrovata con un sacco di ruoli scoperti e altri ricoperti da persone provenienti da altri reparti. Perché "ormai si sa come vanno le cose lì dentro e [ai colloqui] non si presenta più nessuno," ha spiegato il delegato della FIOM di Lecco Fabio Anghileri.

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Per far fronte alla situazione, la stessa famiglia Gilardoni si è mobilitata nel tentativo di togliere l'azienda alla "Nonna manager" prima che potesse rovinarla del tutto. Il nipote e socio di minoranza Andrea Ascani Orsini le ha fatto causa, imputandole la "distruzione del valore di impresa." Lo scorso 16 ottobre il tribunale gli ha dato ragione, rilevando "disagio organizzativo, negligenza, irragionevolezza dell'organo gestorio" e "dispersione del capitale umano."

Alla nonna manager è stato anche notificato un avviso di garanzia che ipotizza il reato di maltrattamenti per le "reiterate vessazioni ed aggressioni fisiche e psichiche ai danni dei dipendenti." Il tribunale ha poi disposto che la gestione della società passi al figlio Marco Gilardoni—che ne era già stato direttore generale, prima (ahem) di dimettersi.

Infine, l'ultimo episodio di questa assurda vicenda: il giorno dopo essere stata esautorata da ogni potere, Maria Cristina Gilardoni ha varcato il cancello della sua azienda di buon mattino come suo solito. Secondo le testimonianze, "già a metà mattinata, sono filtrati racconti di faldoni di documenti scaraventati e di una litania di improperi indirizzati ai 'giudici comunisti'" e al figlio. Dal mattino seguente non è stata più fatta entrare. Secondo le testimonianze è rimasta chiusa fuori dai cancelli della sua azienda a prendersela con i giardinieri.

Cosa possiamo imparare da questa storiella edificante? Qualche verità ovvia su come la prosperità di un'azienda sia strettamente legata al benessere dei suoi dipendenti, forse. O forse semplicemente che c'è sempre chi sta peggio e che per trovarlo non serve nemmeno andare così lontano.

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