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Rap, vestiti e templari: la storia dell'ultimo 'movimento' giovanile di Milano

La storia di Templargang$, un gruppo a metà tra una "gang" di strada e una società segreta di cui a inizio Duemila hanno fatto parte centinaia di giovani milanesi—incluso il sottoscritto.

Uno dei raduni di T$ in piazza del Duomo. Grab via

Quando ho iniziato ad ascoltare rap e a interessarmi a quella sottocultura era un periodo molto difficile sia della mia vita sia di quella del rap in Italia. Eravamo a inizio Duemila, la prima età aurea del rap italiano era già dimenticata e l'esplosione che stiamo vivendo oggi era ancora ben lontana. Di fatto, il rap in Italia non esisteva. E Milano non faceva eccezione.

La generazione precedente aveva avuto il muretto—che, come dice il nome, era un muretto di cemento in San Babila che per un periodo era stato un punto di ritrovo della primissima scena rap milanese, quella dei Club Dogo e degli Articolo 31. Quando siamo arrivati io e quelli della mia generazione, però, il muretto non esisteva già più e la scena sembrava morta e sepolta con lui. Non c'erano concerti, non c'erano serate, non c'erano luoghi di aggregazione in cui conoscere altre persone accomunate dalla stessa passione. A risolvere questa situazione e a riempire questo vuoto sarebbe stato, ironia della sorte, un negozio di vestiti: la HoboEtc di Trenno, periferia nord-ovest di Milano.

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La HoboEtc stampava e personalizzava magliette. La sede era un buco in un quartiere periferico privo di servizi e mal collegato al resto della città—tutt'altro che il luogo ideale dove aprire un'attività. Eppure, il negozio era nato da un computer, una stampante, una pressa a caldo e diversi scatoloni di magliette colorate. A quel punto mancava solo una cosa: la clientela. E per procurarsela il proprietario e unico dipendente della HoboEtc, Apollo [il nome è stato cambiato dietro sua richiesta per tutelare la sua privacy], aveva avuto un'idea che, anche se non avrebbe salvato il suo negozio, si sarebbe rivelata fondamentale per salvare la scena rap di Milano.

Apollo aveva parlato per la prima volta del suo progetto ad alcuni ragazzi del quartiere nel 2007. L'idea era quella di creare un "movimento" giovanile aggregando quanti più ragazzi possibile, dando loro dei segni di riconoscimento e un forte senso di appartenenza a una comunità. Il perno di questo senso di appartenenza e di questa nuova identità di gruppo sarebbe stato proprio il rap—sia perché ne erano appassionati lo stesso Apollo e i suoi primi collaboratori, sia perché appunto in quel periodo la scena rap aveva un bisogno disperato di unità e senso d'appartenenza.

Così era nata T$, acronimo di Templargang$, un'associazione a metà tra una "gang" di strada e una società segreta che per diversi anni avrebbe monopolizzato guidato e influenzato in modo molto profondo la scena rap di Milano.

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"Direi che T$ ha dato un contributo sicuramente importante per la scena rap di Milano in un periodo in cui questa scena non esisteva proprio," mi ha detto Andrea, che ha fatto parte del movimento sin dall'inizio. "Ha aggregato un sacco di persone simili, compresi artisti che poi sono riusciti a trovare il loro spazio e a emergere. E proprio l'esperienza di T$ è servita a questi artisti per formarsi e diventare quello che sono oggi. Se non ci fosse stata T$ il modo di fare rap a Milano oggi sarebbe sicuramente diverso."

Oltre al legame strettissimo con la sottocultura rap, il metodo principale per creare coesione e unità all'interno del gruppo era la retorica della "gang"—di cui T$ faceva grande uso e che funzionava senza troppe difficoltà su gli adolescenti cresciuti in periferia che formavano la larga maggioranza degli iscritti al movimento.

"Il giorno in cui le gang giovanili si impossesseranno di tutte le strade, unendosi, controlleranno governi e multinazionali. Non è con lo scendere in strada, in piazza, che si ottiene il cambiamento, ma è con l'impossessarsi della strada stessa che lo si ottiene, 'facendo piazza'. Solo chi ragiona da gang, può competere con i gangster della finanza e con i pazzi del Pianeta," si leggeva nel Myspace ufficiale del gruppo.

Nelle intenzioni di Apollo, lo scopo finale del movimento era creare un bacino d'utenza e quindi una potenziale clientela per la sua attività. Effettivamente, nel giro di poco tempo T$ sarebbe diventato un vero e proprio fenomeno metropolitano a Milano. Paradossalmente, però, Apollo non sarebbe mai riuscito a guadagnarci davvero.

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Il Myspace ufficiale di T$ nel 2008. Grab via Wayback Machine/Internet Archive

Nel 2007 Apollo aveva incaricato alcuni ragazzi del quartiere di spargere la voce di "una grande gang da centinaia di persone"; l'iscrizione, gratuita, consentiva di ottenere sconti sulle magliette HoboEtc. Questa campagna pubblicitaria, fatta di passaparola fuori dalle scuole e cooptazione di amici, aveva presto dato i suoi frutti: ognuno di questi iscritti aveva una piastrina militare da portare al collo, che aveva più o meno la stessa funzione di riconoscimento reciproco che immagino abbia la tessera o la stretta di mano segreta in una loggia massonica. Su ogni piastrina, oltre al numero d'iscrizione, c'era il simbolo del movimento: la croce e il logo del dollaro.

Nel periodo del suo massimo splendore, T$ contava più di duemila iscritti, tutti ragazzi tra i 15 e i 25 anni e tutti di Milano e hinterland—una demografia interessante e potenzialmente monetizzabile. È stato proprio allora e proprio attorno a T$ che si è formato il nucleo originario della nuova scena rap milanese—da Maruego a Ghali, da Ernia a Tedua e a Charlie Charles, tutti avevano più o meno fatto parte di T$. E insieme a loro c'erano tanti altri, me compreso.

In quegli anni, i ragazzi della mia età tornavano a casa da scuola e dicevano ai loro genitori "vado in T$" o "vado da Apollo" e rimanevano lì tutto il pomeriggio. "Ci si andava sempre perché si sapeva che si sarebbe trovato sempre qualcuno, era un po' un ritorno alla dinamica delle piazze che a Milano era scomparsa da tempo," mi ha detto Paolo [il nome è stato cambiato su richiesta dell'intervistato], un ragazzo che ha fatto parte di T$ dal 2008. "I ragazzi passavano lì i loro pomeriggi, a giocare a calcio nel parchetto di fronte o ascoltare rap dal computer del negozio—senza mai comprare niente."

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Nel frattempo T$ si era espanso notevolmente. Tra il 2008 e il 2009 avevano iniziato a far parte del network le persone più diverse, che svolgevano ogni genere di attività—negozi, ristoranti, locali, liberi professionisti come muratori e imbianchini ma anche ragazzi che facevano siti, riparavano computer o personalizzavano scarpe e vestiti. Tutte queste persone offrivano il loro lavoro a prezzi ridotti agli iscritti a T$. In pratica, il movimento si stava trasformando in una specie di esperimento comunitario di autosufficienza urbana, in cui ognuno metteva a disposizione le sue competenze con la sede della HoboEtc che faceva da punto d'incontro e di scambio.

Col senno di poi, è evidente come quella situazione non sarebbe potuta andare avanti a lungo.

Il sito della HoboEtc nel 2008. Grab via Wayback Machine/Internet Archive

Il primo mutamento aveva riguardato la struttura di T$, che era cambiata radicalmente diventando un vero e proprio marketing multilivello. Per farne parte non bastava più semplicemente iscriversi e ricevere la piastrina: per avere i benefici collegati al far parte del movimento bisognava obbligatoriamente completare l'ascesa di una serie di livelli, per salire i quali bisognava comprare prodotti HoboEtc. Ogni livello avrebbe dovuto portare vantaggi ulteriori agli adepti che lo avevano raggiunto—ma la cosa non è mai diventata realtà, perché il movimento è crollato come un castello di carte dopo l'introduzione del primo livello, il 23.

"Trovare, in modo legale, svariate fonti di denaro oltre a quelle date da un contratto di lavoro. Oppure trovare, sempre in modo legale, il modo di incrementare i guadagni della propria attività. Questo è il principio del 'Livello 23'," si leggeva sul Myspace ufficiale. "I T$ del 'Livello 23' possono organizzare autonomamente progetti per poter guadagnare qualcosa rimanendo in contatto e proponendo le loro iniziative agli altri T$."

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Allo stesso tempo, anche le simbologie e le retoriche del gruppo erano cambiate. Vista dall'esterno, T$ era diventata sempre più simile a una setta. Elementi come la croce e il dollaro o la retorica dei "templari," che all'inizio erano serviti solo a dare un'immagine attraente al gruppo per convincere i ragazzi a iscriversi, avevano iniziato a essere presi sempre più sul serio.

"Non mi verrebbe da definirlo un 'culto', anche se leggendo la sociologia sull'argomento ci sono molteplici punti in comune," mi ha detto Dario, un altro ex membro della prima ora di T$. "Alla fine si esigeva fedeltà a uno scopo più grande, invisibile e che forse sarebbe arrivato e forse no, e aveva i suoi momenti di predizione apocalittica e di sospetto di minaccia incombente, vera o falsa, che alimentava l'unità del gruppo individuando un pericolo esterno."

Il movimento aveva anche cominciato a dire di ispirarsi "ai valori dell'Occidente." Era stato aperto un sito ufficiale—Templargangs.com, che ora non esiste più—la cui grafica riprendeva in modo palese la simbologia della massoneria, esibendo in prima pagina un triangolo con ai vertici le parole "God," "War" e "Capital." Persino il nome Templargang$, nato per scherzo, era stato reinterpretato in modo conforme a questa visione: "Templargang$: 'gang$' perché le gang proteggono i loro business, 'Templar' perché i templari hanno difeso l'Occidente e l'Occidente era il loro business," si leggeva sul sito.

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"Sinceramente io queste cose sui valori dell'Occidente non me le ricordavo nemmeno. Non penso che T$ fosse una setta, anche perché queste cose riguardavano solo un gruppo ristretto di persone e non la maggioranza degli iscritti al movimento. Ciò non toglie che a rivederle adesso, col senno di poi, sembra una forma di squadrismo," mi ha detto ancora Andrea.

In pratica, l'ideologia del movimento si stava definendo. È stato a quel punto che è cominciato il suo declino e che molte persone, ritrovandosi in mezzo a una cosa che non le riguardava né rappresentava più, ne sono uscite.

La home di Templargangs.com. Grab via Wayback Machine/Internet Archive

"Molti dei membri si identificavano completamente con l'organizzazione," mi ha detto Paolo, "era come se avessero subito il lavaggio del cervello, avrebbero fatto qualsiasi cosa Apollo chiedesse loro di fare." E anche se questo non si concretizzava quasi mai in cose gravi, l'ambiente stava iniziando a diventare sempre più pesante.

Man mano che il movimento iniziava a sgretolarsi, questa mentalità veniva infatti usata per serrare le fila. Non è un caso se praticamente tutte le persone che facevano parte di T$ che ho contattato non hanno voluto parlarne. Io stesso, quando sono uscito dal movimento dopo aver litigato un po' con tutti, ho ricevuto minacce e da allora non ho più avuto alcun rapporto con molti membri dell'organizzazione.

Secondo Andrea tutto questo sarebbe stato solo un fraintendimento. "In realtà non puoi attribuire queste cose a T$, erano solo poche persone che si fomentavano a vicenda," mi ha detto. "Il resto del movimento non le prendeva così sul serio. T$ era in mano a un gruppo di fanatici, ma il resto del movimento era composto da ragazzi normali che passavano il tempo sul retro di un negozio di vestiti."

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In ogni caso, almeno prima che avvenisse questo grande cambiamento i lati positivi superavano di gran lunga quelli negativi—e nel complesso direi che l'esperienza di T$ è stata molto positiva per un sacco di persone.

Proprio in virtù del senso di appartenenza al movimento, le iniziative organizzate e portate avanti dai membri di T$ erano sempre molto frequentate e supportate, per quanto settoriali fossero. Non solo T$ ha fornito gli spazi di aggregazione per la nascita della nuova scena rap di Milano, ma ne ha proprio seguito le fasi della crescita. Per un certo periodo, tutte le serate rap di Milano erano organizzate da membri di T$ e portavano il simbolo della croce e del dollaro sul volantino. Un'offerta culturale che altrimenti non ci sarebbe mai stata e di cui ha beneficiato un'intera generazione.

Oggi, di T$ non resta praticamente niente. Il negozio di vestiti è un kebab e non so che fine abbia fatto Apollo—l'ultima volta che l'ho visto, un paio d'anni fa, mi aveva detto che stava per trasferirsi in Spagna, ma non so se poi ci sia andato davvero. Anche su internet non c'è quasi più traccia del movimento, visto che praticamente tutti i siti e Myspace non esistono più. Ma nel bene e nel male, la sua figura e T$ hanno influenzato profondamente un'intera sottocultura.

"È innegabile che abbia avuto un impatto importante su un sacco di gente," mi ha detto Paolo. "Tutti vedevamo Apollo come una sorta di guida, anche perché era più grande di noi e non faceva che incitarci e supportarci in tutto. Forse l'errore è stato proprio questo: lo vedevamo come un amico mentre in realtà lui stava creando il movimento per guadagnarci, non perché gli stavamo simpatici."

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