C’è un’immagine frequente che descrive il minimalismo: è una stanza vuota dalle pareti bianche e una sedia. “Ho un letto, una sedia e una radio. Sono io che decido se una cosa aggiunge valore alla mia vita“ dice Joshua Fields Millburn dall’interno della sua grande casa americana, ormai semivuota. Con Ryan Nicodemus ha creato The Minimalists, pubblicato due documentari su Netflix, una lunga serie di podcast, un blog e diversi libri. Nella loro bio i due dichiarano di aver aiutato “più di 20 milioni di persone a vivere una vita più significativa” con meno cose.Il cibo non è intrattenimento. Piuttosto, il cibo è destinato a nutrire: il cibo è un carburante, puro e semplice. Questo non significa che non mi piaccia il cibo, anzi mi piace immensamente
Esiste un minimalismo architettonico, una moda minimalista, esiste un minimalismo nel business, esiste un “food minimalism”, da intendersi sia come stile gastronomico che come approccio soggettivo al cibo e al mangiare. Anche The Minimalists hanno trattato questo aspetto, collegando il cibo al benessere, fisico e mentale, e sottolineando la necessità di un rapporto equilibrato e non accumulativo: “Il cibo non è intrattenimento. Piuttosto, il cibo è destinato a nutrire: il cibo è un carburante, puro e semplice. Questo non significa che non mi piaccia il cibo, anzi mi piace immensamente”.Lo scopo è quello di ridurre l’impatto negativo del cibo sulle nostre vite, fare in modo che non diventi un’ossessione, non sprecare
Quando voglio cambiare oppure trovo ricette o ingredienti nuovi, perché mi piace variare, prima mi informo su come si usano e poi li acquisto. Significa anche acquistare, e di conseguenza consumare, ingredienti e non cibi troppo elaborati.
E a proposito di dieta: “La mia dieta oggi consiste per lo più di carne e vegetali, niente cibi lavorati. Mangio una buona parte di frutta e verdura. Ci sono alcuni alimenti che ho ridotto drasticamente - o eliminato completamente - dalla mia dieta: pane, pasta, zucchero, glutine, latticini e qualsiasi cosa trasformata o confezionata. Pensateci: Quale altro animale mangia pane, pasta o barrette di cioccolato? Il nostro corpo non è fatto per consumare queste schifezze?". É un ragionamento piuttosto complesso, ma non dimentichiamo il contesto: due uomini americani bianchi alle prese con un piatto di pasta made in United States.
Mangiare fuori per me è un evento. Mi piace farlo per occasioni, per incontrare amici o per festeggiare. Non è un’abitudine che fa parte della mia vita quotidiana
Ma come si comporterebbe un ristorante con un approccio minimalista? Le strade sono tante: dall’utilizzo di pochi ingredienti per piatto, alle porzioni non troppo abbondanti, all’utilizzo di materie prime in purezza, all’arredamento e alla mise en place essenziale, all’estetica semplice delle proposte, fino alla redazione minimale dei menu. Per esempio: pasta, parmigiano e pomodoro è un piatto minimale, spaghettone di grani antichi con riduzione di pomodoro, gocce di olio EVO, foglie di basilico e spuma di parmigiano non è un piatto minimale. Anche se alla fine potrebbero essere esattamente la stessa cosa. In questo senso il food-porn, l’all-you-can-eat, il buffet ma pure le degustazioni dei ristoranti di fine-dining e di vino, sono agli antipodi rispetto alla filosofia minimalista. Non essendo un movimento codificato, lo spazio per definire cosa sia food minimalism e cosa no è molto ampio. Nei blog minimalisti si trovano riferimenti al fatto che il minimalismo può significare evitare la GDO, mangiare solo cibo locale, scegliere in base alla stagionalità. Da nessuna parte c’è scritto che essere minimalisti equivale ad essere vegani, vegetariani o crudisti, anche se molti minimalisti lo sono, ma non The Minimalists che introducono nella loro dieta carne e salmone (off topic: cosa c’è di meno minimalista del salmone allevato?).
Uno dei tentativi più evidenti di minimalismo culinario lo troviamo nella cucina nordica. Sara Melissa Fort ha spiegato l’usanza norvegese di pranzare con due fette di pane e formaggio, raccontando che non si tratta solo di un’abitudine, ma del retaggio di un programma ministeriale – The Oslo Breakfast - nato negli anni ’30 e pensato per promuovere nelle scuole abitudini alimentari più sane. “Forse questo semplice pranzo è noioso, ma ti mantiene in forma, e non devi preoccuparti di cosa mangiare e quanto ti costerà” scrive Fort. Oggi è prassi, non solo in Norvegia ma in tutti i paesi scandinavi.Di base si può dire che la gastronomia italiana ha una vocazione minimale, perché si basa su una cucina semplice e povera, fatta di pochi ingredienti
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