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Andrea: Be', diciamo che più che una scelta è stata una necessità. Perché non iniziare questo percorso sarebbe stato come vivere una non esistenza, e non ne potevo più. È difficile da spiegare: dal momento in cui nasci, cresci e vivi sempre con questa sensazione di disagio ti abitui a questo peso. Ogni tanto mi accorgevo di avere questo fardello, anche se non riuscivo a capire da cosa dipendesse. Era la mia normalità vivere con questa sensazione. Soprattutto il contrasto fra quello che stavano diventando le mie amiche e che non riuscivo a diventare io. Io ci ho provato seriamente a fare la ragazza e la donna… mi sforzavo, ma mi veniva male.
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Anche solo sedermi con una posa che non fosse da scaricatore di porto per me era una costrizione. Può sembrare una banalità, ma era veramente pesante. Non mi veniva naturale. Il modo di camminare, il provare a truccarsi: mi sentivo un travestito. In realtà quello che provavo era soprattutto confusione e senso di straniamento: mi ci è voluto del tempo per capire e accettare. Ho capito che mi piacevano le ragazze, ad esempio, solo a 18 anni. Ho creduto, o provato a credere almeno, di essere una ragazza eterosessuale per molto tempo.Faceva tutto parte della forzatura di cui ti ho parlato: ho avuto anche un fidanzato per due anni. Credevo di essere innamorato, quando hai quell'età pensi sempre di essere innamorato. Ma più che altro mi sentivo sollevato: ero una ragazza che aveva trovato un fidanzato, e questo mi rendeva normale.Quando ti sei accorto che eri attratto dalle ragazze, e lo hai ammesso, hai subito pressioni?
No, in realtà le difficoltà erano tutte mie. Ero attratto da questa persona, e lei ricambiava. Per un annetto è stato difficile dire, ok mi piacciono le ragazze. Nessuno sapeva niente, era tutto nascosto… e ho continuato a nasconderlo anche per alcuni anni. Quando, però, finalmente, ho cominciato a parlarne con gli amici più stretti, mi sono accorto che i problemi erano tutti nella mia testa.Quanti anni avevi, invece, quando hai cominciato la transizione?
22 anni.
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No, assolutamente. Nel mio paese non esiste alcun tipo di riferimento per un problema del genere, e fra amici, compagni di classe e vicini di casa non riconoscevo nessuno come me. Il dramma più grande è stato quello della solitudine. È questo il vero problema di abitare in un piccolo centro: ci sono pochissime informazioni, quasi nessuna possibilità di confrontarsi con una comunità di persone che comprenda la tua situazione.
Abbastanza bene, sia dal punto di vista umano che professionale. Ovviamente come tutte le strutture pubbliche i pareri sono sempre contrastanti, ma è quasi del tutto gratuito, a differenza della maggior parte dei centri italiani. In quasi tutte le strutture si paga il ticket per la psicoterapia, in altre si paga per la perizia psichiatrica, in altre ancora quella endocrinologica. Per tutti gli esami e le visite invece non ho pagato niente. Solo il ticket per una visita specialistica. Quindi va bene così. A parte gli ormoni viene passato tutto, a Bari.
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Dal momento in cui ho telefonato a quello in cui mi hanno chiamato per un primo incontro sono passati tre mesi. Da lì ad iniziare la terapia psicologica è passato più di un anno. A novembre del 2014, poi, ho iniziato la terapia ormonale.E in tutto questo periodo non hai dovuto mai scontrarti con il fatto che i tuoi cambiamenti ti facevano apparire diverso agli occhi delle persone che ti circondavano?
No. Quando ho iniziato a cambiare fisicamente, ad esempio, le difficoltà erano quasi tutte legate al fatto che le persone non sapevano come comportarsi. Mi vedevano diverso ed avevano paura di offendermi. Non sapevano come rivolgersi a me. Era tutto legato al non saper come affrontare questa cosa, e non al non voler accettarla.Devo essere sincero, pensavo che il tuo racconto sarebbe stato molto diverso. Pensavo che vivere un'esperienza come la tua al sud fosse più difficile: perché comunque c'è sempre questo stereotipo di un sud legato alla tradizione e alla religione. Più chiuso mentalmente.
Secondo me, invece, è esattamente il contrario. Almeno per quanto riguarda la mia esperienza e quella di ragazzi con cui ho parlato. Tanti ragazzi cresciuti al nord raccontano di aver avuto molte più difficoltà. Io non ho sentito questa pressione: mi sono sentito un fesso quando ho scoperto le carte e tutti l'hanno presa bene. È vero che il sud è attaccato alle tradizioni e alla religione, ma quello che prevale è il lato umano. C'è rapporto, c'è condivisione. E questo ha più importanza.
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Per il fatto che sono un transessuale no. Devo dire anzi che in ambito lavorativo trovavo molte più difficoltà come donna. Nonostante io sia la stessa persona di tre-quattro anni fa, allora era difficile affermarmi. Adesso che mi vedono come un uomo hanno più fiducia nei miei confronti: non devo più dimostrare continuamente di essere in gamba.
Sì. La nostra è ancora una società maschilista: i ragazzi omosessuali vengono molto più discriminati delle ragazze. E questo vale ancora di più per coloro che sono nati maschi e poi diventati donne. Purtroppo c'è da dire che spesso la donna transessuale è più riconoscibile, c'è più consapevolezza. Anche prima dell'inizio della terapia, quando non avevo barba, molta meno muscolatura e una voce più sottile, io mi presentavo come Andrea e gli altri non sospettavano minimamente che fossi un ragazzo transessuale. Probabilmente se si fosse presentata una ragazza con dei tratti mascolini avrebbero avuto dei sospetti.Inizialmente pensavi che avresti avuto più difficoltà vivendo nel sud Italia? Avevi messo in preventivo l'idea di dovertene andare?
Certo! Io avevo messo in conto di poter perdere tutto. È una di quelle decisioni così pesanti che se non sei disposto a perdere tutto non è possibile prenderla. Ed è stato bellissimo scoprire che poi le persone erano molto più tolleranti di quanto mi aspettasi. Avevo paura, ma i pregiudizi erano tutti miei. Adesso mi sento io stesso più vicino agli altri.
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I miei genitori sono sempre stati molto aperti mentalmente, ma ovviamente anche loro si sono un po' spaventati all'inizio. Più che altro per le reazioni del mondo esterno. Nessuno aveva idea di cosa sarebbe successo, perché ovviamente quando guardi una montagna dal basso ti sembra impossibile da scalare.Una volta che ho iniziato e sono andato avanti loro mi hanno visto cambiare prima come persona e poi fisicamente: da lì è proceduto tutto in maniera naturale. Mi hanno aiutato moltissime volte: è stata mia madre, ad esempio, a dirlo ai miei vicini di casa. Io non avevo abbastanza confidenza con loro, quindi è stata lei a spiegargli tutto. E da un giorno all'altro i miei vicini hanno cominciato a parlarmi al maschile e a chiamarmi Andrea.Be', sei stato fortunato. Non capita a tutti.
Ma io sono consapevole di essere stato fortunato. Si sentono storie di ragazzi e ragazze cacciate di casa, ma non è sempre così.Parlami del canale YouTube che hai aperto.
Certo. Come ti dicevo uno dei maggiori problemi per le persone che attraversano un percorso del genere è la mancanza di informazioni. Per questo a fine 2011, insieme ad altri ragazzi FtoM, ho aperto un canale YouTube che potesse servire da supporto per tutti quelli che ne avevano bisogno.Si chiama VoloVersoLaVita 2012: nasce dal voler pubblicare informazioni che io ero riuscito a trovare solo cercando su gruppi chiusi Facebook o su forum americani. Lo abbiamo aperto perché non esistevano video in italiano che raccontassero l'esperienza della transizione. C'erano solo video in inglese, e siccome in America vengono seguiti protocolli diversi, abbiamo pensato che fosse opportuno raccontare la realtà italiana. Volevamo che passasse semplicemente il messaggio che siamo persone normali. Che esistiamo anche noi e che non mangiamo nessuno.Segui Niccolò su Twitter: @NCarradori