Nel lontano 1968 le cose erano ben diverse da oggi. Non esistevano netlabel, non c’era Spotify, e le etichette indipendenti dovevano faticare non poco per raggiungere il pubblico, nonostante a volte fossero una tale fucina di talenti che era inevitabile che sfociassero nel mainstream. Una di queste fu la Apple Records, i cui padri e padrini furono nientepopodimeno che i Beatles.Episodio all’interno di un progetto ben più ambizioso pensato per concentrare tutte le energie creative dei Beatles in una corporazione sulla carta imbattibile, la Apple Corps, che comprendeva diverse divisioni come la Apple Electronics, la Apple Publishing la Apple Films e la Apple Retail (e di conseguenza la Apple Boutique, dove i fan dei Beatles e della filosofia freak potevano trovare abbigliamento e gingilli che più gli si addicevano), è uno dei primi casi di etichette indipendenti fondate da artisti major, le cui fortune, paradossalmente proprio per questo, erano altalenanti e destinate a essere inglobate dalle major a causa dello scarso senso pratico/commerciale dei fondatori (basti pensare che l’Apple Boutique fallì perché la gente rubava indisturbata e la Apple Electronics venne messa in mano ad un vero e proprio “cialtrone” ovvero Magic Alex, che, riuscito ad abbindolare Lennon e soci grazie a una specie di mini-dream machine da lui ideata, da solo affossò di parecchi soldoni la compagnia).
Pubblicità
Ciononostante i Beatles, oltre a lanciare i propri lavori ed esperimenti controllando personalmente (per quanto in maniera surreale) ogni passaggio della produzione, pubblicarono della roba gajarda di altri. Altri che spesso erano perfetti sconosciuti, incuranti delle classifiche pop e impegnati con il soul, il jazz e l’avanguardia più inascoltabile, dimostrando una capacità di mutare fra un genere e lì’altro sorprendente, soprattutto perché il tutto sembra frutto di assenza di calcoli e di una scelta “a pelle” praticamente random e affidata al solo e unico istinto.Quest’anno cade il sessantennale di questa gloriosa e scoppiata etichetta, e ci rendiamo conto di quanto sia importante la sua esperienza per tutte quelle label visionarie che in qualche modo, anche oggi, vogliono azzerare la realtà nelle loro produzioni e fare spazio alla fantasia volando nello stesso tempo dentro e fuori dalla storia.Nonostante la Apple Corps sia stata ideata nel 1967, la Apple records di base nasce nel 1968 con la pubblicazione del suo primo disco ufficiale, il famigerato White Album dei Beatles che già al suo interno porta il seme della frantumazione dei generi e lo sprezzo delle regole come forma d’arte che è alla base della concezione del pop beatlesiano. Ritroveremo questa attitudine nelle produzioni Apple. Per non parlare di quell’inquietudine esistenziale salita alla superficie dopo la morte del manager storico Brian Epstein, per cui la Apple sarà da quel momento il cuore di una rivoluzione per la creazione fine a se stessa, fuori dalle logiche comuni del gusto e della forma, a costo di fallire. Un investimento coraggioso, a perdere, a volte mettendo sotto contratto gente nuova per puro caso, a volte rimettendo in gioco vecchie glorie (come Ronnie Spector, ex Ronettes, che inciderà un singolo micidiale scritto da Harrison).
Pubblicità
Sì, certo, la Apple avrà nella sua scuderia artisti di successo come James Taylor, i Badfingers, Billy Preston, Mary Hopkin e Jackie Lomax: ma a noi interessano più che altro quei musicisti nella cui poetica il rischio è alto e la proposta spiazzante. Ecco quindi una classifica dei miei personali dieci album Apple del cuore, bizzarri esempi di come la musica può diventare talmente fisica da scappare via con le proprie sue gambe e darci la forza per osare, per fare casino, per lanciare il cuore (o la mela, mitico logo dell’etichetta) oltre l’ostacolo.Per essere precisi la Apple records prevedeva anche una sottoetichetta chiamata Zapple, nata per occuparsi di spoken word e musica sperimentale, ma ebbe vita breve. Solo nove mesi di gloria, dopodiché il malvagio Allen Klein (subentrato alla guida della Apple e dei Beatles dopo il bancarottaro Paul McCartney e, per giunta, ex-manager degli Stones) la chiuse a causa delle vendite ovviamente non eccelse. Quando negli anni Novanta misi le mani sulla ristampa in CD non credevo ai miei occhi e alle mie orecchie, figuriamoci chi si ritrovò ad ascoltare questa roba nel 1968. La storica coppia Ono/Lennon posa nuda in copertina, fatto che attirerà subito la censura e lo scandalo generale, ma il contenuto è ancora peggio (o meglio, secondo i punti di vista). Una impro devastante registrata dai due in un contesto domestico, casa di Lennon, proprio in quella notte in cui faranno per la prima volta l’amore (da qui il simbolico titolo) dando la parola “fine” alla storia con Cynthia Lennon e l’inizio di quella che sarà l’unione più mitizzata dell’intera storia del rock. Ebbene il disco è un vero e proprio casino proto weird noise, a base di vocalizzi informi, tape loops, fischietti, distorsioni a palla, atonalità a pacchi e spirito harsh, in cui la tensione erotica tra i due si percepisce palpabilmente, in un’urgenza espressiva che è palesemente un prodromo al consumo dell’amplesso. Insomma una roba lontana centomila anni dalla forma canzone dei Beatles e l’anticamera per un cambiamento epocale quali la suite "Revolution #9" nel White Album, ovvero la musica concreta e aleatoria trasformata in pop music. Strano ma vero, nonostante lo shock, negli Stati Uniti il disco arriverà al 124° posto in classifica USA: seguiranno altri due LP sempre più estremi come Life with the lions a base di urla, feedback di chitarra e battiti del cuore di feti, e il Wedding Album che addirittura presentava una facciata in cui i due chiamano i loro nomi a vicenda fino allo spasimo, diciamo una versione in “musica leggera” degli esperimenti di Ulay e Marina Abramovich.
1. John Lennon, Yoko Ono - Unfinished Music No.1: Two Virgins (1968)
Pubblicità
2. George Harrison – Electronic Sound (1969)
3. Modern Jazz Quartet – Space (1969)
Pubblicità
4. John Tavener – The Whale (1970)
5. Yoko Ono – Fly (1971)
Pubblicità
6. Rahda Krsna Temple – S/T (1971)
Pubblicità
7. Ravi Shankar - Raga (Original Soundtrack) (1971)
8. Alejandro Jodorowsky - El Topo (Original Soundtrack) (1971)
Pubblicità
9. Elephant's Memory - S/T (1972)
10. David Peel – The Pope Smokes Dope (1972)
Pubblicità