FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Gli hipster non possono rovinare l'hip hop perché gli hipster non esistono

Se volete dire "figli di papà" allora ditelo chiaro e tondo.

Il risultato di quando cerchi su Google Images la parola "hipster."

È uscito l'ennesimo articolo di cui non sentivamo l'esigenza in cui Internet si lamenta del fatto che gli hipster stiano distruggendo la sacralità dell'hip hop. Come sempre il pezzo inizia con qualcosa di significativo (questioni di razza e classe riguardanti le schiere di fan dell'hip-hop) per poi scivolare rapidamente nel giardino mentale dell'autore, in cui KRS-One da solo potrebbe fermare per sempre gli abomini della NSA se solo tutti noi rispettassimo di più la cultura o qualcosa del genere.

Pubblicità

Questioni su chi dovrebbe o non dovrebbe rappare sono dannatamente tediose e circondate da una nube di affermazioni per cui ad una qualche tipologia di persone piace qualcosa, il perché quella cosa dovrebbe piacergli e da quando quella cosa gli piace, che raramente le questioni importanti riescono ad attraversare la coltre. Di solito non è una battaglia che valga la pena di essere combattuta, ma questo articolo in particolare è parecchio disturbante, perché incolpa gli "hipster" e gli "hipster" non esistono.

Una decina di anni fa forse—sottolineerei FORSE— si poteva delineare una specie di identità hipster fatta di American Apparel, Pabst Blue Ribbon, bici a scatto fisso, e band come gli Interpol. Se anche questa cosa ci fosse mai stata, di sicuro non è più così. American Apparel è solo l'ennesima catena di abbigliamento onnipresente, PBR è una delle più diffuse birre americane economiche e nel frattempo gli Interpol—così come la maggior parte delle band di quel giro—non contano più nulla da parecchio. Le bici a scatto fisso, poi, sono solo una delle tante fissazioni dei cicloamatori. Al giorno d'oggi insomma, tutte queste cose sono ormai da tempo diventate molto diffuse, o quantomeno lo sono a sufficienza da non riuscire a determinare nessun tipo di pseudoscena alternativa.

Gli hipster sono frutto della fantasia collettiva, un esercito di capri espiatori in cappellino con visiera che si divide tra portatori di Snapback e di Supreme. Vegani convinti in tristi t-shirt ironiche con sopra battute sulla pancetta. Hanno rovinato l'hip-hop scrivendo di hip-hop così come hanno rovinato il Coachella semplicemente andandoci. Hipster, promotori di fattorie urbane, che si rinchiudono collettivamente nei quartieri gentrificando il vicinato…fottuti hipster! Il problema è che mentre nessuno sa dire esattamente cos'è un hipster, le persone tendono a parlarne come se fossero una comunità che costituisce una fetta reale di società. Anche quando è chiaro che quello che determina un hipster è totalmente arbitrario, gli hipster vengono tacciati di corrompere quartieri, scene, e, in questo caso, interi generi musicali! È davvero una libera interpretazione del nulla, ho visto dei tizi a cavallo di una bici a scatto fisso andare via da un negozio di tatuaggi lamentandosi degli hipster. Ho sentito ragazzi bianchi di Brooklyn dire che non volevano andare ad Union Pool perché è troppo piena di hipster. La coppia che ho visto suonare con un mandolino ed una cetra la cover di "Royals" in metropolitana è una coppia di hipster, e sapete che c'è? Lo sono anche io, dal momento che chiunque abbia mai scritto per VICE è uno stramaledetto hipster.

Quello che è più pericoloso è che il termine è spesso utilizzato come definizione abbreviata per "ragazzino bianco ricco e viziato." Qualsiasi riferimento agli hipster può avere un'implicazione con la razza e la classe sociale anche quando non è quello l'obiettivo, usare quel termine si porta dietro il rischio di determinare una definizione su quale tipo di classe sociale appartiene o non appartiene ad una certa scena o ad un certo posto. In qualche modo il termine hipster è contemporaneamente totalmente privo di significato e ancora discriminatorio. L'autore dell'articolo in questione si scaglia contro gli "hipster" riferendosi in sostanza al pubblico di SPIN, Gawker, Fader e Pitchfork. Chiunque abbia mai letto questi blog sa che ognuno di loro ha un taglio differente. Possiamo stare qui a discutere per ore sui loro punti di vista e sulle diversità dei loro autori, ma davvero, nell'insieme, non hanno niente in comune se non il semplice fatto di essere dei blog.

Può sembrare un po' ipocrita intavolare la questione in questi termini da parte mia, dal momento che ho scritto qualche pezzo con varie considerazioni su chi dovrebbe e non dovrebbe scrivere di rap, però davvero, il punto non è che tipo di persona sei, ma quanto ne sai. In questa epoca e in questo spazio potresti essere anche un ragazzino bianco delle campagne canadesi ed essere comunque sul pezzo solo perché ti sbatti a fare ricerca e hai passione. Un esempio brillante è Southern Hospitality, un blog di Londra, uno dei migliori in cui andare a spulciare articoli per essere sul pezzo su cosa sta ribollendo nell'underground, nonostante la loro geolocalizzazione non sia proprio favorevole.

Quindi questo è un annuncio ufficiale: se state per scrivere una qualsiasi tipo di cosa sugli hipster fate un favore a voi stessi, fermatevi, pensateci e dite quello che realmente vorreste dire. Se volete dire "persone caucasiche" allora forza, andate avanti con coraggio con il vostro giudizio razziale, non cercate di nasconderlo dietro a vaghezze sull'hipsterismo. Se volete dire "figli di papà" allora ditelo chiaro e tondo. Non nascondete i vostri sentimenti di fastidio nei confronti di chi può godere di benessere ereditato dietro ad uno slang obsoleto. Se volete accanirvi contro i rappers con i pantaloni stretti credo vi possa bastare andare ad ascoltare la vostra riedizione di Illimatic ancora un'altra volta, ma, per favore, smettetela di parlare di hipster.
Gli hipster non esistono.