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Musica

Diamo il benvenuto a Giugno con il disco di Eego

Vi presentiamo l'EP "June" con cui Eego gioca coi ponti tra l'elettronica del futuro e i suoni del passato.

Questa giornata di inizio Giugno si merita un po' di dolcezza, e il disco che vi presentiamo oggi è decisamente quello che ci vuole. June, questo il nome dell'EP in streaming qui sotto, è il primo lavoro solista di Antonio Castellano, sotto il moniker di Eego. Cinque tracce che dondolano tra il calore analogico di produzioni più intime come "Mask" (che vede, come in altri brani, alla voce Matteo aka Arua) a loop elettronici decisi e spaziali, con aperture che ricordano quelle di Mount Kimbie e Jamie XX e una malinconia di fondo, come nei progetti cavernosi di Archy Marshall. All'album hanno partecipato anche altri artisti: si sente la voce di Grand River tra i cori di "Night", c'è il piano di Giacomo Dalla e il Rhodes di Carlo Gardina, mentre gli effetti su "Wing" sono merito di Giuseppe Petrelli.

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La cosa più sorprendente è che queste cinque tracce sono il concentrato di rielaborazioni e ridefinizioni di pezzi nati anche dieci anni fa (o più recentemente dal duo che Antonio condivideva con Arua, i White Wallet) con approcci distanti dalla consapevolezza attuale. Una consapevolezza che porta Eego a visitare i confini tra la forma-canzone pop e l'elettronica più fluida ed emotiva, oltre gli schemi.

June esce oggi per la neonata label DoubleDoubleU, etichetta che si propone di operare fuori dalle logiche della SIAE e di non vendere copie digitali dei propri lavori. \m/

Qui sotto potete ascoltare per intero l'EP e leggerne una descrizione dalle parole dello stesso Eego.

Il progetto Eego nasce dopo la decisione di concludere l'esperienza con i White Wallet, progetto in cui avevamo investito, io e Matteo (Arua), almeno un anno e un sacco di energie, poi naufragato con un disco ed un EP praticamente pronti. A quel punto ho sbottato, mi sono chiuso in studio ed ho scritto "Rubber", il mio primo singolo, pubblicato una notte dell'anno scorso senza avvertire nessuno e senza una vera strategia o direzione.

June è in realtà composto da pezzi scritti anche dieci anni fa, è un disco di compromesso tra quello che ero prima e quello che sono e che voglio essere in questo nuovo progetto. Penso sia un punto di partenza molto più che un punto di arrivo, un punto e a capo. Anche gli strumenti utilizzati non sono troppo attuali, June è un disco che utilizza quasi totalmente Moog analogici, Fender Rhodes, batterie Ludwig campionate e drum machine storiche—quindi teoricamente avrebbero potuto farlo uguale nel '79.

Mi piacciono e ispirano molti artisti, soprattutto della scena trip-hop storica e di quella attuale future r'n'b e avant hip-hop, durante il missaggio di June avevo Archy Marshall praticamente in loop in cuffia. La verità è, però, che finisco per assomigliare sempre a me stesso e poco agli altri artisti a cui potrei essere accomunato per genere e attitudine, aggiungo soltanto qualcosa al mio stile di sempre. Forse è proprio per questo che, se dovessi scegliere un posto che descrive meglio la mia musica, direi Milano, per tutte quelle persone che arrivano, lavorano un paio d'anni, lasciano la loro impercettibile traccia e se ne vanno ancora, lasciandola solo apparentemente immutata.

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