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Musica

James Chance è ancora l'uomo meglio vestito del lower east side

In trent'anni si è trasformato da selvaggio No Wave a interprete stiloso e originale senza mai perdere eleganza. Lo abbiamo intervistato per capire come fa.

Photo by Dawid Laskowski

James Chance sa come funziona lo show business, mentre lo show business non ha ancora capito come funziona James Chance. Decollato in Wisconsin e atterrato in un appartamento da centoventi dollari al mese sulla Avenue A verso la fine degli anni Settanta, Chance era il bianco meglio vestito di tutto il lower east side in un'epoca in cui, a seconda di cosa pensiate dell'indossare pantaloni strappati e giacche di pelle, aveva pochissima o moltissima competizione. I suoi Contortions finirono nel documento storico della No Wave No New York (prodotto da Brian Eno, anche se Chance corregge "non lo produsse nessuno, era come una testimonianza sul campo") e il loro primo LP Buy è un classico, al pari di Marque Moon dei Television e Horses di Patti Smith, e come loro non suona per niente datato. Noto sia per il suo amore per la sartoria che per la sua abitudine a scuotere e aggredire fisicamente il pubblico, Chance introdusse un amore non-ironico (per quanto non privo di humour) per il jazz e il funk in una scena che ne era priva. Aggiungeteci, come se non bastasse, un bel po' di carisma da frontman e rabbia. Se il funk è per dirla con Dâm-Funk, "un sorriso con una lacrima", be', sappiate che James Chance si infilava tutte le notti una veste da James Brown, rideva, piangeva, urlava e concludeva appiccando fuoco sia a se stesso che alla veste.

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I suoi continui contrasti col pubblico non potevano durare, destinati a degenerare in danni fisici o, peggio, in una routine da avanspettacolo. Per cui Mr. Chance si è dato una calmata. La sua musica resta irregolare, ma è più jazz e meno out-jazz. Ha continuato a fare uscire album da paura con varie band, un misto di poesia noir, assoli di sax che riescono a piacere anche a chi odia i sax, e il solito spirito selvaggio e bohémien. Mentre scrivevo questo rticolo mi sono imbattuto in un sacco di gente che mi ha raccontato storie di serate pallose a downtown completamente rivoluzionate dall'arrivo di Chance o da un suo concerto.

James vive a midtown, in un condominio per gente dello spettavolo fondato dall'Actors Fun, con Judy Taylor, sua compagna e ballerina da trent'anni. James mi accoglie con una camicia button-down bianca a maniche corte e capelli in perfetto ordine, mentre Judy entra ed esce dalle stanze con indosso una veste da sera nera e una collana di perle. Nel corso dell'intervista James mi guarda molto raramente negli occhi, preferendo sorridere a Judy e facendosi ricordare da lei alcuni incontri musicali importantissimi della sua vita. Il loro appartamento è esattamente come ce lo si immaginerebbe, in ogni dettaglio: dalle tazze da tè ai poster di film noir, ai sottobicchieri. Insomma, ho passato una serata bellissima per cui sono infinitamente grato a Mr. e Mrs. Chance.

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NOISEY: Una volta hai detto: “Dopo aver sentito Richard Hell, ho capito che potevo cantare anche io.”
James Chance: Quando ero alle elementari, in una scuola cattolica, facevo parte del coro, che mia sorella ci descrisse come "un nido di gatti malati". Non ho mai studiato davvero canto, neanche quando suonavo jazz, anche se ero un grandisismo fan di Billie Holyday. Ricordo che un giorno, quando avevo sedici anni, ero al conservatorio che frequentavo e mi sono messo a cantare un suo pezzo mentre camminavo lungo i corridoi. Al che un tipo mise la testa fuori dalla porta di un'aula e mi disse, con una voce nasale e fastidiosa: "fatela finita!" Ma quando diedi vita ai Contortions, pensavo che avrei cantato metà delle canzoni e avrei fatto cantare l'altra metà a una ragazza. A dire il vero, ancora prima dei Teenage Jesus & The Jerks ,con Lydia Lunch avevamo una band chiamata The Scabs, mai uscita dalla sala prove: eravamo io e Lydia con Jody Harris dei Contortions e Reck dei Teenage Jesus: l'idea era di fare sia pezzi cantati da me che da Lydia. La ragazza che cantava inizialmente nei Contortions si chiamava Ann-qualcosa ed era la fidanzata di Alan Vega, aveva un synth autocostruito con una tastiera a due ottave. Quando mollò, entrò questa punkettina di nome Debbie, che lavorava in un negozio di vestiti punk a St. Mark's Place. La chiamavano Debby Revenge, e si presentò giusto per un paio di prove. Non era una tipa molto seria, per cui decisi che ne avevo abbastanza e che avrei cantato tutto io, vada come vada. Richard non aveva per niente una voce impostata da cantante, o almeno la voce che si supponeva un cantante dovrebbe avere, eppure cantava lo stesso. Ma a quel punto tutti avevano iniziato a farlo, non gliene fregava più niente a nessuno se avevi studiato… e nemmeno se eri intonato. L'importante era esprimersi in qualche modo.

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La tua voce negli anni si è molto ammorbidita, si sente soprattutto nel progetto Terminal City.
Mi si è abbassata di tono e diventata molto più melodica. In parte. Ora canto per lo più con un registro da baritono, e molto più intonato di un tempo. Ne sono molto contento.

Per cui è più un fatto di età che una decisione precisa?
Età e allenamento. Gia nell '86 avevo un progetto jazz, ma non free, più ispirato agli standard di Chet Baker e Art Pepper. Una mia amica francese di nome Abige aveva aperto una serata jazz settimanale chiamata Beat Club, all'American Legion Bar sulla quattordicesima strada. Lei cantava gli standard con Rober Aaron al piano, il DJ suonava Sinatra e il pubblico era perlopiù composto da europei scrausi.

Circa dieci anni prima dello swing revival.
Sì, ma quando quello arrivò fu una roba che riguardava soprattutto la West Coast. Non prese mai davvero piede a New York. Onestamente, io trovavo gran parte di quella roba davvero ridicola, ma volevo approfittarne, per cui diedi vita a Terminal City e iniziai a scrivere pezzi ispirati ai temi dei film noir, ma per quando avevo finito di comporle e registrarle lo swing revival era già finito!

Questa cosa del noir è interessante. Non sono molto esperto, ma mi viene in mente Samuel Fuller…
Sì.

Ecco, forse sto esagerando, ma il tuo approccio a funk e jazz è un po' come il suo approccio al noir: prendere il genere e renderlo strano…
Strano e strabiliante. Sì, mi ci ritrovo, anche se non è il mio regista preferito. Era certamente un genio a modo suo, decisamente sui generis. Non faceva parte di nessuna scuola e aveva un'attitudine molto anti-artistica, sono sicuro che non si definisse nemmeno un regista. Anche io sono un po' così, anche se facevo parte di un movimento molto arty, non l'ho mai vista a quel modo. Col passare degli anni mi sono dato più un ruolo da intrattenitore a tutto campo. Non ce ne sono più molti.

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James Chance & Les Contortions

È sempre fuorviante quando la gente cerca di togliere il lato peformativo dall'esperienza di un concerto live.
Esatto: che ci fanno sul palco, allora? Perché non si limitano a suonare in salotto? Se ti presenti davanti a un gruppo di persone, ti devi impegnare. Non puoi andare lì vestito come se andassi a fare la spesa. Mi pare più pretenzioso del contrario, come dire "sono un genio per cui non ho bisogno di pensare a come mi presento o di avere un aspetto interessante. La gente impazzirà comunque!”

Anche se porto gli shorts e un cappellino da baseball.
È una roba piuttosto pigra. Ma si intona alla mediocrità artistica di molti.

È interessante guardare video dell'epoca no wave, ed è strano notare che molti sono decisamente nostalgici e ricordare dei tempi strani e pericolosi come quelli dicendo "era un periodo davvero divertente, ho un sacco di bei ricordi"?
Sì, la gente ha nostalgia del CBGB's e del suo cesso lurido. Quando ci ripenso, alcuni aspetti di quei tempi mi sembrano squallidi, ma alcuni pensano che quelle stesse cose fossero una figata, come se l'essenza di quell'epoca stesse tutta in quanto era squallido il cesso del CBGB's. D'altro canto è vero che l'intensità che c'era nella scena ai tempi non esiste da nessun'altra parte. Non c'era internet, l'unico altro intrattenimento era la TV, e c'erano pochi canali. Le cose più strane e oscure non erano a portata di click come oggi. Dovevi uscire a cercartele… o fartele da solo. Noi ci vivevamo in quel club, ci andavamo tutte le sere. Era l'unico modo in cui poter incontrare gente che aveva i tuoi stessi interessi e mentalità. Anche se magari le metà li trovavi insopportabili.

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Penso che nessuno abbia mai prestato abbastanza attenzione ai tuoi testi.
Sono d'accordo!

Per esempio la tua canzone più famosa, “Contort Yourself,” uno potrebbe pensare che c'è una filosofia autentica dietro, oppure che è una specie di watussi in versione folle…
È entrambe le cose! C'è una filosofia dietro, anche se non l'ho davvero approfondita… Il testo è da prendere alla lettera, mi pare molto chiaro. La maggior parte dei testi pop di oggi sono incredibilmente banali. O si mettono insieme dei cliché che potrebbero essere stati scritti da un computer, o si fa l'esatto opposto: deliberatamente incomprensibili.

Un altro tuo verso famoso è “I don’t care what weapon you use as long as you keep me amused…
Esatto, quel genere di testi non mi diverte. Non deve essere per forza alta cultura: credo ci siano film trash anni Sessanta come Flesh Eaters che sono capolavori della storia del cinema quanto Fellini. Non faccio distinzione tra alto e basso, molti critici potranno dire che sono roba buona ma che non li considerano allo stessso livell, ma per me è importante solo quanto ti piace una roba.

No wave era considerata una roba seria, ma tu si senti vicino a gente come John Waters o i Cramps?
Certo! Eravamo tutti quanti fan dei Cramps! Ero presente all'audizione dei Cramps al CBGB's, e Lydia per un po' è andata con Lux Interior. Nessuno si prendeva davvero troppo sul serio, nella No Wave. I DNA, per dire, avevano molti elementi umoristici.

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Non sei un grandissimo appassionato di disco. Non prenderla male ma io adoro il remix di August Darnell di "Contort Yourself."
Quello mi piace! Credo abbia fatto un gran lavoro.

Come nacque?
Quel pezzo è in Off White. Avevamo un contratto con Michael Zilkha e stavamo per registrare Buy, ma Michael disse che aveva altro per la testa: "vi do un budget e voi registrate un album disco". Una roba tipo diecimila dollari, che era una bella cifra per un'idea tutto sommato non troppo malvagia. Però non ci diede molte altre istruzioni. Disse "fate la disco a modo vostro" e se ne andò. Non venne mai a sentire le registrazioni, mi diede il compito di capire cosa avrei voluto fare e in che modo potevo fare della disco. Ai tempi la disco era ovunque, non si poteva scappare, non avevi bisogno di andare ai club per sentirla: bastava salire su un taxi, entrare in un negozio… Per cui pensai di fare una versione disco di "Contort Yourself". La prima versione era più veloce, ma andammo in una discoteca a St.Paul e in qualche modo convincemmo il DJ a metterla. La gente era un po' sconvolta, per cui mi resi conto che era troppo veloce per essere disco. Il tempo dei nostri pezzi era molto influenzato dal punk rock, per cui suonavamo sempre molto veloce. Ad ogni modo, Michael decise che ne voleva una versione più disco, per cui chiese ad August Darnell, che la rallentò meccanicamente, ci aggiunse una linea di chitarra, i cori e gli handclap. Io non c'ero, fece tutto da solo, in seguito però ri-registrai la voce.

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Buy

Il tuo chitarrista era contrariato?
A quel punto la band si era già sciolta. Probabilmente non ne era molto contento. Ma ho comunque usato quella linea di chitarra, mi piaceva. Non fu una vera e propria collaborazione, quel giro era stato aggiunto senza chiedermelo. Ma va bene così, non mi interessa molto collaborare con qualcuno sedendomi a tavolino e lavorando a un brano insieme.

Come mai?
Non mi è mai andato di provare. Alcuni lavorano bene in squadra. come i vecchi autori del Brill Building. Facevano session tutti i giorni, ma io non lavoro così: non scrivo un pezzo al giorno, né uno a settimana, cavolo, non scrivo nemmeno un pezzo al mese! Non scrivo un pezzo a meno che non ho un'idea davvero buona che mi fa venire voglia di lavorare. Non scrivo canzoni solo per allenarmi.

Quand'è l'ultima volta che hai scritto un pezzo?
Direi per l'ultimo album. Incorrigible. Lo hai ascoltato?

No.
Judy: Molto male!

Ehm… lo so. Lo ammetto.
Il vero male è che è uscito solo in Europa e non è stato promosso come si deve, per cui la gente non ne sa nulla. Mi succedono sempre questo genere di cose. Avevo iniziato a produrlo con una label francese, però poi sono andati in bancarotta, ma avevano deciso di farlo uscire lo stesso, anche se non avevano soldi. Per cui io e il producer abbiamo provato a fermarli, e abbiamo fatto una nostra label per farlo uscire. È uscito in posti diversi in periodi diversi, a mesi di distanza l'uno dall'altro.

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Ne suonerai dei brani live con i Contortions?
Sì. Quando suono con i membri della vecchia band, non amano suonare materiale mio di quando ci eravamo già sciolti, per cui suoniamo soprattutto roba dei dischi che abbiamo fatto assieme. È divertente, ma un po' limitante. Però nei prossimi concerti saremo anche insieme ad altri musicisti di New York con cui suono dagli anni Ottanta, per cui faremo anche roba più nuova.

Ti rendi mai conto di stare passando o tornando di moda?
In realtà resto sempre sotto, non sfondo mai. Per esempio, all'inizio degli anni Novanta ho passato un periodo bruttissimo. C'era solo il grunge in giro, e io non mi ci ritrovavo, non riuscivo a credere che fosse di moda indossare camicie di plais. Era come se i peggiori aspetti della cultura hippy stessero tornando. Non era ancora ora di un revival dei primi anni Ottanta, ma Henry Rollins ci provò e riuscì a farmi riprendere a lavorare. Iniziò una label che si occupava di ristampe. Non fregava niente a nessuno, ma almeno mi fece rimettere al lavoro. Dal 2000 al 2008 ci fu invece un ritorno di interesse per la No Wave, poi l'economia è crollata e si è portata via un botto di musica marginale.

Ora sembra ci sia di nuovo interesse.
Credo ci sia, e c'è sicuramente gente che sa chi sono, però è una questione di… Ecco, c'è un sacco di roba in giro… Devi sapere come catturare l'attenzione della gente e io non mi trovo molto bene coi mezzi digitali. Mi sono dovuto procurare qualcuno che mi realizzasse una bella pagina web.

Al momento ti basta suonare a New York o vuoi di più?
In realtà suono soprattutto in Europa. Ho una band in Francia. Ho più o meno una band per ogni posto in cui vado a suonare. Non è più economicamente possibile portarsi dietro una band. Ho una band a Chicago chiamata The Watchers. Di recente ho fatto un concerto a Portland con una band con la quale farò probabilmente un tour della west coast. L'anno prossimo vado in Australia, e ho una band anche lì.

Pensi che vorrai fare un nuovo album?
Certo che farò un nuovo album! I miei ultimi due non sono usciti negli USA! Di solito lavoro così: se ho una buona idea, un riff o un verso o una melodia, la scrivo e la metto da parte. Se poi ho l'opportunità di fare un disco, raccolgo tutte quelle idee e le completo.

Ma devi averne l'opportunità.
Sì, è così che funziona il mio cervello. Stessa cosa per i musicisti. Non ho una band con cui lavoro in maniera costante. Non ne ho bisogno, per fortuna uso dei musicisti di un certo caibro. Sai, molte rock band devono fare molte prove per memorizzare tutti i pezzi nota per nota. Non sono bravi a improvvisare e non hanno la flessibilità musicale per fare altrimenti.

Questo ci riporta alla dimensione di lavoro dell'artista-intrattenitore di cui parlavamo prima: faccio concerti se mi ingaggiano. Show business.
Esatto. Altrimenti mi basta suonare standard al piano per conto mio.