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Musica

La gesamtkunstwerk secondo Gesaffelstein

Abbiamo intervistato la star nascente dell'elettronica e ci ha parlato di Kraftwerk, Chopin, Wagner e del futuro della musica.

“No.”

Sorseggio una Coca Cola e osservo l’Oceano Atlantico da un divano in pelle in una suite al 38esimo piano allo Standard Hotel, e ho appena chiesto a Mike Levy di parlarmi della sua idea di moda. La sua risposta è più confusa che polemica—non gli è chiara la rilevanza della domanda rispetto all’argomento in questione. Ha ragione. La domanda è irrilevante, perché ciò di cui vogliamo parlare non è Mike Levy e la sua devozione alle giacche su misura e alle camicie sciancrate. Piuttosto, vogliamo trattare la sua brutale, cinematica produzione techno nei panni di Gesaffelstein, che Levy si sforza di separare dalla propria vita personale. Non ha Instagram, viene intervistato raramente, non lo vedrete mai galleggiare sul pubblico dei festival dentro una pallone di plastica. Non si tratta del cliché del “produttore misterioso”; Levy preferisce che la sua musica parli da sé.

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“Non c’è niente in comune tra la mia vita e il progetto Gesaffelstein,” spiega con un gutturale mormorio francese.

Il nome Gesaffelstein è un misto di Albert Einstein e un contorto parolone tedesco: gesamtkunstwerk, che si traduce con qualcosa come “forma d’arte totale.” Wagner coniò il termine in un saggio del XIX secolo, illustrando come la congiunzione di voce, movimento e narrativa portata avanti dall’opera trasmetta un senso di universalità. Levy è una sorta di Wagner dei video musicali, le nostre moderne opere di gesamtkunstwerk. Al posto di duchi con flauti noi abbiamo il gangster antieroico di “Hate or Glory,” che ruba catene, le fonde, e le plasma in una divinità d’oro massiccio. Se tutta questa ambizione, perfezione e violenza sembra essere molto à la Kanye, be’, è effettivamente così. O perlomeno, deve essere sembrato così all’Uomo in persona, perché ha subito chiesto a Gesaffelstein di produrre “Send It Up” di Yeezus. La collaborazione è molto sensata—Levy è lo yin francese allo yang americano e irruente di Kanye, e la cosa sembra andare molto bene ad entrambi.

In questi giorni gli adepti della EDM mainstream sembrano essere bloccati in un insostenibile ciclo di vacuità. Nel frattempo, i festival e il profilo Soundcloud dell’ascoltatore medio sembrano essere sempre più saturati da galvanizzanti sonorità underground, idee la cui ora è finalmente giunta. Gesaffelstein invece è un’idea potente. È la progressione logica dall’elettronica di Ed Banger, la vigorosa e sapiente direzione che si è necessariamente dovuto intraprendere, dopo il 2008, i Justice e la “bloghouse.” Sei anni dopo dobbiamo aspettarci un nuovo sconvolgimento—e non sorprendetevi se Levy ne emergerà vincitore.

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Noisey: Cosa pensi della discrepanza tra il tuo sound e quello degli artisti headliner ai grandi festival EDM americani?

Gesaffelstein: Sai, in America, se sei un artista elettronico europeo, non suonerai mai in un festival rock. In Europa, puoi suonare in un festival rock se sei un artista elettronico perché la mentalità è molto aperta. Io, se voglio suonare a un festival americano, devo suonare a un festival di EDM. Che è un mondo molto lontano dalla mia musica. Quindi a volte senti che non capiscono la tua roba, perché in un certo senso è più aggressiva della musica di Tiësto. È molto aggressiva e molto dark. C’è una sorta di omogeneità nell’EDM: ogni volta è lo stesso drop, le stesse percussioni. E poi si ferma, e poi [fa un suono generico di electro house], sai. Quindi la gente balla in quel modo. Invece il modo in cui faccio musica io è molto diverso, non voglio fare esattamente ciò che vuole la gente. A volte non capiscono.

Il concetto di “produttore misterioso” è chiaramente diventato una questione importante della musica elettronica negli ultimi anni. So che hai detto in alcune interviste che come idea la trovi un po’ artificiosa. Come dovrebbero gestire la fama gli artisti elettronici, secondo te?

Se vuoi fare il misterioso, la gente si renderà conto che sei falso. So che negli USA e anche in Europa la gente pensa che sono un tipo misterioso e che sono oscuro e tutte quelle stronzate lì. Ma non è così, cerco solo di focalizzarmi sulla musica. Anche perché l’unica cosa che posso dare alla gente è la musica, no? Non ho Instagram. Non metto foto di quello che mangio su Twitter. Non fotografo stronzate. Invece oggi ogni DJ, ogni persona dell’ambiente musicale fa queste minchiate. È pazzesco. E se non lo fai, sei per forza misterioso. Ma io non sono così. Sono solo normale. Sono un musicista. L’unica cosa che voglio dare alla gente è la musica. E se vogliono di più, be’, vaffanculo. Perché sono qui per fare musica, non per intrattenere la gente o farmi fotografare con le star. Non sono tenuto a farlo e onestamente non mi importa.

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Quali sono gli altri trend della cultura dance moderna che trovi più frustranti?

Ho visto un mio live set completo su YouTube. Quindi il tizio ha comprato il biglietto per venire a sentirmi, e ha passato tutto il tempo al telefono. Non si è goduto lo show. Ed è una merda, perché se fai così non balli. E per me quella invece è la cosa veramente fica, una delle cose più fiche di questo mondo. Non capisco perché paghi per vedere un artista e ti comporti così. Goditi la musica cazzo.

Se potessi fare un live in qualsiasi posto, dove suoneresti?

Sulla Luna.

Quale lato?

Quello oscuro, ovviamente.

Chi ti ha ispirato musicalmente, all’inizio?

Kraftwerk, decisamente. Sai, ho scoperto la musica elettronica combinata alla techno con una traccia di Green Velvet. E poi ho scoperto i Kraftwerk, che hanno inventato la musica elettronica.

Dove hai sentito i Kraftwerk la prima volta?

Non ricordo. Forse su Internet o su un CD. So di essere stato loro fan dai 16, forse 17 anni. E ancora oggi mi ispirano un sacco. La visione che avevano per i loro progetti— i visual, i video, le cover, sai, tutto quanto. Provo a fare esattamente lo stesso, perché non posso semplicemente fare musica, comporre solo una traccia e metterla su Internet. Devo farci un video, devo fare i visual, devo creare qualcosa di speciale attorno alla musica. Perché ora quando la gente vuole comprare un album va su iTunes, ok. Il tuo album è un link. Chi lo compra non ha nulla in mano. Perciò, se vuoi dare qualcosa di nuovo alla gente, devi dare più di un semplice link. Perché oggi non funzionano più i CD. Se sei solo un link è come se tu non esistessi, devi creare più cose, un video, buoni visual, un buon live, per differenziarti dagli altri.

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Che genere di idee avevi in testa quando lavoravi al tuo ultimo album, Aleph?

Tutto ruota intorno al concetto di inizio. Aleph significa quello. L’inizio. Significa l’alfa. Sai, l’alfa e l’omega. E l’idea dell’album era proprio quella di creare qualcosa di nuovo dal nulla. Come il Big Bang. La cosa più importante per me era che volevo avere delle sonorità ben definite. Allo stesso tempo, è come quando conosci un ragazzo o una ragazza, sai—può essere bello. Può farti incazzare. Può essere triste. Lo stesso con la mia musica. Può essere musica felice, o triste, violenta, o malinconica.

Dunque, parlami del concetto di gesamtkunstwerk. Come s’inserisce nel tuo lavoro?

Significa la perfezione dell’arte con un video, la fotografia, la musica, tutte le arti in un elemento. Può sembrare presuntuoso da dire, ma sì, cerco di toccare con mano la magia. Ma ci provo soltanto, perché se raggiungessi davvero la magia, direi, ok, basta, ce l’ho fatta, ora mi fermo. E invece mi piace continuare a provarci.

Credi ci sia mai stato un autore o una forma d’arte in grado di farlo?

Chopin. Lui ci è riuscito. E poi…Sì, Chopin.

Solo lui?

Sì. Voglio dire, è molto, molto raro. Tutto quello che faceva era così elevato. Va oltre la musica. È un linguaggio. Tutti amiamo la sua musica. Non puoi dire che è una merda. È impossibile. Alcuni scienziati hanno condotto un esperimento con la sua musica, hanno messo un casco sulla testa di qualcuno per vedere le reazioni cerebrali. E anche se dici che odi la sua musica, la musica nel tuo cervello giova al tuo organismo. Anche se dici che ti fa schifo. È pazzesco.

Cosa ti aspetteresti di vedere se degli scienziati attaccassero qualcuno a un monitor e suonassero la tua musica?

Non lo so. Onestamente, non voglio saperlo, perché se l’effetto è negativo ci starei di merda, non vorrei mai che la mia musica suscitasse sensazioni negative nella gente. Preferisco vederla felice. È strano da dire, perché la mia è musica cupa. Però, se uso qualcosa di cupo per rendere felice la gente, vinco tutto.