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Musica

Sewn Leather, punk ma in salute

La prima intervista in assoluto del nomade punk americano che ama l'italia, e un ascolto al suo nuovo EP per Hundebiss

Griffin Pyn è un punk. Senza girarci troppo intorno, è quella l'essenza della musica che fa col nome di Sewn Leather, e della vita che porta avanti, barcamentandosi in giro per il mondo con un case di macchinette rumorose, uno skateboard e un mucchio di magliette di gruppi crust. La sua "casa" è negli stati uniti ma sembra oramai parecchio affezionato anche all'Italia e in particolare a Milano, città-base della label per cui esce, Hundebiss Records, il cui boss è quel Simone "Dracula Lewis" Trabucchi con cui Griffin ha condiviso un sacco di tour oltre che una forte amicizia.

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La sua musica è un vero misto di allucinazioni postumane ed energia noise molto stradaiola, con un certo sarcasmo giocoso e anche una mezza idea di hip-hop storto su cui qualcuno ha vomitato sopra. Ha uno stile molto personale, forte di una assoluta spontaneità, tangibile tanto nel modo che ha di produrre i suoi pezzi, quanto nella maniera in cui si esibisce live, fino al look, i testi e i particolarissimi tatuaggi che lo ricoprono dalla testa ai piedi. In questi giorni Griffin è in Europa per un tot di concerti, sempre insieme al Dracula nazionale, tra cui uno showcase della label a cui parteciperanno anche i Primitive Art, questo sabato 19 aprile al Cox18 di Milano.

Ho beccato Griffin un pomeriggio di Milano per fare due chiacchiere sulla sua vita e la sua musica, cosa che, ho scoperto con mio grande stupore, nessuno prima d'ora gli aveva chiesto di fare. Oltre a questo, Hundebiss ci ha prestato il nuovo EP di Sewn leather, Freak On Hashish / Longbarding Is A Crime, e noi ve lo facciamo ascoltare in anteprima.

Noisey: Dato che è la prima intervista che fai, vorrei sapere quando e come hai iniziato a interessarti alla musica

Griffin Pyn: Uhmmm… non saprei neanche da dove cominciare, a dire il vero. In realtà credo che musicalmente venga tutto dai miei genitori. Mio padre faceva il DJ nella scena dei club di New York quando ero piccolo.

Ma tu dove sei nato?

A New Orleans, Lousiana. E davvero, credo che la musica me l’abbia trasmessa soprattutto mio padre, anche se mia madre è molto appassionata pure lei. Ma parlando di come ho iniziato a suonare io… Be’ la prima cosa mia che ho prodotto, da ragazzino, era una cassetta fatta di collage di altri dischi. Sono andato in un negozio del’usato e ho comprato un po’ di roba a caso, e una volta a casa ho iniziato ad suonarli e smanettare col giradischi. All’epoca non vivevo più a New Orleans, stavo a Kansas City con mia madre, anche se gran parte delle estati le passavo spesso da mio padre che si era trasferito a Memphis. Ecco, credo fosse proprio l’estate dei miei dodici anni. Ho iniziato a registrare tutti questi loop di canzoni aggiungendoci altri suoni vari. Cavolo, vorrei avere ancora quella cassetta.

Che musica avevi usato?

Veramente di tutto: musica classica, dischi di comici, collezioni di effetti sonori… Ricordo che c’era anche un disco dei 10cc e roba di qualche vecchio gruppo rock’n’roll. I negozi dell’usato in America hanno praticamente tutti la stessa roba.

E come ti sei appassionato al punk?

Anche lì è stato merito di mio padre. Mi spediva in continuazione cassette quando ero avevo otto o nove anni, e in quel periodo uscì Dookie dei Green Day, con cui andai parecchio in fissa in quel periodo. Era il ’95 per cui avevo nove anni, sì… Mi ricordo anche che mi mandò Los Angeles degli X e una cassetta dei Sex Pistols. Non ne sono sicuro, ma mi sa che lui li aveva anche visti dal vivo a Memphis, durante il loro unico tour degli USA.

È molto bello ma anche molto strano che tuo padre ti abbia iniziato al punk, di solito ci si avvicina a certa musica per ribellarsi ai genitori, e invece…

Ah, ma mio padre è una persona molto particolare. Quando sono nato faceva la drag queen, ora è sposato con un uomo scozzese e vive a Londra. Ho ancora un bel rapporto con lui e dovrebbe venire a sentire me e Simone a Bruxelles a fine mese. Ci vediamo ogni tanto, anche se io non lo vado a trovare troppo spesso perché non mi piace molto Londra.

Ok, quindi quand’è che hai dato vita al progetto Sewn Leather?

A dicembre del 2006, mentre vivevo a Portland. Prima avevo un altro progetto chiamato Death Cleaner, con cui facevo delle cose più sul drone misto a suoni più industrial e oscuri e beat di drum machine. Roba molto atmosferica. Era quasi tutto fatto di campioni pre-registrati con un campionatore SP-303 che usavo da quando avevo 14 anni, e con un accordatore elettronico e un delay a pedale. Quella roba si è naturalmente evoluta in Sewn Leather man mano che mi sono appassionato a The Normal e ai Throbbing Gristle. Mi piaceva molto quel suono minimale, e il fatto che fosse musica molto meccanica ma anche imprecisa, selvaggia.

La prima volta che ti ho visto suonare live usavi delle cassette al posto del campionatore, ricordo di avere pensato che doveva essere un gran sbattimento far funzionare un live in quel modo.

Haha, sì. Be’, non è stata una scelta consapevole. Mi sono beccato anche delle gran rotture di palle, gente che mi ha criticato pensando che usassi le cassette perché me la menavo o faceva figo. In realtà ci ero semplicemente abituato: ti ho raccontato che la prima cosa musicale che abbia fatto in vita mia era una cassetta, mi veniva naturale usarle. Non mi ero per niente posto il problema di cosa ne potesse pensare la gente. In realtà non mi piace per niente ragionare troppo su quello che faccio, il che può essere pure un male, a volte. Molto semplicemente, registravo dei suoni su cassetta e poi le mixavo con un quattro piste. Comunque ora non le uso più quindi magari la gente la pianterà di scassare il cazzo.

È la stessa cosa anche con la musica che esce su cassetta, un sacco di rompicoglioni la menano col fatto che la gente le compra solo perché fa figo. Io penso siano un media molto pratico, specialmente come oggetto-prodotto per le uscite più DIY.

Molto pratico, è vero. Per quanto mi riguarda non sono mai andate in disuso, non è che ho smesso di usarle e poi ho ricominciato quando andava di moda.

Quand’è che hai iniziato a usare anche la voce?

In realtà avevo fatto già delle cose con la voce, un progetto che avevo al liceo, chiamato Teenage Mutant Ninja Teenagers, che però non era granché. In Death Cleaner ogni tanto la infilavo, comunque anche questa è una cosa che mi è venuta naturale, non mi andava di stare sul palco in piedi a spingere bottoni. Per me la voce faccia la differenza sul suono di un progetto, è quella che ti permette di dare la tua impronta a quello che fai. Voglio dire, potresti anche usare la stessa strumentazione di qualcun altro, ma la voce è sempre una cosa inconfondibile.

E quindi i tuoi testi? Di che parlano?

Uhh… farò molta fatica a non dare una risposta che suoni stereotipata. Fammi pensare… di cosa parlano…

Guarda, in realtà ci tenevo particolarmente a chiedertelo. La prima volta che tu e Max [Eisenberg, DJ Dog Dick] avete suonato in Italia gli ho fatto un casino di domande sui vostri testi. Per me era parecchio importante perché in quel periodo nella scena noise americana erano molto pochi i progetti con voce e testi, sembrava davvero che non importasse a nessuno. Che nessuno avesse qualcosa da dire.

Non so che tipo di contributo sto dando a una cosa del genere, di sicuro so che non canterò mai qualcosa in cui non credo. Ultimamente le mie canzoni stanno andando su temi molto apocalittici, credo di essere molto influenzato da gruppi come i Blot Thrower, Nausea. Mi interessa molto il tema della sopravvivenza. Quindi c’è quello e anche… be’, spesso mi capita di scontrarmi con qualcuno e mi vengono in mente cose da dirgli solo quando è troppo tardi, così finisco per metterle in un mio pezzo.

Immagino che anche vivere praticamente da traveller, costantemente on the road, ti dia parecchia ispirazione. Devi averne viste un sacco, avuto a che fare con un casino di gente particolare.

Assolutamente sì… Davvero di ogni. Non ho niente da aggiungere, hai praticamente detto le cose come stanno, hehe.

In generale, mi pare che anche vivere così sia qualcosa di assolutamente spontaneo per te.

Sì, certo. Come ti dicevo, sono nato in Louisiana, poi a tipo sei mesi mi sono trasferito a Omaha in Nebraska, poi a Kansas City nel Kansas e poi all’altra Kansas City, quella del Missouri. Nel frattempo mio padre viveva a Memphis e faceva la spola da New York, mentre mia madre approfittava di qualsiasi pretesto per riportarmi New Orleans perché tutta la sua famiglia era lì e voleva che io prendessi un po’ di quella cultura. Per me salutare i vecchi amici e farsene di nuovi era una cosa di tutti i giorni, o anche lasciarsi indietro le cose. Mi sono lasciato alle spalle un sacco di roba, e mi è sempre sembrato davvero naturale.

È qualcosa che fai con un’attitudine completamente positiva, no?

Credo sia cruciale, assolutamente. Voglio dire, io attraverso ovviamente dei periodi di scazzo, come tutti quanti, ma è importantissimo viversela con entusiasmo, altrimenti diventa un casino.

Te lo chiedo perché io ho avuto un sacco di amici che magari hanno vissuto da squatter o traveller, quasi sempre per una scelta consapevole. Io ho passato molto del tempo con loro ma non ho mai fatto quel tipo di vita se non per periodi brevissimi. Ad ogni modo, spesso l’atmosfera in quei contesti mi è sembrata pesante, tutt’altro che positiva. Probabilmente c’è anche una certa differenza tra il modo in cui si intende la vita di strada in Europa e in USA.

Credo che la cosa più importante sia non mettersi delle limitazioni forzate a meno che non si tratti di roba a cui tieni davvero. Molta gente vuole davvero avere un’attitudine negativa, mentre io voglio semplicemente ficcarmi dentro un botto di situazioni diverse, non ho legami politici precisi, ho scelto di stare fuori da quel tipo di cose. Qualche tempo fa ero a Napoli e un tipo, un punk, mi ha attaccato una pezza interminabile dicendomi “come puoi considerarti un punk se non sei anarchico?” ma negli states è diverso, c’è un sacco di gente che vive semplicemente fuori dal sistema senza farsi troppi domande.

Il che è un atteggiamento genuinamente anarchico, in molti sensi.

Potremmo anche dire così, sì. Però ecco, io non sono più attivo politicamente, mi sembra piuttosto futile, preferisco semplicemente vivere la mia vita in una maniera che mi permette di non stare alle regole.

È paradossale come ci sia gente che investe molte attenzioni ed energie nel criticare lo stato di cose, ma continua a supportarlo con le proprie azioni mente poi c’è qualcuno che senza neanche porsi il problema ne sta spontanteamente fuori.

Guarda, io sono comunque molto d’accordo con gli argomenti portati avanti dagli anarchici, ma tutte le volte che ho avuto a che fare con gruppi politicamente attivi mi è sembrato che fossero delle situazioni sociali come tutte le altre. Gente che magari discute approfonditamente delle loro filosofie, ma senza davvero l’intento di portarle a qualche risultato. E magari dentro questi gruppi si erano anche create delle gerarchie, gente che seguiva un capo. Quando ero adolescente ci credevo molto, stavo in testa a tutti i cortei con la bandiera rossonera, nel black bloc a spaccare tutto. Però sul serio, quella roba non ti porta da nessuna parte se non in galera, il che non aiuta per niente la causa dell’anarchismo. Non ho niente in contrario allo spaccare vetrine e tirare molotov, ma è troppo facile finire dentro, oramai. Comunque, di tutte le forme di attivismo, sono decisamente a favore delle occupazioni.

Hai saputo di quello che è successo sabato a Roma? Ci sono stati scontri, e la polizia ha caricato di brutto i manifestanti per il diritto alla casa

No, non ne sapevo niente. Però sono stato a una manifestazione qui a Milano, di recente. Avevo degli amici che vivevano in uno squat [l’ardita pizzeria del popolo] che è stato sgomberato, e ci sono state delle proteste. Comunque vista la storia di repressione che ha l’Italia, ci penserei due volte prima di ficcarmi in degli scontri da queste parti.

Parliamo un attimo di Hundebiss. Come hai conosciuto Simone?

Nel 2010 avevamo suonato entrambi a questo festival in Olanda, l’Incubate di Tilburg. Io e Dog Dick avevamo un altro show in un negozio di dischi il giorno dopo il festival. Simone è venuto e mi ha semplicemente detto che la mia musica gli piaceva e se avevo voglia di fare un disco per la sua etichetta. A quei tempi avevo fatto una sola uscita e non ne ero nemmeno troppo contento. Grazie a lui sono venuto a suonare in Italia almeno quattro volte. Io e lui abbiamo un bellissimo rapporto, mi piacerebbe che vivessimo più vicini, così potremmo passare più tempo insieme, vorrei anche che lui non avesse sempre così tanto da fare, cazzo. Ma è giusto così, fa bene a impegnarsi così tanto.

E degli altri artisti della label che mi dici? ÈLG, Jaws…?

ÈLG l’ho incontrato una volta suola, quando abbiamo suonato insieme qui a Milano. Invece con Jaws è strano, abbiamo un sacco di amici in comune e abbiamo tutti e due vissuto in California per parecchio tempo ma non ci vediamo mai. Ci siamo conosciuti in Europa andando in tour insieme. È assurdo haha, è anche un po’ un peccato.

Credo che anche la musica di Simone sia cambiata molto da quando vi conoscete. Lui ha un suo sound personale ma è indubbio che tu l’abbia influenzato di brutto.

Credo di sì, comunque mi piacevano anche le sue prime cose, la primissima cassetta di Dracula Lewis uscita per Hundebiss. Era molto bella e sinceramente credo che sarebbe una bomba se riuscisse a mescolare quello che faceva ai tempi con il suo suono di ora, mescolare i droni e il tape noise con l’elettronica. Spaccherebbe. In realtà credo siamo cresciuti molto insieme, musicalmente. È normale, penso.

Sono d’accordo. Ultima domanda, un po’ scema: c’è un tuo tatuaggio con cui sto in fissa da quando l’ho visto, eccolo qua, “HEALTH PUNX”, che vuol dire?

Haha be’, non so come spiegartelo. È tipo una crew formata solo da me: L’idea sarebbe quella di essere in salute pur mantenendo la tua essenza punk, haha. Come dire… essere punk, divertirsi, fare casino e sfasciarsi, ma stare anche attenti alla salute. È figo essere in salute. Tipo, magari una sera ti strafai e il giorno dopo bevi solo té e mangi insalate e fai sport. Bere molta acqua, quello è importante. Haha

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