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Musica

Abbiamo chiesto ad Atom™ se pensa che il mondo sia in crisi creativa

Gli abbiamo anche chiesto cosa ne pensa dei club e della techno ora che ha raggiunto quasi 25 anni di carriera elettronica

Solo Uwe Schimdt AKA Atom™ (spesso noto anche col nome di Atom Heart) può permettersi davvero di jammare su macchine analogiche in giacca e cravatta di fronte a un muro di LED psichedelici. Date un'occhiata al suo pazzesco live AV, o leggetevi una delle innumerevoli interviste che ha rilasciato durante gli anni e capirete di trovarvi a che fare con una persona piuttosto schizzata con una visione piuttosto aliena del mondo, che getta una stranissima luce sulla sua figura di producer, performer, sicenziato pazzo e commentatore politico, tutte mescolate insieme in un benvestito torrente techno.

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Nato in Germania ma ora domiciliato in Cile (ma si è spostato per quasi tutto il Sud America negli ultimi anni), Schmidt ha avuto una carriera molto lunga, iniziata nei primi anni Ottanta e costellata di pietre miliari, oltre che di un numero incredibile di diversi alias, come il famoso Señor Coconut o il minaccioso Lassigue Bendthaus.

Non molto tempo fa, i nostri amici dell'ufficio colombiano di THUMP hanno fatto una chiacchierata con Schmidt in merito alle sue idee sulla scena elettronica, sulla sua idea di techno (espressa ultimamente in un pestato 12" per The Bunker New York), e se la musica elettronica stia in generale portando avanti di qualche passo i limiti della creatività, come ha fatto per diversi decenni.

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Noisey: Pensi ci sia ancora spazio per la creatività nella musica elettronica?
Atom™: So che la scena elettronica di oggi vive questa specie di momento di depressione, in cui sembra che sia stato tutto fatto, dato che la consapevolezza su quanto generato in passato è diventata vastissima. Io, però, di solito sono una persona molto positiva! Vedo sempre la nascita di nuove cose e vedo ancora del progresso, che mi ispira e mi motiva. Che ne pensi della scena club di oggi?
Per la prima volta da molto tempo a questa parte ci sono praticamente ovunque dei sound system di buona qualità per la musica elettronica. Il che è una novità, perché i PA degli anni Novanta erano orrendi, buoni al limite per suonare rock o disco. È cambiato molto negli ultimi anni, e sono stati fatti dei veri passi avanti, si può ascoltare la musica nel modo in cui era stata concepit. Anche questo è un buon motivatore.

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Penso però che ci siano troppi eventi commerciali, noiosi e organizzati quasi meccanicamente, mentre penso che la musica elettronica sia e debba rimanere un fatto sofisticato.

Molti ti considerano una colonna portante dell'universo glitch e minimal. La techno degli ultimi anni ha preso una piega piuttosto astratta, pensi che sia una evoluzione positiva?
Ho smesso di essere interessato alla techno verso la metà degli anni Novanta, dedicandomi ad altri progetti, tra cui Señor Coconut. Solo pochi anni fa mi sono reimmerso nella scena, e per la prima volta da vent'anni ho sentito che stavano succedendo cose interessanti nella techno. Sono stati fatti dei piccoli ma consistenti progressi, e io ho ricominciato a produrre molta techno, a suonare molto nei club, e mi sono reso conto che la techno ha sempre portato avanti una sola unica idea. Se compliliamo insieme tutte le tracce tecno mai prodotte, ne viene fuori quasi una sola unica traccia, un'idea sola, il che di questi tempi mi affascina enotmemente

Pensi stiano succedendo cose interessanti nel mondo house e techno? Qualcosa di paragonabile alla rivoluzione acid house?
È difficile da esprimere a parole, ma che la si chiami acid o house, la faccenda era comunque più complessa, e da quella matrice sono nate varie forme, più sintetiche. Il barocchismo opulento degli anni Novanta, poi il cosiddetto minimalismo anni Duemila, anche se non ci ho mai trovato nulla di minimalista e non mi è mai piaciuto.

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Per questa ragione credo la techno debba riconquistare quella forza—la sporcizia e l'oscurità—in una maniera non limitata dai parametri anni Novanta. Oggi mi attirano i cambiamenti repentini, vado ai festival e ascolto molti altri artisti e roba che mi piace, molto più di quindici anni fa.

Come spiegheresti il modo in cui sei arrivato ad avere più di venti diversi alias?
È molto semplice. Per me un alias nasce come modo di strutturare delle idee che ho. Sono dei parametri per indirizzare alcune sensazioni più semplici. Se un certo alias ha prodotto abbastanza musica da racchiudere in un'uscita, a quel punto gli do un nome. Sono tutti molto artistici ma in qualche modo anche molto liberi. Quindici anni fa, però, mi sono stufato e ho smesso di applicare questo metodo, decidendo di tenere solo uno o due nomi, di base solo Atom™.

Pensi che avere un alias sia un bene per un artista?
È difficile da dire. Ho visto un'intervista su RBMA con Haruomi Hosono degli Yellow Magic Orchestra, che in quarant'anni di carriera ha attraversato molto cambi di stile—molti gruppi e progetti—ma soprattutto un'estetica piuttosto varia, e gli hanno fatto la stessa domanda. Ha riposto che gli è sempre sembrato soprattutto importante godersi quello che si sta facendo.

Restare bloccati su una sola idea, un solo stile i musica o promuovere un solo nome può essere alquanto claustrofobico, d'altro canto reinventarti può essere difficile. Ovviamente non è facile maneggiare molti alias e diversi stili si musica, e forse non è l'opzione più pratica, ma come Haruomi ha un po' egocentricamente detto nell'intervista, sei tu che vivi la tua musica in prima persona, e per me quella è la condizione fondamentale.

Sono anni che ti sei accasato su Raster-Noton, tranne il tuo ultimo disco che è uscito sulla newyorkese The Bunker. Come mai?
Vent'anni fa c'erano molte più label, e in molti casi potevi fare uscire un disco quasi senza avere contatti con chi le gestiva. Erano relazioni molto fredde: un tipo che non conosci ascolta la tua musica, ti manda un fax o una mail, firmi un contratto e poi fai un disco. Può funzionare o meno, ed è per questo che negli anni Duemila ho iniziato a volermi riappropriare del mio catalogo. Oggi non acetto quasi mai offerte di lavorare con altre label, se non li conosco di persona.

Pensi che in generale le arti stiano vivendo un perioso di crisi?
Sì, credo che l'intero pianeta sia in crisi. Mi piacerebbe vedere che ciò che consideriamo arte o musica, o che consideriamo storia, diventasse una serie di elementi passati irripetibili perché abbiamo messo piede in un livello superiore di consapevolezza, per il quale il concetto di storia non ha più senso.

Da dove viene la creatività che ci serve a fare arte? Se non possiamo essere creativi con gli strumenti a nostra disposizione, credo che il problema sia allora sistemico. Lo sfruttamento dell'arte a fini economici può anche essere una delle cause di questa saturazione.