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calcio

Anche io, 'gufo' juventino, sono contento per la vittoria della Roma

Ieri la Roma ha battuto il Barcellona 3 a 0, qualificandosi per le semifinali di Champions League.
Niccolò Carradori
Florence, IT
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Ieri sera la Roma si è qualificata per le semifinali di Champions League. Non accedeva dal 1984. E l'ha fatto recuperando tre gol di scarto, contro una squadra il cui fatturato prevede spese di gestione del magazzino che rasentano il monte ingaggi della società di Pallotta. Ma l'alone di impresa alla Davide contro Golia è soltanto uno dei motivi per cui tutti oggi ne stanno parlando.

E non è neanche il delirio dei tifosi sugli autobus e i camion dell'AMA, il tuffo di Pallotta nella fontana di Piazza del Popolo, o i video virali di Verdone che rischia l'infarto. Uno dei punti fondamentali della questione, è che per la prima volta—dopo non so nemmeno quanto tempo—non sono stati soltanto i tifosi della Roma a festeggiare la vittoria. O almeno a non esserne dispiaciuti.

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È inutile girarci intorno: se segui il calcio con una sufficiente affezione, i successi delle altre squadre ti stanno sul cazzo. Io sono juventino, e per le eliminazioni in Champions di Inter, Milan e Napoli esulto quanto per i successi della mia squadra. La leggenda del "tifare le italiane in Europa" è solitamente solo fuffa. E non sono soltanto le tifoserie a seguire questa prassi di anti-ipocrisia. L'anno scorso, in occasione della finale persa dalla Juve contro il Real Madrid, l'Inter si congratulò con la squadra spagnola per la vittoria. Un modo per rimarcare le rivalità, insomma. Non ci si congratula con gli avversari storici quando hanno successi, ma si spera che perdano.

Ieri sera invece tutti hanno acclamato la vittoria della Roma. Tutte le società si sono unite nel congratularsi: Inter, Juve, Milan. Così come gli altri tifosi.

E anche io, appunto, ho esultato al gol di Manolas che ha dato la qualificazione. Un po', sono sincero, perché il Barcellona mi è sempre stato antipatico. Ma anche per altre ragioni che sono sicuro riguarderanno molti non romanisti.

Innanzitutto, l'Italia non si è qualificata per il mondiale: un'umiliazione che non capitava da decenni, e che ha lasciato un'ombra pessima sul nostro calcio già piuttosto sminuito negli ultimi anni. Riuscire a battere gli spagnoli—che al contrario di noi hanno vinto tutto il possibile sia a livello di nazionale che di club—è di per se già una soddisfazione. Soprattutto se a eliminare una squadra come il Barcellona è stata la Roma, che non è proprio la squadra più blasonata del campionato.

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Ed è una cosa piuttosto piacevole. Proprio perché non era mai successo per un club, e perché l'estate prossima non possiamo farlo con la Nazionale.

Poi c'è l'identità stessa della Roma. Quasi sempre abbonata al secondo posto, sono poche le gioie ottenute nel corso della storia. Ma è una squadra caratteristica, con una tifoseria particolare, e una tradizione di identità che mutua ancora dal calcio non moderno. A differenza delle strisciate del nord, la Roma conserva una certa vena di romanticismo. Come l'epopea e l'addio di Totti al calcio hanno testimoniato bene.

Ovviamente poi, senza ipocrisie, conta anche il fatto che le chance reali di vincere la coppa della Roma siano piuttosto esigue. Non è mai stata una squadra che ha aperto cicli vittoriosi, attirando le antipatie altrui.

La Roma, insomma, è quasi come il compagno di classe un po' sfigato che riesce finalmente a scopare a una festa. Tutti lo festeggiano, tutti sono felici. Ma solo perché sanno che non può veramente competere.

Quindi oggi festeggiamo e rendiamo onore alla Roma. Però dalle semifinali si ricomincia a gufare, dai.